E’ di questi giorni l’ ultimo decreto legge del governo dimissionario italiano, che impiegherebbe un contingente militare, probabilmente parte dello stesso della missione in Iraq ed in numero variamente crescente sulla base delle necessità e del tempo, nel Niger; al momento il crocevia preferito dalle carovane di disperati in fuga dalla fame e dalle guerre diretti in Libia e verso l’Europa.

Primariamente nelle dichiarazioni del primo ministro Gentiloni lo scopo è quello militare/umanitario nel duplice senso di contrasto alle attività illecite dei trafficanti di esseri umani e nel contempo di addestramento alle forze di polizia e vigilanza locali, già organizzate dal progetto francese denominato “G5 del Sahel” (Mali – Mauritania- Burkina Faso – Niger – Chad ).

Tutta l’area circostante comprendente per la maggior parte ex colonie francesi resesi indipendenti dallo sfruttamento diretto negli anni ’60 è stata già oggetto di interesse strategico militare francese in primis, e tedesco, sulla scorta di un asse mai venuto meno dall’ instaurato patto di fondazione europeo.
Gli interessi economici in gioco sono enormi; il Niger nello specifico, pur essendo agli ultimi posti per reddito procapite, è il quarto produttore di uranio al mondo; capofila delle società straniere che estraggono il prezioso minerale è Areva, leader mondiale dell’energia nucleare civile controllata attualmente al 90% dalla compagnia elettrica nazionale francese la EDF.

Un piccolo escursus su questa compagnia e sugli interessi connessi alle sue attività:
Fin dai primi anni settanta, Areva ha goduto di concessioni pluridecennali che le hanno valso un sostanziale monopolio sul principale prodotto d’esportazione nigerino ma su cui, negli ultimi anni, diverse altre potenze mondiali come Cina, Corea del Sud, Canada, Brasile, India, Australia e Spagna stanno cominciando ad allungare le mani.

Secondo gli analisti del settore la politica interna del paese è strettamente connessa all’ attività estrattiva del metallo ed alle sue quotazioni sul mercato internazionale; la quotazione era alta fino al disastro di Fukushima, nel frattempo Areva è stata salvata dall’ acquisizione pubblica dopo lo scandalo denominato Uramin, altre acquisizioni speculative offshore, e la voragine finanziaria del sito di Olkiluoto in Finlandia con la costruzione del generatore EPR di terza generazione.

I salvataggi di compagnie private con soldi pubblici sono state vietate e gravemente sanzionate dalla commissione europea per paesi come il nostro ma pare che per i tedeschi con le banche e per i francesi con le industrie strategiche nazionali, protette con le golden shares, vadano valutate all’abbisogna.
Nelle dirette attività di Areva resterebbero dunque le attività estrattive, di arricchimento dell’ uranio, e di stoccaggio delle scorie che secondo fonti locali sembrerebbe vengano smaltite senza alcun rispetto delle norme di sicurezza, addirittura come materiali da costruzione o nelle armi ad uranio impoverito usate già largamente in Iraq.

Nelle mani della EDF restano dunque le attività di costruzione di nuovi reattori, quelli di terza generazione EPR, per le quali alcune commesse sono saltate, come quelle inglesi nell’ Essex, nel Sussex, e negli stati Uniti, e la messa in opera di quelli ancora da ultimare: Olkiluoto con relativa causa in corso per danni da ritardo tra la TVO finlandese e la EDF.

A detta di molti il disastro finanziario è solo rimandato, vista la non ottima salute finanziaria dei conti della EDF, ma quello che getta le maggiori preoccupazioni è il cosiddetto “Grand Carenage” (un vasto programma di lavori volto a prolungare la durata del funzionamento delle centrali già in uso oltre i 40 anni). Si vuole cioè prolungare il funzionamento degli impianti in uso dai 40 anni ai 60 anni; impianti costruiti con tecnologie riconosciute come superate e pericolose e questo per evitare i costi dello smantellamento e le eventuali defezioni degli stessi paesi che ormai puntano più sulle tecnologie rinnovabili.

