Domenica scorsa due navi militari ucraine guidate da un rimorchiatore hanno cercato di attraversare lo stretto di Kerch, che collega il Mar nero con il Mar d’Azov. Lo stretto, situato tra la Crimea e la penisola di Taman, dopo l’annessione del 2014 della Crimea alla Federazione russa è controllato dall’esercito russo. Le due navi che si erano avvicinate senza nessuna autorizzazione sono state sequestrate dalla marina di Mosca. Il governo di Kiev ha oggi approvato la legge marziale, cosa che si fa quando si entra in uno stato di guerra. Quella russa è stata una reazione scontata e alquanto prevedibile che ci fa capire che non si è trattato di un incidente, come alcuni notiziari informano, ma di una chiara provocazione.
Ma perché questa chiara e grave provocazione?

Secondo il giornalista Giulietto Chiesa, esperto delle vicende di quella regione, un’ipotesi è che si tratta di problemi politica interna ucraina. A marzo del 2019 si svolgeranno le elezioni presidenziali e stando agli attuali sondaggi il regime di Poroshenko non ha alcuna possibilità di vincere. Quindi si è trattato di una manovra per poter aver un controllo ancora maggiore sui mezzi di informazione, di creare un’atmosfera di terrore e manipolare cosi l’opinione pubblica nel tentativo di capovolgere il probabile risultato elettorale.

Ma un’altra ipotesi nasce dalla considerazione che l’Ucraina niente fa senza il consenso di Washington. Le forti spinte all’interno della comunità europea verso il disgelo con Mosca e verso il togliere le sanzioni economiche alla Russia non sono ben viste dagli Stati Uniti. Probabilmente hanno voluto lanciare un monito ai fedeli alleati ricordando loro la pericolosità di Putin e le gravi conseguenze verso cui gli eventi potrebbero muoversi. L’immediato intervento del segretario della NATO, Jens Stoltenberg, che dichiara pieno sostegno all’Ucraina è un segnale molto chiaro in questa direzione.

Il nostro governo, che afferma a gran voce di essere da parte dei cittadini e contro i poteri forti, riuscirà non allineandosi ai dictatum di Washington e di Brussell a condannare l’insensato gesto di Poroshenko?