Ci voleva un fisico teorico che, dopo tanta ricerca in giro fra le università di diversi continenti, approdasse a Messina per fare sloggiare le famiglie dalle baracche del terremoto di cent’anni fa, trasferendole in case acquistate con un’acrobatica operazione di etico microcredito. Giusto per parlare di una delle variegate iniziative di un professionista dell’altruismo come Gaetano Giunta, 58 anni, tre figli, «fisico nella prima vita», adesso segretario generale di una realtà chiamata Fondazione di Comunità che attualmente, a otto anni dalla sua nascita, è stata individuata dall’Ocse, dall’Unops e dall’Oms come una delle «sperimentazioni di modelli di welfare e sviluppo locale più interessanti al mondo». Con l’aggiunta – ed è ciò che qui la caratterizza – dell’ambiente. Come? Per esempio con la Fondazione Horcynus Orca, centro di ricerca tecnologico-ambientale non solo sulla costa, attorno a Capo Peloro, ma anche sulla piattaforma marina Kobold: fra i primi prototipi al mondo a produrre energia dalle correnti marine.

Le parole «sviluppo» e «sperimentazione» sono così ricorrenti anche nella descrizione di tutto il (grosso) comparto sociale della Fondazione da consentire di chiamare «scientifico» il suo approccio a ogni ambito d’intervento: non a caso, come si diceva, dietro c’è un fisico teorico. Nata sullo Stretto come realtà già innovativa nel 2010, la Fondazione ha sempre avuto l’ambizioso obiettivo di «promuovere lo sviluppo umano», come dice il suo «regista», senza timore di scivolare nell’iperbole: «Sperimentiamo paradigmi economici diversi dal capitalismo predatorio finanziario. Facendo spin off con un soggetto di microcredito, il Mecc (il Micro credito per l’economia civile e di comunione), caposaldo della finanza etica, socio di Banca popolare etica e del Consorzio europeo Sefea…».

Incroci di sigle e istituzioni che a Messina si sono tradotte per decine di famiglie di due baraccopoli depresse come Fondo Saccà e Fondo Fucile nell’acquisizione di una casa ottenuta attraverso quello che Giunta chiama il «capitale di capacitazione»: «A chi non può assicuriamo il 75 per cento del valore dell’abitazione, fino a un massimo di 80 mila euro, mentre il restante 25 per cento viene coperto dalla valorizzazione del lavoro di chi si impegna nel processo di auto-recupero e da un finanziamento ipotecario di Banca Etica». Frutto di un accordo siglato il 20 giugno «con 30 famiglie già beneficiate».

Di queste «nuove tecnologie per combattere la povertà» Gaetano Giunta parla da uno dei 23 forti umbertini edificati a difesa di Messina, il Forte Petrazza, bene monumentale sottratto dalla mafia che se ne era impossessata per i suoi traffici, vista mozzafiato sullo Stretto e soprattutto su quello che è il vero fiore all’occhiello della Fondazione: il Parco culturale che sta giù a Capo Peloro, ultima propaggine siciliana protesa verso la Calabria. Proprio dove qualcuno vorrebbe piantare un pilone del Ponte che non c’è. «Sarebbe una sciagura, una stupidaggine economica, un devastante impatto sociale, una bestialità», trancia Giunta dopo avere presieduto una apposita commissione, con idee immutate da quando fu assessore di un sindaco-magistrato, Franco Providenti, coevo della prima stagione delle «primavere» di Orlando e Bianco, a Palermo e Catania. «Un’altra vita fa», sorride indicando il parco monumentale e il modernissimo «museo» tirato su «con Cnr, università e soggetti del Terzo settore, incubatore di imprenditorialità sociale inclusiva». Ed eccoci al tema dei «processi di risanamento urbano», legati all’obiettivo di cancellare la vergogna delle baracche «con tecniche di bioedilizia e prototipi di ingegneria sulle nuove energie».

Un insieme di progetti che trova una sintesi immediata proprio nel Parco di fronte alla costa calabrese: parco diffuso di energie rinnovabili, il cui rendimento netto (insieme alle raccolte fondi attuate ogni anno) permette di auto-finanziare sul lungo periodo iniziative sociali, culturali, di economia solidale, di democrazia partecipativa, di ricerca e sviluppo, di alta formazione e di finanza etica. Giunta spiega e descrive: «Un vero e proprio museo d’arte contemporanea del Mediterraneo, ma arricchita da alcuni prototipi tecnologici moderni come una sala foderata da proiezioni interconnesse fra di loro, fortemente interattive. Sfiori una parete e succede qualcosa. Porta d’accesso a mondi lontani. Compreso un viaggio negli abissi marini dello Stretto. Tutto gestito da cooperative sociali che favoriscono l’inclusione di soggetti deboli». Ed è questo l’obiettivo primario di ogni iniziativa maturata all’ombra della Fondazione guidata da Giunta.

Non solo. Quelle infrastrutture puntano anche «a curare i bimbi autistici, attraverso le forti suggestioni e una stimolante interattività». Così varchi la soglia del parco di Capo Peloro e scopri che del giardinaggio si occupano anche gli stessi «soggetti deboli». A cominciare da alcuni ex internati dell’ospedale giudiziario della vicina Barcellona Pozzo di Gotto. Protagonisti di storie diventate con la Fondazione un docufilm interpretato da attori come Salvatore Arena, nei panni di un ex terrorista rinchiuso per anni in quel carcere, e David Coco nelle vesti di uno psichiatra che non smette di ricercare percorsi umani capaci di restituire diritti di cittadinanza e libertà. Una storia ispirata a una vicenda vera, quella di Ezio Rossi, Ennio nel film, con Arena, radici a Messina, capace di far vivere ansie e sofferenze dell’ex militante dei Nap che ha trascorso gran parte della vita tra il carcere e questo ospedale psichiatrico giudiziario sul quale si innesta una lunga battaglia della Fondazione.

Per Giunta, come ripete a ogni proiezione di Primula Rossa, il docufilm esalta l’impegno che ha portato «alla liberazione di 60 detenuti reclusi nel carcere di Barcellona». Già: dopo le lotte e le norme che richiamano il nome di Basaglia, Barcellona è diventato un carcere, ma lasciando un reparto interno di psichiatria. Un paradosso per Giunta: «L’Italia è all’avanguardia come sperimentazione, ma istituti e reparti che avremmo dovuto abolire dopo Basaglia si rigenerano con altre sigle, camuffati, in forme gattopardesche…». Non a caso il film ruota anche attorno alla figura dello psichiatra che incarna la volontà di ricercare strade nuove. È il refrain di un’educazione rovesciata sui suoi tre figli. Il più grande, 28 anni, dottorato in fisica a Monaco, il secondo vicino alla laurea in Informatica, il terzo, 22 anni, impegnato in Economia. Tre orientamenti che sembrano intrecciarsi nel ritratto di Gaetano Giunta, apprezzato anche fuori dal fortino e dal museo, fra i capannoni dello storico ex Birrificio Messina abbandonato dai proprietari. Ma dove i 15 dipendenti rimasti senza lavoro hanno potuto ricostruire la «loro» azienda con un piano industriale elaborato dalla Fondazione e «con una raccolta fondi di oltre 3 milioni e mezzo di euro».

Felice Cavallar da Corriere.it

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