Non ultimo in questo fosco quadro si innesta un rapporto di Greenpeace che già dal 2010 – in collaborazione con il laboratorio francese indipendente CRIIRAD e la rete di ONG ROTAB – ha realizzato un monitoraggio della radioattività di acqua, aria e terra intorno alle cittadine di Arlit e Akokan, a pochi chilometri dalle miniere di Areva, accertando che i livelli di contaminazione sono altissimi.
Torniamo a noi, il governo italiano, forse obbligato istituzionalmente da vincoli europei, ma più probabilmente spinto dall’ imminente tornata elettorale e in tal modo cercando di recuperare credibilità sulla gestione dell’ immigrazione nel suo complesso. ha deciso di imbarcarsi in questa missione di contenimento al flusso di migranti e di contrasto al terrorismo il cui principale attore è la fazione denominata Boko Aram.

L’interesse dell’Italia dunque non è direttamente riconducibile all’uranio, a differenza della Francia e della Germania che con la Siemens possedeva il 34% delle azioni di Areva; ha però interessi legati storicamente al petrolio Nigeriano con Eni, Trevi spa per le opere infrastrutturali e con il gruppo Salini/Impregilo per opere termoidrauliche e dighe: interessi minacciati a più riprese da Boko Aram.

Anche noi dunque andremo a rivendicare i nostri interessi coloniali più o meno leciti, visto lo scandalo delle tangenti Eni e Shell per l’ appropriazione della piattaforma petrolifera nigeriana OPL 245; una fosca vicenda che fa risalire le sue origini ad accordi del governo Italiano con quello Russo, ovviamente tutti interessi i cui proventi bypassano i reali bisogni della Nigeria e finiscono direttamente nelle tasche dei grandi speculatori mondiali ed in parte ai politici corrotti e ai mediatori.

Come per tutte le attività coloniali in genere, i grandi gruppi internazionali banchettano lautamente con le risorse del continente africano, lasciando le briciole per gli autoctoni, inquinandone le fonti di approvvigionamento nella migliore delle ipotesi con il petrolio, per alcuni decenni, nel caso dell’uranio, per centinaia di anni.

Anche noi dunque faremo la nostra parte in questo scacchiere internazionale, patentemente giustificati dal contrasto al terrorismo, per il contenimento del traffico dei migranti cosiddetti economici e per fare la nostra parte per sostenere la fragile architettura democratica in paesi come il Niger sempre minacciato da frangie militari legate più o meno strettamente con l’ISIS.

Da profano avrei optato per un approccio differente e riconsiderato gli obiettivi in 2 modi ben distinti, per sgombrare il campo da eventuali future rivendicazioni:
1) Tagliare le spese militari che anche quest’anno ammontano a circa 24 miliardi di Euro, circa 64 milioni di Euro al giorno, ed in particolare tagliare i rifornimenti di armi prodotte in Italia che vanno direttamente a commesse del governo saudita che le utilizza per bombardare lo Yemen, o agli Emirati Arabi e al Qatar che a loro volta finanziano e armano i gruppi jihadisti in Africa e in Medio Oriente.
2) Sostenere economicamente, dunque in maniera diretta, le organizzazioni umanitarie già presenti da decenni sul territorio e che realmente fanno opera di sviluppo sociale e di emancipazione personale e comunitaria della popolazione dalle attrattive dei gruppi rivoluzionari che propagandano la lotta ai colonizzatori, agli infedeli, con slogan religiosi e con denaro.

E’ sempre una questione di scelte, saper discernere e valutare i passi da compiere a livello personale e a livello comunitario è essenziale per i destini di questa nostra povera umanità; troppa colpevole superficialità, avidità, egoismo, chi più ne ha più ne metta, ciò nonostante ci è sempre data la possibilità di cambiare strada: saremo saggi a sufficienza da fare giustizia per la nostra parte di male arrecato?

Carneade di Cirene, riportato all’onore degli altari dal Manzoni per bocca di Don Abbondio affermava che se i Romani avessero voluto fare giustizia ed essere così chiamati giusti avrebbero dovuto restituire i loro possessi agli altri e andarsene: in tal caso sarebbero stati però anche tacciati di stoltezza. In questo modo arrivò alla conclusione che saggezza e giustizia non andassero d’accordo.

A volte però, quale frutto dell’ esperienza propria o altrui, bisognerebbe saper passare per stolti evitando così sventure peggiori…

Luca De Renzo