Lo JEFTA (Japan – European Union Free Trade Agreement) è il “nuovo” trattato internazionale che, dopo CETA e TTIP, prevede un quasi totale abbattimento delle tariffe di import/export tra i paesi dell’Unione Europea e il Giappone, liberalizzando quasi totalmente i mercati tra i due attori (l’eliminazione totale delle tariffe di importazione è prevista nell’arco di 15 anni dalla data di entrata in vigore del Trattato, nel 2019).

Gli stati parte dell’UE settimana scorsa hanno approvato il Trattato; la firma ufficiale è avvenuta a Bruxelles, nel pomeriggio dell’11 luglio, durante i Vertice UE – Giappone.

I giochi sono fatti ma in pochi conoscono il reale contenuto del Trattato; gran parte delle negoziazioni riguardanti lo JEFTA sono state tenute in segreto dalla Commissione europea. Parte delle negoziazioni e dei testi ora pubblici sono tali grazie all’attività investigativa di Greenpeace che già aveva denunciato le controversie dell’accordo TTIP.

Secondo la Corporate Europe Observatory dal 2013, anno in cui hanno preso il via le trattative, fino alla loro conclusione nel 2017, sono stati 213 gli incontri a porte chiuse tra il Dipartimento per il Commercio della Commissione Europea e diversi rappresentanti di interessi. Tra questi, 190 meeting hanno visto partecipare rappresentanti di lobbies e multinazionali, mentre solo in 9 occasioni sono stati ascoltati rappresentanti della società civile, ONG, unioni di consumatori o agricoltori. Mai ci sono stati incontri con sindacati o rappresentanti delle piccole-medie imprese. Ciò significa che le negoziazioni sono state esclusivo appannaggio di multinazionali e lobbies che hanno potuto impostare una disciplina ad hoc per i loro interessi.

Circa le conseguenze che questo nuovo accordo avrà sull’agricoltura, sull’alimentazione e l’ambiente, sono diversi gli aspetti che destano preoccupazione.

 

Agricoltura e Biodiversità

Si prevede che circa l’87% delle attuali esportazioni agricole Europee sarà esente da tassazione. Sono previste specifiche previsioni per la carne di suini e bovini, per i vini, foraggi e prodotti caseari e alti prodotti derivati dal latte, come il latte in polvere.

In Giappone e in Europa l’entrata in vigore del Trattato avrà come conseguenza naturale un inasprimento della concorrenza all’interno dei mercati nazionali; vi sarà un forte aumento dell’esportazioni di prodotti europei in Giappone, è anzi probabile che i prodotti italiani conquistino una grande fetta del mercato agricolo giapponese. Nel breve termine i cittadini giapponesi potrebbero essere soddisfatti dall’abbassamento dei prezzi di molti prodotti europei ma, nel lungo termine, è molto probabile che gli effetti sul mercato interno siano devastanti. Gli agricoltori e gli allevatori giapponesi per rimanere sul mercato e mantenere prezzi concorrenziali dovranno infatti passare a metodi di coltivazione e allevamento industrializzati, con le inevitabili conseguenze ambientali e sociali che ciò comporta. Di contro i Europa, in settori industriali come quello automobilistico, l’introduzione del mercato libero con il Giappone comporterebbe un abbassamento delle condizioni del lavoro, perché il mercato dovrebbe scontrarsi con i molto più bassi costi di produzione giapponesi e con gli ancora più bassi standard di qualità della vita dei lavoratori.

Sono preoccupanti anche le previsioni circa il commercio del legname; in Giappone il commercio illegale di legname è un problema non ancora risolto e la liberalizzazione della sua vendita non pare essere una soluzione valida.

Circa la pesca, di cui il Giappone è leader mondiale anche grazie all’assenza di norme che garantiscano eticità e rispetto dell’ecosistema marino, si prevede un abbattimento totale delle tariffe. È bene ricordare che il Giappone rappresenta quasi “quasi il 90% del commercio globale di tonno rosso fresco e congelato”,[1] specie ittica da anni in pericolo di estinzione a causa della pesca eccessiva; di ciò nel Trattato non si parla. Non si evincono particolari richiami alla pesca sostenibile ed, inoltre, nulla si dice riguardo alla pesca delle balene, già condannata con sentenza da parte della International Court of Justice nel 2014, a seguito del caso internazionale Jarpa II, sentenza che il Giappone ha deciso di ignorare.

Nel trattato si prevede poi che le Parti cooperino in tema di agricoltura, silvicoltura, pesca e alimentazione; tale cooperazione dovrebbe avvenire tramite scambio di informazioni e buone pratiche riguardo policies agricole, tecnologia ed innovazioni.

Quando si parla di scambio di informazioni necessariamente si parla anche di Diritti di Proprietà Intellettuale e giusta ed equa ripartizione dei benefici derivante dall’accesso alle risorse o alle informazioni genetiche ad esse collegate; entrambe le Parti del Trattato sono Stati Parte sia della Convenzione sulla Biodiversità che del Protocollo di Nagoya sull’accesso e l’utilizzo delle risorse genetiche e le conoscenze tradizionali, inoltre Unione Europea e Giappone occupano rispettivamente il secondo e il terzo posto nella classifica mondiale per il rilascio di brevetti biotecnologici[2].

Va da se che una disciplina incompleta e iniqua tra i due attori rischia di danneggiare profondamente sia la biodiversità mondiale che i diritti di milioni di persone. Lo JEFTA infatti disciplinerà il maggior mercato mondiale di risorse genetiche riconducibili alla CBD e al Protocollo di Nagoya.

La disciplina prevista in materia di Proprietà intellettuale si basa fondamentalmente sul TRIPS Agreement nato in seno alla World Trade Organization; senza delle effettive tutele in tema di brevetti il rischio di un aumento dei rilasci degli stessi è molto alto con la conseguenza che gli atti di biopirateria potrebbero crescere esponenzialmente.

 

Molto probabilmente dal 2019 vedremo quindi ulteriormente limitati i nostri diritti di cittadini e consumatori; un Trattato che disciplina materie così sensibili, come l’alimentazione, l’agricoltura, l’ambiente e il lavoro, non può essere sottoscritto senza che vengano interpellate tutte le arti interessate e, come detto sopra, ciò non è avvenuto.

Le dinamiche sociali e territoriali dell’Europa e del Giappone sono profondamente diverse, hanno peculiarità non sovrapponibili e quindi non regolabili congiuntamente se non a discapito di una delle parti. Se nel caso poi fosse stato possibile raggiungere dei punti di miglioramento, pare che ciò non sia avvenuto in quanto i temi più sensibili come i diritti dei lavoratori, la deforestazione e il commercio illegale di legno, la pesca incontrollata e la caccia balene e i problemi climatici non sono stati toccati o lo sono stati con profonde lacune ed omissioni.

 

[1] European United Left, Nordic Green Left, “Making sense of JEFTA”, 2017

[2] European United Left, Nordic Green Left, “Making sense of JEFTA”, 2017