Vietato raccogliere rifiuti in mare. Sembra un’assurdità, ma oggi i pescatori che durante l’attività ittica catturano nelle reti gli scarti galleggianti sono costretti a ributtarli in acqua: nel caso in cui li conducano a riva per smaltirli, infatti, la legge li considera produttori di rifiuti.

Per sanare questo controsenso giuridico, la Regione Toscana su suggerimento della Fondazione Angelo Vassallo ha avviato un progetto di riciclaggio che interessa i trecento chilometri quadrati di mare tra Livorno e Grosseto.

Qui da circa un mese i pescherecci possono raccogliere i rifiuti plastici e gettarli in un apposito contenitore in banchina, da dove poi verranno trasportati in un impianto per essere smaltiti o riciclati. Ciascuna imbarcazione ne raccoglie tra i venti e i trenta chili ogni giorno, corrispondenti in media a un 3% del pescato.

Solo in Canada e nel Nord Europa, finora, sono state avviate iniziative simili a quella intrapresa dalla Toscana con “Arcipelago pulito”. È quindi la prima volta che in Italia si struttura una filiera operante dalla raccolta in mare fino al trattamento e all’eventuale recupero: la Regione conta di replicare l’operazione anche altrove, e l’interessamento del Ministero dell’Ambiente fa ben sperare che presto possa diventare una pratica nazionale.

Secondo l’indagine “Plastic free sea” promossa dalla , il 95% dei rifiuti galleggianti nel mar Tirreno è composto da plastica. Per il 41% si tratta di buste e frammenti e questo dovrebbe far riflettere anche quei consumatori che – stando all’ultima analisi dell’Ismea – nel primo trimestre del 2018 hanno preferito acquistare ortofrutta fresca confezionata. Peraltro a prezzi molto maggiorati rispetto a quelli dei prodotti sfusi acquistabili con i sacchetti biodegradabili.

Si stima che oggi nel mondo si producano 280 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Nel 2050, se il trend non si arresta, saranno il doppio. Se consideriamo che soltanto il 15% dei rifiuti plastici in mare, in media, può essere riciclato, si può comprendere come la soluzione ideale sia produrre meno rifiuti possibili: anche in famiglia, prevenire è meglio che buttare.

Gaetano Pascale da Slowfood

 

 

 

L’articolo originale può essere letto qui