Merendine si, merendine no? E la tanto decantata dieta mediterranea che ruolo riveste nell’epoca del fast food controllato essenzialmente dalle grandi multinazionali d’oltreoceano? Una scelta di campo che implica fattori culturali ma anche e soprattutto fattori legati alla nostra salute. Nel Manifesto Food for Health, la Commissione per il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura delinea un quadro molto preciso proprio a partire dal ruolo della dieta mediterranea che rappresenta l’esatta antitesi alla filosofia del cibo spazzatura.

La dieta mediterranea viene sempre infatti sempre più considerata per la diversità agroalimentare che la caratterizza, per le sue qualità nutrizionali e per il suo essere radicata nella varietà delle culture alimentari locali. È inoltre uno stile di vita basato sulla comunità, la condivisione e l’inclusione sociale. Questo modello nutrizionale è però sempre più minacciato dalla globalizzazione e dalla produzione alimentare industriale, da stili di vita standardizzati, dal diffondersi dei fast food e del cibo spazzatura, oltre che dalla perdita del patrimonio alimentare autoctono e della sovranità alimentare. La cultura alimentare mediterranea consiste nel proteggere uno stile di vita in cui il cibo è in armonia con la natura e offre un’opportunità essenziale per la salute e il benessere delle comunità.

Il contro altare della dieta mediterranea è il junk food, il cibo spazzatura sempre più associato a malattie croniche, come i disturbi cardiovascolari, spesso descritte come malattie legate allo stile di vita. In tale contesto, le scelte alimentari si considerano spesso come scelte personali. Le scelte che facciamo sono invece determinate da molti fattori e possono essere coscienti, condizionate o limitate. Anche le decisioni consapevoli possono basarsi su informazioni corrette o errate e sulla comprensione del rapporto tra dieta, nutrizione e salute. Le scelte sono inoltre condizionate da un marketing aggressivo, dalla pubblicità, dagli interessi commerciali e dalle influenze culturali e possono essere influenzate dalla disponibilità e dell’accessibilità economica a prodotti alimentari sani. Anche se si possiede un’elevata alfabetizzazione nutrizionale, la mancanza di disponibilità o il prezzo elevato di cibi sani possono impedire l’adozione di abitudini alimentari corrette. Questo è particolarmente evidente quando le alternative malsane vengono prodotte in serie, commercializzate in modo aggressivo e a basso prezzo.

Anche la questione dell’accesso al cibo è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale o piuttosto per la formazione di ambienti obesogenici. Il fenomeno dei “deserti alimentari”, vale a dire l’accesso limitato a cibi sani in alcuni centri urbani, si verifica per lo più in quartieri a basso reddito o laddove risiedono gruppi appartenenti a minoranze etniche. In generale, si osserva che le minoranze etniche mostrano uno stato di salute peggiore rispetto alle etnie maggioritarie, anche a causa della cattiva alimentazione che contribuisce così ad ampliare le disuguaglianze sociali . Al difficile accesso a cibi freschi e sani si affianca la relativa facilità di accesso ai fast food, che hanno di per sé un impatto negativo sulla salute della popolazione. È il caso dei fast food, posizionati deliberatamente nei pressi delle scuole, che hanno provocato un aumento dell’incidenza di obesità negli alunni.

L’assoluta mancanza di alternative reali viene però presentata ai consumatori come “libera scelta”. Il diritto della popolazione a un’alimentazione adeguata è un diritto umano universale e dovrebbe essere rispettato, protetto e soddisfatto dai governi. È pertanto essenziale che i governi e tutte le altre parti interessate della società si impegnino e si adoperino seriamente per permettere alle persone di compiere e mantenere scelte alimentari sane per tutto l’arco della vita. Ciò di cui abbiamo bisogno è l’emergere di una volontà politica di sostegno da parte dei leader e di politiche governative dedicate, sostenute da finanziamenti sicuri e da solidi meccanismi di responsabilità che regolino tutti gli attori, dagli organismi governativi all’industria alimentare. Affrontare le malattie non trasmissibili a livello nazionale implica affrontare il problema delle diete malsane. Un impegno coordinato a livello nazionale da parte dei settori dell’agricoltura, della sanità e dell’istruzione sarebbe in grado di assicurare una dieta sana alle persone, rendendo i consumatori partecipi di un processo di adattamento.

In primo luogo, i consumatori dovrebbero essere guidati verso le scelte giuste. Pertanto, l’educazione alimentare è il primo passo essenziale, ed è fondamentale partire dai bambini. In secondo luogo, i mercati alimentari dovrebbero essere organizzati in modo che le persone possano ottenere alimenti sani, come frutta e verdura, e consumare meno carne rossa (è ormai scientificamente provato che la carne trasformata è una delle principali cause di Mnt). Ciò dipende dalla disponibilità e dall’accessibilità ad alimenti sani (a prezzi accessibili e geograficamente raggiungibili), e quindi dalla minore propensione a fare affidamento su alternative meno costose e ampiamente disponibili. Questo approccio richiede politiche governative aggressive per regolamentare adeguatamente le catene di supermercati e per stabilire politiche commerciali contrarie all’attuale ordine economico globale. Sarà necessario limitare l’importazione di alimenti malsani e incoraggiare gli investimenti esteri diretti che incentivino le aziende che producono e commercializzano junk food a spostare l’attenzione verso alimenti più sani. Non sarà facile, in quanto molte delle grandi aziende alimentari sono dominate da imprese transnazionali oligopolistiche che si preoccupano solo dei profitti a breve termine. In terzo luogo, i governi dovrebbero coordinarsi con i vari settori per promuovere una dieta nazionale che incorpori buoni standard nutrizionali, collabori strettamente con i produttori locali e incentivi metodi di produzione sostenibili dal punto di vista ambientale. La trasformazione dei sistemi di produzione agricola richiede un cambiamento strutturale piuttosto che politiche a breve termine. Tale orientamento politico contribuirebbe a aumentare la disponibilità di cibo salutare, a garantire redditi sostenibili e migliori condizioni di vita ai produttori locali e a contribuire alla tutela delle risorse ambientali e della biodiversità.

