Il politologo australiano Tim Anderson ha scritto un saggio molto diretto e molto documentato sulla guerra siriana: “La sporca guerra contro la Siria” (Zambon, 2017, 272 pagine, euro 16,80).

La guerra in Siria rappresenta il prototipo della guerra basata sugli inganni politici e diplomatici. I racconti sui massacri di civili e di bambini dell’esercito del governo siriano hanno delle fonti molto faziose. In tutte le guerre “L’obiettivo è demonizzare il nemico per mezzo di ripetute accuse di atrocità, mobilitando così il sostegno popolare alla guerra” (Knightley, 2001, citato a p. 31).

Una cosa è certa: la basilare “attenzione a evitare i conflitti di interessi, la ricerca di fonti indipendenti e l’attribuzione di scarsa credibilità alle dichiarazioni interessare delle parti impegnate del conflitto”, non vengono più prese in considerazione dai media occidentali (p. 31).

Anche Organizzazioni Non Governative come Amnesty International si sono affidate a informazioni non affidabili e non verificate provenienti solo da alcuni gruppi dell’opposizione (p. 212). Le prove “interessate” non hanno valore nel diritto civile e penale. Però “tali prove hanno valore solo quando contraddicono gli interessi della parte in causa, come nel caso delle ammissioni,o quando forniscono informazioni sulla mentalità della parte che le presenta” (p. 32).

Ad esempio nel caso siriano si può fare riferimento a questi episodi del 2012: “i media occidentali intervistarono tre comandanti dell’Esercito Libero Siriano ad Aleppo [l’esercito non governativo]. Tutti e tre ammisero di essere odiati dalla popolazione locale, che per la maggior parte era leale al presidente Assad” (p. 34). Ci furono anche alcuni fatti legati all’utilizzo di gas nervino nei territori occupati dai terroristi, e “l’investigatrice dell’ONU Carla Del Ponte affermò di essere in possesso di testimonianze di vittime secondo cui i “ribelli” avevano utilizzato gas sarin (BBC, 2013, p. 192).

Nel 2013 un rapporto interno della NATO aveva calcolato che il 70 per cento dei siriani appoggiava il presidente, il 20 per cento risultava neutrale e il dieci per cento era contro. In effetti nelle elezioni del 2014 “Bashar al Assad ha ottenuto il sostegno del 65 per cento del totale degli elettori, cioè l’88,7 per cento dei voti con un’affluenza alle urne del 73,4 per cento” (p. 34). Per poter giustificare un intervento umanitario in Siria tutte queste informazioni e molte altre non andavano divulgate. E molti crimini compiuti da alcuni gruppi ribelli e terroristi andavano tenuti nascosti.

All’inizio delle proteste e delle manifestazioni molti testimoni hanno affermato che furono alcuni manifestanti ad aprire il fuoco per primi e molte spesso le forze di sicurezza rispondevano solo “alla brutale violenza degli insorti armati” (Padre Frans Van der Lugt, gesuita ucciso il 7 aprile 2014). Inoltre, nonostante “un regime spietato e corrotto”, che dispone di un grande “apparato di sicurezza”, dal momento che le “forze reazionarie” appoggiate dall’Arabia Saudita e dal Qatar presero molto rapidamente il sopravvento “sulla resistenza democratica”, il sostegno popolare si concentrò di nuovo sul governo siriano (Sami Ramadani, analista iracheno-britannico, p. 77).

Del resto “sia i wahhabiti sia i Fratelli musulmani hanno una lunga tradizione di collaborazioni con le grandi potenze contro i loro avversari interni. Sono questi individui ad aver ridotto l’idea di jihad – un concetto del tutto rispettabile nell’Islam, che indica una lotta morale e spirituale – all’immagine di spregevoli “jihadisti” che commettono crimini mostruosi” (p. 97). Oltretutto le relazioni tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita “non sono semplicemente quelle tra una potenza globale e un barone del petrolio”, poiché l’Arabia Saudita rappresenta “un collaboratore politico di primo piano all’interno della regione – con una lunga esperienza nel fomentare divisioni” (p. 103).

L’Iran, la Siria laica e il Libano fanno parte di un asse anti-imperialista nel Medio Oriente. In Iran e in Siria non sono presenti basi militari americane, ma esiste la base navale russa a Tartus. Questa realtà non viene tollerata dalla regia governativa e paragovernativa che gestisce l’espansionismo acritico degli Stati Uniti, anche attraverso lo scatenamento e l’incoraggiamento delle guerre civili.

Tim Anderson insegna Economia Politica presso l’Università di Sydney. Per un approfondimento video: www.youtube.com/watch?v=5bCrcYhdTmA (intervista di Patrick Henningsen).

Nota sulla base navale di Tartus – A quanto pare il governo siriano si è trovato molto bene a combattere insieme ai militari russi: https://it.wikipedia.org/wiki/Base_navale_russa_di_Tartus. I terroristi dell’ISIS sono stati sconfitti grazie ai russi, nonostante le cattive politiche USA. Se l’essere umano fosse in grado di vivere nella condizione soprannaturale di essere buono, non ci sarebbe mai stato bisogno delle serrature e nemmeno delle armi. Se alcuni consulenti governativi fossero stati meno incivili, non ci sarebbero stati degli sviluppi indesiderati e opposti a quelli sperati.

