L’assalto sembra non finire mai. Una sfliza di notizie una dopo l’altra ripete le stesse storie con una terminologia ogni volta leggermente diversa, il tutto per mantenere l’interesse degli spettatori di ora in ora, di giorno in giorno, di settimana in settimana. È fantastico per le classifiche degli ascolti televisivi, ed è così che viene realizzato il profitto! Ma a quale costo?

I dibattiti e le posizioni politiche contro “l’altro” continuano da un partito politico all’altro. Sì certo, vengono offerte soluzioni. Ma prima, deve esserci un senso di comprensione che ci fa chiedere: chi è “l’altro”? La storia ce lo dirà candidamente, ma chi si prenderà il tempo per vagliare il passato ed essere abbastanza disponibile con una mente aperta che sa ascoltare?

Quarantadue anni fa in questo mese, mia nonna Maria ha lasciato questa terra. Ricordo ancora il suo ultimo giorno. Aveva soggiornato in una casa di cura per alcuni mesi, mentre le sue condizioni peggioravano. Entrambi i miei genitori lavoravano. Sua figlia, mia madre lavorava nei servizi sociali per la piccola città del New England dove sono cresciuta. Anch’io e mia sorella lavoravamo. Quando ci sono altri impegni, la famiglia in questa età moderna sembra passare in secondo piano, il che potrebbe essere legittimamente messo in discussione.

Per Maria non era stato semplice come nei racconti americani passare dalla concorde comunità del paesino in Piemonte dal quale era venuta via, alla piccola città del New England che ora doveva chiamare casa. Ricordo “Noni” che chiamavamo da sempre così, asciugarsi spesso una lacrima dagli occhi con malinconica nostalgia o leggere dal suo breviario di pelle nera nei pomeriggi di silenziosa preghiera meditativa, in connessione con qualche altro luogo. Le sue mani da sole ricamavano istintivamente o lavoravano all’uncinetto non accompagnate dagli occhi mentre si muoveva a ritmo nella sua sedia a dondolo nera troppo grande. Non era una professoressa, una scienziata o una direttrice d’impresa, eppure usava una calligrafia molto bella e curata nelle lettere che inviava in Piemonte, coltivava pomodori e fiori di zucca trasformandoli in piatti gustosi e soddisfacenti, e con determinazione e dipendenza cerimoniali ha mantenuto una famiglia numerosa ben nutrita, pulita e contenta. Il suo segreto? La presenza.

La società occidentale sollecita l’indipendenza. Quando un giovane raggiunge i diciotto anni, la cultura popolare ci dice che dovrebbero essere fuori casa, da soli, e vivere la vita. Ho sentito così tanti genitori e i loro adolescenti desiderosi del giorno in cui saranno “liberi gli uni dagli altri”; i giovani per poter fare ciò che vogliono e i genitori per poter tornare ai desideri reciproci e ad avere meno responsabilità. Non ha mai avuto alcun senso, proprio come il famoso club delle scuole superiori che annunciava dal lunedì al giovedì, “TGIF – Grazie a Dio è Venerdì – Vieni a festeggiare dopo la scuola”! Concentrandosi solo sulla festa del fine settimana. Ma perché? E allora i giorni dal lunedì al giovedì non contano niente?

È certo che l’indipendenza ha il suo posto nella società. Nella comunità, nelle famiglie, la giusta combinazione di libertà e responsabilità aiuta a formare giovani menti e cuori ad assumere decisioni che si prendono cura sia dell’indipendenza che del bene comune degli altri. Questo è l’equilibrio che la comunità e la famiglia dovrebbero essere in grado di fornire.

Studi recenti confermano che la solitudine è diventata un’epidemia che colpisce la salute e la longevità delle persone, specialmente nelle grandi città. Secondo uno studio della Croce Rossa britannica, oltre nove milioni di adulti nel Regno Unito si sentono soli1 e, in un altro studio, metà degli americani, soprattutto i giovani, soffrono di solitudine2.

Ricordando la mia infanzia negli anni ’60, ho imparato che far crescere la verdura fresca del giardino richiedeva diligenza e accordo con la Natura, per nutrire quei fiori di zucchina che sarebbero diventati frittelle saporite così come la Natura e Noni avevano voluto. Così, la aiutavamo a togliere le erbacce nell’orto, ci chinavamo ed entravamo con il cestino in mano per raccogliere le uova nel pollaio o mescolavamo la salsa di pomodoro mentre Noni aggiungeva basilico o origano. Ognuno faceva qualcosa per il bene comune: cooperazione, cura, collaborazione e comunità. E per questo beneficio inclusivo, l’ego è stato tranquillamente e giustamente messo da parte.

La vita in una famiglia qualsiasi, sia nucleare che allargata, offre a tutti i membri l’opportunità di comprendere la vita da una varietà di punti di vista, punti di forza e punti deboli. Tutti i membri hanno valore, dai più giovani e indifesi ai più anziani e malati. Ogni membro della comunità porta un capitolo alla vita epica collettiva, completa dei suoi trionfi e prove.

Questa idea si manifesta in modo esemplificativo in una cittadina chiamata Key West, sulle stupende isole Keys, nello stato della Florida.  La filosofia ufficiale dell’isola, “Una Famiglia Umana” è lo slogan dall’artista locale J.T.Thompson che ha realizzato adesivi per automobili vendendone oltre 3 milioni in tutto il mondo. In questa comunità ogni individuo è visto come appartenente in egual modo ad un’unica famiglia umana. “Le comunità che stanno lavorando per l’unità – come Flint, Dallas, Baton Rouge, Orlando, Baltimore, Charleston, Paris e London – stanno adoperando “Una Famiglia Umana” come un punto di riferimento per vivere insieme,”dice l’artista Thompson”.3

Ancora oggi, le persone attraversano i confini per una serie di difficoltà crescenti, soprattutto per la sopravvivenza o per una vita migliore, com’è stato nel corso della storia. Quando Noni lasciò questa vita terrena, il 7 luglio 1977, conosceva alcune parole americane, ma soprattutto, ero io a imparare a capire il suo dialetto piemontese. E nel suo ultimo giorno, nella stanza della casa di cura, mentre stavo ai piedi del suo letto, il suo respiro si indebolì. Con un sussulto, si mise a sedere sul letto e fissò attraverso me un’immagine che solo lei poteva vedere. Chiamò per nome tutte le sue sorelle defunte come se le avesse incontrate in un altro tempo, spazio e dimensione.

Ogni vita intrapresa in collaborazione può ispirare possibilità illimitate che il genere umano, la famiglia umana, non può immaginare. Non ci si aspetta di poter vedere oltre il presente, ma quando viviamo in cooperazione, nel presente e a posteriori le nostre storie diventano più chiare e i nostri percorsi significativi. Vivi. Lascia vivere. Non dimenticare. Ama.

J. Jill

——-

i Loneliness: An Epidemic?
http://sitn.hms.harvard.edu/flash/2018/loneliness-an-epidemic/

2 Half Of Americans Feel Lonely, Study Finds
Aric Jenkins – https://fortune.com/2018/05/01/americans-lonely-cigna-study/

3 Key West’s ‘One Human Family’ Lives Its Official Philosophy
http://media.fla-keys.com/press-kit/key-wests-one-human-family-lives-its-official-philosophy.htm