Milos Zeman (nella foto) è stato rieletto Presidente della Repubblica Ceca vincendo il ballottaggio con il 51,4% dei voti. L’affluenza alle urne è stata del 67% degli aventi diritto.

In Repubblica Ceca dal 2013 il Presidente viene eletto direttamente dai cittadini. Come in Italia la repubblica non è presidenziale e il Presidente ha una funzione di garanzia verso le parti politiche e di rappresentanza dell’unità nazionale.

Al primo turno i candidati sono stati 9, in una battaglia solo maschile: Zeman ha preso il 39%, Drahoš il 27%, Fischer il 10,20%e tutti gli altri sono rimasti al di sotto del 10 %.

Milos Zeman è stato segretario generale del partito socialdemocratico (CSSD) e primo ministro dal 1998 al 2002. Uscito dal partito, ne fondò uno nuovo, che però non ottenne rappresentanti in Parlamento. Nel 2013 fu eletto direttamente dai cittadini Presidente della Repubblica, scavalcando così i partiti politici che tanto ostacolavano il suo ritorno a un ruolo istituzionale.

Zeman rappresenta la critica ai “diktat” di Bruxelles, non nasconde una certa apertura verso la Russia e la Cina e soprattutto il suo populismo utilizza la paura di una possibile invasione islamica, ormai diffusa  nell’opinione pubblica (anche se i richiedenti asilo sono solo poche decine!). Jiri Drahos è uno scienziato e professore universitario, già direttore dell’Accademia delle Scienze, senza alcuna precedente partecipazione alla politica. Ha utilizzato la tradizionale, ipocrita e stanca retorica contro la possibilità di un’invasione russa e sostenuto una politica decisamente a favore dell’Unione Europea. Mentre Zeman è a volte critico verso la NATO, Drahos è completamente allineato con Washington.

Tutta la campagna elettorale è stata pro o contro Zeman, come l’unico, reale protagonista. Non ci sono visti altri candidati autorevoli e di spicco che hanno attirato l’attenzione degli elettori sulla propria figura o sul proprio programma. Sia nei dibattiti televisivi, che nei social network e nelle discussioni tra la gente l’argomento è stato sempre Zeman, da una parte adorato e dall’altra odiato. In sintesi quella di Drahos è stata una campagna contro Zeman, potendo cosi contare nel ballottaggio su gran parte dei voti degli altri candidati eliminati al primo turno elettorale.

E’ importante osservare che attualmente il governo non ha ancora ottenuto la fiducia del Parlamento. Il premier, il miliardario Andrej Babis, conosciuto anche come il Berlusconi ceco e attualmente indagato per frode, aveva vinto le ultime elezioni dell’ottobre 2017 con circa il 30% dei voti. In questi mesi non è riuscito a ottenere un appoggio da altre forze politiche e ha formato un governo di minoranza il cui destino è incerto. Babis viene appoggiato dal Presidente e a sua volta ha appoggiato Zeman sostenendolo nella campagna elettorale.

Se le parole destra e sinistra hanno man mano perso significato, in Repubblica Ceca non hanno quasi più alcun valore. E’ impossibile definire la posizione di Zeman secondo queste vecchie categorie.

Quindi non si può dire che abbia vinto la sinistra o la destra, ma solo il “no”! Hanno vinto la paura e la chiusura, il no alla superbia dell’Unione Europea, il no all’immigrazione! È stata anche la sconfitta della sudditanza alla politica americana contro Russia e Cina.

Con Zeman ha vinto la grande insofferenza della maggior parte della popolazione, schiacciata tra un passato dittatoriale e un futuro oscuro e pericoloso. Un popolo che ha la sensazione di perdere la sua identità, ha paura di un’ipotetica invasione islamica da un lato o di un ritorno dei bolscevichi dall’altro. Nutre un grande desiderio di libertà e democrazia, ma si sente trattato dall’Europa come una nazione di seconda categoria, come un paese dove i costi di produzione sono molto più bassi rispetto al “civile” Occidente e dove si può contare su una popolazione affidabile e professionalmente molto competente. Questo popolo del “no” individua il colpevole nel nemico di turno indicato dal mainstream o dal populista del momento.

Non è ancora comparso un movimento politico maturo, capace di esprimere non solo quello che non vuole, ma anche e soprattutto le aspirazioni di giustizia, libertà e di un chiaro futuro per sé e per i propri figli. Ma, d’altra parte, tranne eccezioni, in quale altro paese europeo si osserva questo risveglio e questa maturità?