Nota razionale – “L’esercito siriano ritiene di non dover chiedere scusa a nessuno quando bombarda le aree occupate dai terroristi, e ha sempre compiuto sforzi ben pubblicizzati alla scopo di evacuare i civili prima di farlo” (p. 38). I media occidentali utilizzano molte notizie sulla guerra siriana fornite da una singola persona “residente in Gran Bretagna che si autodefinisce Osservatorio Siriano per i Diritti Umani” (p. 34).

Nota a cura di Daniele Ganser – La gestione delle risorse energetiche può diventare la causa principale di una guerra, come quella in Siria. In questo caso un paese che voleva far passare una pipeline dalla Siria non ci è riuscito e si è trovato degli alleati per provare a cambiare le cose (www.youtube.com/watch?v=k7LPILjBAmo, www.danieleganser.ch, www.siper.ch/en, Swiss Institute for Peace and Energy Research; www.youtube.com/watch?v=ZdRJo69lIl0). Inoltre il Qatar, l’Arabia Saudita e Israele “condividono l’obiettivo degli Stati Uniti di mantenere la regione debole e divisa” (p. 20).

Nota sulla storia comune tra Siria e Libano: www.facebook.com/SiriaLibanodotcom. Il sito è gestito da Lorenzo Trombetta: www.linkedin.com/in/lorenzo-trombetta-47983565; alcuni articoli del vecchio sito sono reperibili qui: www.agoravox.it/SiriaLibano.

Nota sull’esercito siriano – “I siriani sanno che il loro esercito rappresenta la Siria pluralista e ha sempre combattuto il terrorismo fanatico sostenuto dall’estero” (Anderson, p. 82). In ogni caso “per poter operare così a lungo, l’Esercito Arabo Siriano deve aver potuto contare sul suo popolo… nulla può sostituire il sostegno del proprio popolo” (Kamal Alam, https://rusi.org/people/alam, 2015, consulente dell’Unione Europea, p. 82).

Nota sull’Esercito Libero Siriano antigovernativo – Verso la fine del 2013 l’esercito ribelle era diventato “un’organizzazione prevalentemente criminale” e i suoi capi erano pagati così tanto che non avevano nessun interesse a far finire la guerra” (Ruth Sherlock, 2013, p. 119, giornalista britannica anti-governativa che ha ammesso il ruolo inquinante dei petroldollari delle monarchie arabe sunnite, https://muckrack.com/ruth-sherlock).

Nota su Al Jazeera – La tv del Qatar “è tuttora una delle fonti primarie delle costanti campagne allarmistiche riguardo una presunta minaccia confessionale rappresentata dall’influenza iraniana e sciita nella regione… Con l’esplodere dei conflitti in Siria ed Egitto, i giornalisti di Al Jazeera iniziarono a dimettersi a frotte, denunciando le interferenze dei direttori” filoamericani (p. 137).

Nota sulla BBC – Il servizio pubblico radiotelevisivo del Regno Unito “collaborò al tentativo di insabbiare l’omicidio del più prestigioso studioso coranico siriano, lo sheikh Ramadan al Bouti, avvenuto nel marzo 2013… strenuo sostenitore del pluralismo religioso siriano, aveva preso apertamente posizione sul settarismo violento… Jabhat al-Nustra minacciò di ucciderlo, poi lo uccise e quindi, come sua abitudine, tentò di dare la colpa al governo siriano” (p. 143). Al-Nustra è un gruppo armato jihadista salafita, quindi fondamentalista sunnita, che fece uccidere uno studioso indipendente con una bomba in una moschea che uccise più di quaranta persone (questo gruppo armato è stato legato all’organizzazione terroristica al-Qeada per molto tempo).

Nota su alcuni osservatori indipendenti – Dal 2001 Media Lens analizza le guerre del Medio Oriente: www.medialens.org (è stata fondata da David Edwards e David Cromwell). Invece Off Guardian combatte la disinformazione del giornale The Guardian: https://off-guardian.org. Alfred Hackensberger è un giornalista tedesco indipendente: https://twitter.com/hackensberger (le prime due fonti sono state citate a p. 147 e il giornalista è stato citato a p. 174).

Nota storica – “I proclami di libertà ed eguaglianza degli Stati Uniti sono stati scritti da proprietari di schiavi e promotori della pulizia etnica” (p. 253). Nella Dichiarazione di Indipendenza i nuovi americani denunciano “i britannici per aver posto dei limiti all’occupazione delle terre dei nativi”.

Nota sull’invasione fondamentalista islamica – Il fondamentalismo islamico sta avanzando in Europa e in Medio Oriente, e il movimento lento sfugge a molta gente. Per approfondimenti: http://www.informazionecorretta.com/main.php?sez=120&id=33511 (a cura del filosofo Ugo Volli). La Turchia fa parte della NATO, ma è diventata una nazione fondamentalista. Libia, Siria e Iraq sono degli Stati che subiranno i danni del fondamentalismo ancora per alcuni decenni. Alcuni governanti americani non si rendono conto che con l’aiuto economico e militare fornito ai loro alleati fondamentalisti rischiano di far nascere o di importare il fondamentalismo religioso negli Stati Uniti. La finzione americana di una guerra al terrorismo potrebbe diventare presto una realtà.