Comunicato Stampa

del Gruppo di argentini in Italia per la Memoria, la Verità e la Giustizia

Non sappiamo chi abbia pensato, preparato, eseguito l’attentato alla caserma dei carabinieri di San Giovanni e soprattutto perché sia stato utilizzato il nome di Santiago Maldonado per la sua rivendicazione. Vorremmo però tanto saperlo, perché un senso ce lo deve pure avere.

E poiché, com’è evidente, chi sostiene le ragioni del pacifista argentino, ucciso in circostanze che chiamano direttamente in causa il governo argentino, non avrebbe nulla da guadagnare da un gesto così insensato, allora ci deve essere qualche altra spiegazione, magari di segno opposto, di chi tenta di screditare Santiago Maldonado, la sua famiglia, i suoi compagni di lotta, i suoi sostenitori.

Questa “operazione” avviene proprio mentre in corso la visita in Italia della famiglia Maldonado, che è venuta per incontrare il Papa e per chiedere e ricevere solidarietà dalle nostre istituzioni e dalle associazioni vicine al popolo Mapuche, nella ricerca di verità e giustizia per Santiago.

Da questo punto di vista l’incontro con il Papa potrebbe rivelarsi proficuo e, forse, la campagna internazionale a sostegno dell’iniziativa non fa bene al governo Macri.

L’azione diplomatica del Vaticano potrebbe avere delle ripercussioni nella difficile situazione politica argentina, dove dal 10 dicembre 2015 cresce la protesta sociale.  Le forze politiche di opposizione e le organizzazioni in difesa dei diritti umani sono nel mirino del governo Macri. Il gesto del Papa rafforza la richiesta del pieno rispetto dello stato di diritto in un paese che ha attraversato l’immane tragedia della dittatura degli anni 70’, quando il regime, nell’assordante silenzio della comunità internazionale, fece ”sparire” 30.000 oppositori politici.

Santiago Maldonado, fu sequestrato il primo agosto di quest’anno, mentre protestava insieme ai Mapuche (etnia presente nel sud del paese), vittima di una operazione repressiva preparata con cura da membri dell’attuale governo argentino. Dopo settantotto giorni, il cadavere del giovane pacifista è stato ritrovato nel fiume Chubut in circostanze poco chiare: testimoni affermano che Santiago si fosse consegnato alle forze di sicurezza e il luogo dove è stato poi ritrovato il corpo era nel completo controllo delle forze dell’ordine.

Santiago ha perso la vita sostenendo la lotta del popolo Mapuche, una lotta non violenta, per recuperare le terre appartenute a quel popolo da sempre e ora “espropriate” dalla famiglia Benetton. Si tratta di una lotta legittima: i Mapuche chiedono l’applicazione di una sentenza che obbliga i Benetton alla restituzione di almeno una parte di quelle terre. La multinazionale italiana, proprietaria di circa un milione di ettari in Patagonia, non intende uniformarsi a questa sentenza.

Sull’intero territorio della Patagonia il governo di destra argentino cerca di costruire una zona franca per le multinazionali interessate all’estrazione e commercializzazione delle ingenti riserve minerarie, petrolifere, di gas e acqua potabile.  La protezione che gode la famiglia Benetton si spiega alla luce dei nuovi orientamenti di politica economica, così come la repressione violenta e indiscriminata di chi si oppone, in questo caso di un’intera popolazione, fatta di uomini, donne e bambini.

Questo comunicato si rivolge in particolare ai media perché si facciano veicolo di informazione sulla vicenda della morte di Santiago Maldonado e sulla lotta del popolo Mapuche, evitando di prestare il fianco a strumentalizzazioni che finiscono per danneggiare ulteriormente la famiglia Maldonado, fin troppo provata dalle sofferenze per la scomparsa violenta del proprio congiunto.

A loro e alla popolazione Mapuche rinnoviamo tutta la nostra solidarietà e comprensione.