Il crudele  teatrino sulla pelle dei migranti ancora bloccati sulla Sea Watch si è arricchito oggi di particolari che hanno del surreale: il Ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ha ammesso candidamente che  la Libia non è un porto sicuro: “La definizione di porto sicuro – ha detto il ministro – viene dalle convenzioni internazionali e queste condizioni per la Libia non ci sono”. Scoperta dell’acqua calda (sono mesi, se non anni, che autorevoli organismi internazionali lo dicono, per non parlare di famigerate Ong come Medici senza Frontiere), ma come si concilia questa ovvietà con le accuse di Salvini alla Sea Watch proprio perché non ha voluto riportare i migranti salvati nell’inferno libico?

Altra ovvietà su cui si tace: come testimoniato dal sindaco di Lampedusa Martello in realtà gli sbarchi sull’isola non si sono mai fermati. Ieri mattina sono arrivati su barchini di fortuna otto migranti e oggi sedici, tutti scortati a terra dalla Guardia di Finanza. Solo quando c’è di mezzo una nave delle Ong si scatena il finimondo e lo scontro diventa furioso.

E non è finita: dopo due settimane di braccio di ferro, ora pare che vari paesi europei – Francia, Germania, Lussemburgo, Portogallo e Finlandia  – siano disponibili ad accogliere i migranti, a patto che vengano sbarcati… cosa che Salvini si rifiuta di autorizzare, se prima l’equipaggio della Sea Watch, a cominciare dall’odiata “sbruffoncella”, non viene arrestato. Sorge spontanea la domanda: non si poteva arrivare prima a questa offerta, evitando a persone già provate un’attesa inutile e crudele? E comunque un ministro della Repubblica che usa un linguaggio da bar e non nasconde i propositi di vendetta contro una giovane donna molto più istruita ed esperta del mondo di lui, che non si fa intimidire dalle sue sparate da bullo,  costituisce davvero uno spettacolo miserevole.

Esemplare la risposta di Carola Rackete, in diretta Skype con la sala stampa estera: “Non ho letto i suoi commenti. Non ho tempo. Ho 40 persone, più 20 di equipaggio, quindi 60 persone di cui occuparmi. Mi tengono occupata giorno e notte. Salvini si metta in fila”.

Com’era prevedibile, la capitana della Sea Watch è stata iscritta nel registro degli indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazione dell’articolo 1099 del codice della navigazione, contestato al comandante che non obbedisce all’ordine di una nave da guerra nazionale. Il riferimento è al mancato rispetto dell’alt imposto dalla Guardia di Finanza, quando mercoledì scorso la Sea Watch è entrata nelle acque territoriali italiane. Carola Rackete ha reagito con calma: “Affronterò tutto con il supporto dei legali e di Sea Watch. Ora voglio solo le persone a terra.”

E intanto la raccolta fondi per sostenere le spese legali della Sea Watch e le multe previste dal Decreto Sicurezza bis è arrivata a 300.000 euro in due giorni! Una mobilitazione straordinaria, che risponde con chiarezza alla domanda: ma chi vi finanzia? Risposta: migliaia di semplici cittadini, che si schierano dalla parte della solidarietà e della coerenza e si ribellano alle politiche disumane di questo governo