Al “cibo spazzatura” e in genere alla trasformazione industriale dei prodotti alimentari sono imputabili una lunga serie di malattie e disturbi. Ecco alcuni esempi di trasformazione industriale degli alimenti.

Sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (Hfcs)

Lo zucchero industriale contribuisce all’insorgere di patologie metaboliche come l’obesità e il diabete. Lo sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio (Hfcs – High Fructose Corn Syrup), che viene utilizzato sempre più spesso come dolcificante per bevande e dolciumi industriali, è causa di infermità. La Coca Cola e la Pepsi Cola ne sono i principali utilizzatori. L’Hfcs provoca un aumento vertiginoso della produzione di insulina, sopprimendo al contempo la risposta alla leptina, che agisce sull’ipotalamo per regolare l’appetito e la funzione neuroendocrina. A causa di questo sconvolgimento dei meccanismi di regolazione, l’organismo inizia a immagazzinare grasso che spesso conduce a condizioni di sovrappeso e obesità. In una meta-analisi che ha coinvolto 294.617 partecipanti è stato riscontrato che il gruppo con il più alto grado di consumo di bevande zuccherate aveva un rischio del 24% maggiore di malattia cardiometabolica rispetto al gruppo con il più basso consumo. Un ulteriore studio ha analizzato gli effetti del fruttosio sulla salute dopo 6 mesi di consumo di 1 litro di cola al giorno e ha rilevato aumenti di trigliceridi, colesterolo totale, pressione sanguigna e grasso a livello viscerale, epatico e muscolare.

Coloranti artificiali

Le aziende produttrici di bevande analcoliche sono fra i maggiori utilizzatori di coloranti artificiali. L’esempio paradigmatico è quello della colorazione scura della Cola che si ottiene riscaldando ad alta temperatura am-moniaca e solfiti che producono, a loro volta, il v4 metilmidazolo (4 MeI). Nel 2007, uno studio del governo statunitense aveva concluso che il 4 MeI può causare il cancro nei topi mentre l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ne ha stabilito la probabile cancerogenicità.

Grassi insaturi

Solo all’inizio del XX secolo i grassi insaturi da produzione industriale hanno fatto il loro ingresso nel settore alimentare (alimenti confezionati, fritti, olio da cucina, ecc.). Da allora, con il tempo sono emersi vari studi scientifici che mostrano una correlazione positiva tra l’aumento del consumo di grassi insaturi e l’aumento di malattie coronariche, l’aumento dei livelli di colesterolo Ldl (cattivo) e la diminuzione dei livelli di colesterolo Hdl (buono). A livello globale, più di 500.000 morti nel 2010 sono state attribuite a un aumento nel consumo di acidi grassi insaturi. I grassi insaturi di produzione industriale (oli vegetali parzialmente idrogenati o Ufv) si sono rivelati talmente pericolosi per la salute, che la loro eliminazione dall’approvvigionamento alimentare globale rappresenta uno degli obiettivi prioritari del piano strategico dell’Oms, e ne ispirerà il lavoro per il periodo 2019 – 2023179.

Grano e farine

I metodi utilizzati nella lavorazione industriale del grano per produzione di pasta e pane e altri prodotti derivati hanno conseguenze diverse per il nostro corpo rispetto ai metodi della lavorazione artigianale. Ad esempio, le radiazioni ionizzanti possono distruggere o ridurre le vitamine più importanti, ossia A, B1, C, E e K, riducendo così la qualità degli alimenti, 181. Inoltre, l’irradiazione degli alimenti può aumentare i livelli di glutine nei prodotti e influire sulla permeabilità intestinale. Ad esempio, la celiachia è una malattia autoimmune caratterizzata da forti reazioni al glutine nei cereali, causate in parte dal danneggiamento del rivestimento intestinale e da livelli elevati di glutine nei prodotti agroalimentari. Altri metodi di lavorazione, conservazione e preparazione degli alimenti, come il riscaldamento, la cottura a microonde o le radiazioni ionizzanti, possono indurre la migrazione di particelle di polimeri. La cottura per estrusione, la pressurizzazione per esplosione, la sanificazione sono tutti processi a cui sono sottoposti gli alimenti a temperature e pressioni estremamente elevate, che portano a cambiamenti strutturali, che a loro volta hanno conseguenze sulla salute.

Il Manifesto Food for Health è scaricabile gratuitamente sul sito di Navdanya International https://navdanyainternational.org/it/publications/manifesto-food-for-health/

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