Tunisia, un unico Paese impegnato su tre fronti diversi: il sud-est, al confine con la Libia, si prepara ad accogliere i potenziali rifugiati libici, il centro-ovest, al confine con l’Algeria, contrasta costantemente le sortite di bande terroristiche di tendenza islamista e il centro nord si prepara a ospitare l’ondata di turisti che si preannuncia sostanziosa per la prossima e vicina estate.

Il primo fronte, nel Sud-Est del Paese, è nel governatorato di Tatatouine, precisamente fra i comuni di Remada, il centro abitato più meridionale della Tunisia, e Dehiba, a poco più di 600 chilometri da Tunisi e 130 da Tataouine. Dall’inizio delle ostilità tra il generale Khelifa Haftar e Fayez Al-Sarraj, lo scorso aprile, i rischi dell’arrivo di un’ondata di rifugiati libici in Tunisia sono aumentati. In questo clima di tensione, i rappresentanti della direzione regionale dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’IRO (Organizzazione Internazionale per i Rifugiati) sono andati, le scorse settimane, a Dehiba e Remada.

L’obiettivo era quello di valutare le caratteristiche logistiche e organizzative delle strutture mediche di accoglienza dei rifugiati. Secondo l’opinione di una fonte medica, riportata in una dichiarazione rilasciata all’agenzia TAP, giovedì 16 maggio 2019, questa ispezione riflette la preoccupazione degli organismi internazionali riguardo alla situazione in Libia, in costante peggioramento dal 2011, in particolare in campo sanitario.

“È stata effettuata una diagnosi dei bisogni del settore sanitario. Si tratta di definire l’attrezzatura necessaria per gli interventi e di garantire l’accoglienza dei rifugiati”, ha precisato la fonte medica all’Agenzia. È la stessa zona nella quale, nel febbraio del 2011, durante l’emergenza rifugiati seguita alla rivolta contro il regime del colonnello Gheddafi, l’Alto Commissariato per le Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) insediò uno dei campi profughi più grandi di sempre:si calcola che nei due anni e quattro mesi di operatività il presidio abbia ricevuto quasi tre milioni di persone in fuga dal conflitto in Libia. Questo mentre in Italia si parlava di emergenza per accogliere qualche decina di migliaia di profughi libici.

Il secondo fronte, nel Centro-Ovest del Paese, è nel governatorato di Kasserine, confinante con l’Algeria, a circa 300 chilometri da Tunisi. È di pochi giorni fa la notizia di un attacco terroristico, pianificato durante il mese di Ramadan contro le forze di sicurezza, sventato dall’unità nazionale che indaga sui crimini terroristici.

Secondo una nota del Ministero degli interni, un grande deposito di armi appartenenti ai combattenti del gruppo terroristico Okba Ibn Nafaa, una cellula di al-Qaeda nel Maghreb islamico (AQIM), è stato scoperto a Jebel Samama, un monte della catena montuosa Jebel Chaambi, che comprende il punto più alto della Tunisia (1.544 m1), a 17 chilometri a Nord-Ovest della città di Kasserine e a pochi chilometri dal confine algerino, che può essere raggiunto da una pista percorsa con veicoli fuoristrada fino a 1.300 metri e, successivamente, percorrendo a piedi un sentiero che in due ore permette di raggiungere la cima. Furono gli scout tunisini, all’indomani dell’indipendenza del paese, nel 1956, a collocare sulla cima una mezzaluna di metallo, simbolo dell’Islam, che è l’emblema di una religione moderata in una zona dove, fra caverne e anfratti, si nascondono gruppi terroristici portatori di un altro credo.

Dal dicembre 2012 Jebel Chambi è il teatro di molte operazioni militari delle forze armate tunisine contro gruppi di terroristi islamisti che, a loro volta, hanno assalito a più riprese le forze dell’ordine, provocando numerosi scontri che hanno causato dozzine di morti da entrambe le parti. Non è un caso che, nel lessico popolare, viene definita la battaglia di Chaambi.

Il terzo fronte è tutto il Centro-Nord della Tunisia, specialmente nelle zone costiere, da Djerba a Sousse, salendo a Monastir, Hammamet, Nabeul, Kelibia, Bizerte, Tabarka:è qui che sorgono centinaia di complessi alberghieri dove si svolge un turismo balneare di massa che ogni anno accoglie milioni di turisti. Fino al 10 maggio di quest’anno, i turisti stranieri entrati in Tunisia sono stati 2 milioni e 400 mila, in aumento del 14,5% rispetto allo stesso periodo del 2018, secondo i dati diffusi dal Ministero del Turismo e dell’Artigianato. La Tunisia punta a raggiungere quota 9 milioni di ingressi turistici nel 2019, contro gli 8 milioni del 2018, che hanno contribuito ad entrate in valuta pari al 6,5% del PIL.

Una speranza di consolidata curva ascendente, dopo anni altalenanti, prima a causa del post rivoluzione del 2011 e successivamente per i duri colpi subiti con gli attentati al Museo Nazionale del Bardo di Tunisi e ad un albergo di Sousse, entrambi nel 2015, che provocarono decine di morti e feriti fra i turisti.

Negli ambienti giornalistici si vocifera, con toni sussurrati, per non provocare falsi e pericolosi allarmismi, che in ambito politico/militare tunisino si stiano rafforzando le attenzioni e gli interventi sul primo fronte (confine con la Libia) e sul secondo (confine con l’Algeria) nel fondato timore che un’esplosione non contenuta sia del previsto ingresso di profughi libici, che il riaffacciarsi di fenomeni terroristici, possano portare all’implosione della stagione turistica, con danno incalcolabile per la convalescente economia tunisina, soprattutto nell’anno in corso in cui si terranno le elezioni legislative (il 6 ottobre) e presidenziali (il 10 novembre), che già si preannunciano foriere di tensioni fra le varie sensibilità e forze politiche in campo.

Ferruccio Bellicini

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