Ritratto caricaturale antropologico, che distorce ed evidenzia i connotati di una classe dirigente, che gli italiani hanno eletto attorno a un uomo che di tale cultura non è che il simbolo circostanziale. Liberamente ispirato agli avvenimenti accaduti tra il 2006 e il 2010, Loro 1 è solo la prima parte del lavoro di Paolo  Sorrentino; la seconda sarà nelle sale il 10 maggio. In questa prima Silvio Berlusconi rimane sullo sfondo ed entra in azione alla fine accanto a Veronica Lario, una delle poche a essere citata con il vero nome.  A lei è attribuita, a ragione o a torto, una sorta di saggia autorevolezza. Di sicuro, nella società patriarcale e fallica che il film rappresenta, lei resta l’unica a usare il cervello. Tutto il resto è primitivo, primordiale, kitsch.

Nani, ballerine, cocainomani il cui maggiore investimento è portare giovanissime disponibili al potente, ministri che perdono la testa davanti al sesso e diventano ricattabili, sgambetti, invidie, il tutto avvolto nel lusso. Certo sullo schermo cinematografico la ripetizione ossessiva di “tette e culi” potrebbe dare fastidio, ma chi può negare che questa fosse una grande passione del Cavaliere, riverberata anche dalle sue televisioni? L’uso della cocaina in tale corte è sicuramente accentuato, ma allo spettatore arriva il messaggio di base: “Loro”più che essere in sintonia con la realtà cercavano il piacere sino allo stordimento.

L’affresco impressionistico e impietoso ha per oggetto l’ambizione sfrenata per il denaro, il sesso, il potere. Ma non è forse questo ciò che ammirava l’italiano qualunque? Non è stato Silvio Berlusconi un esempio da imitare per molti? Non usava un linguaggio che la maggior parte della gente comprendeva?  Una domanda si pone d’obbligo giacché il popolo per quasi un ventennio ha messo in mano a Berlusconi il nostro paese: “loro” in fondo non sono espressione di certa nostra diffusa mentalità?