La grandezza del Piccolo Principe ha finito per offuscare il resto dell’opera di Antoine de Saint Exupéry; per giunta il suo non essere schierato nei campi che la polarizzazione successiva alla sua morte imponeva ha aggravato questa situazione.

Per cui benissimo hanno fatto alle Edizioni Piano B a pubblicare una raccolta di scritti dei tempi della guerra (prima la guerra civile spagnola, poi la seconda guerra mondiale) in cui traspare, al tempo stesso, la sua figura di giornalista, di pilota di guerra e di filosofo. Lettera al Generale X e il senso della guerra
spazia dagli articoli su Paris Soir, ai discorsi pubblici, ai carteggi a volte mai spediti, a estratti da altri testi legati appunto dal sottotitolo: il senso della guerra.

E il senso della guerra è strettamente legato al grande dibattito che si svolge in quegli anni di crisi e di orrore di cui la guerra è l’evidente allegoria e dimostrazione: il significato della vita dell’uomo, il senso della vita e la definizione dell’Essere Umano. La differenza tra la cattedrale e i mattoni che la compongono sembra essere la preoccupazione che assilla Saint Exupéry, il tutto che non è la somma delle parti ma anche la totalità che schiaccia l’individuo.

Non sappiamo se ci sia un sottile legame tra quello che scrive Saint Exupéry e ciò che dirà nel 1945 Jean Paul Sarte nella conferenza L’Esistenzialismo è un Umanismo, però abbiamo la sensazione che le riflessioni di Saint Exupéry stiano nell’ampio dibattito che ferveva tra gli intellettuali non schierati con i totalitarismi di turno, sia quelli “ufficiali” del delirio nazifascista, sia quelli celebrati “democratici” del totalitarismo statunitense e sovietico.

Perché dalla guerra e dai combattenti (Antoine si chiede della pace ma non è un pacifista nel senso classico e letterale del termine) esce l’inquietudine reale di superare ogni orrore prodotto dalla divisione e dalla guerra. Tremendamente attuali queste parole:

“Non contrapponetemi l’evidenza delle vostre verità: avete tutti ragione. Ha ragione perfino chi scarica le disgrazie del mondo sui gobbi. Se noi dichiareremo guerra ai gobbi, se lanceremo l’immagine di una razza di gobbi, impareremo in fretta ad esaltarci. Tutte le villanie, tutti i delitti, tutte le prevaricazioni dei gobbi le attribuiremo a loro. E faremo giustizia. E quando annegheremo nel suo sangue un povero gobbo innocente, alzeremo tristemente le spalle: ‘questi sono gli orrori della guerra… Egli paga per gli altri… paga per i delitti dei gobbi’ Perché senza dubbio anche i gobbi commettono delitti”.

Ma il tema centrale che traspare dai vari scritti è quello dell’Essere Umano e della sua dimensione universale:

“Se noi tendiamo a questa coscienza dell’universo, penetriamo nel destino stesso dell’uomo. Solo i bottegai tranquillamente piazzati sulle rive del fiume senza vedere scorrer l’acqua, lo ignorano. Ma il mondo evolve. La vita è nata da una lava in fusione, da un impasto di stelle. A poco a poco ci siamo elevati sino a comporre delle cantate e a soppesare delle nebulose. E il commissario, sotto le bombe, sa che la genesi non è compiuta e che egli deve proseguire nella sua elevazione. La vita marcia verso la coscienza. L’impasto di stelle nutre e dà lentamente forma al suo fiore più bello”.

Ed infine un ringraziamento all’anonimo curatore del libro (poteva palesarsi e non sarebbe stato male se scriveva una introduzione per i neofiti, piccola critica costruttiva del recensore) per aver incluso l’ultima lettera, prima del maledetto (ma forse inesorabile) ultimo viaggio:

“Se vengo abbattuto non voglio rimpiangere nulla. Il termitaio futuro mi atterrisce. Io odio le loro virtù da robot. Preferisco essere un giardiniere”.

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Antoine de Saint Exupéry

Lettera al generale X e il senso della guerra

Piano B Edizioni 2014