L’osservatorio Milex ha presentato il proprio secondo rapporto annuale sulle spese militari italiane.

Si tratta d’uno studio di particolare interesse perchè, al di là dei numeri, porta un po’ di luce agli oscuri meandri dei finanziamenti, delle spese e degli sprechi del settore.

Il cittadino scopre, quindi, ad esempio, che lo Stato mantiene, con i gradi da ufficiale, ancora 200 cappellani militari che, tra stipendi (che possono «superare i 5mila» euro al mese) e pensioni, costano ben 15 milioni di euro l’anno.

«Ma se lo Stato è laico, perché non togliere i gradi ai cappellani e far provvedere direttamente al Vaticano? Se ne parla da anni», scriveva il magazine «L’Espresso» già nel 2016 .

Oppure si scopre che, mentre si richiedono sacrifici ai pensionandi del settore privato, esistono «scivoli d’oro» e altri provilegi pensionisti per gli alti ufficiali del comparto militare: «dai 50 anni in poi (dieci anni prima del congedo) si può entrare in un magico limbo, lo “scivolo d’oro” appunto, grazie al quale si conserva l’ottantacinque per cento dello stipendio senza lavorare più nemmeno un solo giorno, con tanto di pensione piena»!

Ancora, il cittadino disattento viene a conoscenza dell’esistenza – sin dal 2013 ci ricorda però Toni De Marchi su «Il Fatto Quotidiano» – di un base militare italiana a Gibuti, all’estremità meridionale del Mar Rosso, che costerà, nel 2018, circa 43 milioni d’euro.

Sul posto circa 300 militari italiani in attività prevalentemente anti-islamica.

Ma, soprattutto, si rileva come l’adesione alla NATO o la presenza di basi USA sul nostro territorio costeranno, nel 2018, ben 192 milioni d’euro la prima e addirittura 520 milioni la seconda.

Quest’ultimo costo corrisponde «al 41% delle spese di stazionamento delle truppe USA nelle 59 basi americane nel nostro Paese». e non comprende i 20 milioni necessari per proteggere i 70 ordigni nucleari che compongono l’arsenale atomico USA della base bresciana di Ghedi (dove sono custodite bombe anche da 170 kiloton, ovvero 11 volte la carica dell’atomica che distrusse Hiroshima nel 1945) e di quella di Aviano (Pordenone).

Nel complesso, spiega l’osservatorio Milex, la spesa militare italiana ammonterà a 25 miliardi d’euro (1,41% del PIL) in aumento del 26% delle ultime tre legislature.

In particolare, precisa Milex, «la tripartizione effettiva della spesa militare complessiva sarà di 60% per il personale, 13% per l’esercizio e 28% per gli investimenti in armamenti».

Come già mostrava il primo rapporto Milex di gennaio 2017, quasi il 53% del personale militare (171.000 uomini nel 2015) è composto da ufficiali e sottufficiali mentre la truppa non raggiunge neanche la metà della forza in organico. Gli stipendi medi di tale personale oscillano dai circa 25.000 euro annui della truppa fino a 172.000 euro per ognuno dei 449 tra generali e ammiragli.

La riforma «Di Paola» del 2012 (Governo Monti) s’è posta, comunque, l’obiettivo di ridurre, per il 2024, – anche coi già indicati «scivoli d’oro» – tanto l’organico complessivo (a 150.000 effettivi) quanto l’incidenza dei sottufficiali (da ridurre da 67.000 a 40.000).