Sabato 19 gennaio si è svolta la manifestazione generale indetta dai sindacati ungheresi in segno di protesta rispetto all’approvazione di quella che le opposizioni hanno soprannominato “legge schiavitù”. Al grido di “Chiudiamo il paese”, i manifestanti hanno marciato a Budapest, Sopron, Debrecen, Székesfehérvár, Keszthely e convogli di auto hanno rallentato il traffico a Salgótarján, Zalaegerszeg, Veszprém, Szekszárd e Nyíregyháza. Per la prima volta dall’inizio delle proteste, il numero di partecipanti nella capitale è stato superato da quello delle altre città. Manifestazioni di supporto da parte degli ungheresi all’estero si sono svolte anche a Oslo, Vienna, Londra, Dublino, Berlino e Amburgo.

Strategia a lungo termine

La “legge schiavitù” non nasce dal nulla, ma dalla necessità di far fronte alla crescente richiesta di personale specializzato in presenza di una popolazione sempre più vecchia e con una media di quasi 100.000 persone che lasciano il paese ogni anno. Nel corso del luglio del 2018, il ministro degli esteri Peter Szijiarto aveva annunciato con orgoglio che dopo 17 mesi di negoziazione, l’Ungheria era riuscita a convincere BMW ad investire un miliardo di euro per la costruzione di un nuovo stabilimento a Debrecen. L’investimento creerà un migliaio di nuovi posti di lavoro e la produzione di 150.000 auto l’anno. Questa notizia è stata accolta positivamente dalla contea di Hajdú-Bihar, in particolare a Debrecen, dove c’è un tasso di disoccupazione di 5 punti percentuali superiore rispetto al resto dell’Ungheria.

Gli investimenti sono iniziati più di due decadi fa, con la disintegrazione del blocco sovietico, quando l’industria dell’auto tedesca è riuscita a trovare manodopera specializzata e a basso costo nella vicina Ungheria. Daimler aveva inaugurato il suo primo stabilimento a Kecskemet nel 2012. Audi, è presente nel paese dal 1994, e da luglio 2018 ha iniziato a produrre motori elettrici nella fabbrica di Gyor. Nel 2017, l’industria dell’auto ha costituito il 28,8% della produzione industriale ungherese. Secondo Dirk Woefler, della Camera del Commercio e dell’Industria ugro-tedesca, i recenti investimenti sono dovuti a un sindacato debole, all’imposta sulle società più bassa d’Europa e a riforme del mercato del lavoro che dal 2012 sono state pensate appositamente per gli imprenditori.

Prova di forza

Debole o no, il sindacato ha dimostrato di voler lottare contro le recenti misure del governo. Durante le passate settimane ha richiesto al governo: l’immediata revisione dei recenti emendamenti al codice del lavoro; il rafforzamento del diritto allo sciopero per l’apertura di dialoghi volti al miglioramento della situazione degli impiegati; l’adeguamento degli stipendi, in particolare dei dipendenti statali; un sistema pensionistico flessibile che reintroduca il pensionamento anticipato e maggiori tutele per i lavoratori disabili. La replica del governo è passata dalle parole del Ministro delle Finanze Mihály Varga, che ha chiuso alla possibilità di costituire un canale di dialogo con i sindacati per la soluzione della questione.

Eppure la situazione di emergenza nel mercato del lavoro ungherese è reale. Il 42% dei dipendenti ungheresi riceve lo stipendio minimo (443.000 persone) o lo stipendio minimo garantito (436.000 persone), e solo con le recenti negoziazioni tra governo e sindacati è stato ottenuto l’aumento dell’8% per il 2019 e il 2020. Da gennaio, il salario minimo lordo sarà di 149.000 fiorini (461 euro) e il salario minimo garantito lordo di 195.000 fiorini (604 euro). In linea con il resto del paese, il sindacato indipendente della polizia ha lamentato carenza di organico. Infatti, i poliziotti ungheresi sono 35 ogni 100.000 cittadini, contro una media europea di 318. Questa situazione, combinata alla necessità di presenza continua di poliziotti al confine per via delle politiche anti-migratorie del governo, ha richiesto l’aumento sconsiderato delle ore di straordinario.

In risposta a questa situazione di emergenza generalizzata, il sindacato dei dipendenti pubblici ungheresi, quello dei lavoratori dei servizi pubblici e quello dei funzionari pubblici hanno pianificato di organizzare uno sciopero previsto per il 14 marzo 2019, il giorno prima della festa nazionale. Nel frattempo, in supporto ai lavoratori, sia Tesco che Spar Ungheria hanno annunciato che non applicheranno la nuova norma sulle ore di straordinario.