Guardatelo, e ditemi se non sembra un po’ Jack Sparrow, con quei capelli spettinati e quegli occhi profondi come il mare di un pirata. E forse un po’ pirata Aamion lo è, con lo spirito di chi è figlio di nessun posto e però si sente a suo agio ovunque, tanto da mettere in pratica una scelta inusuale e coraggiosa assieme alla moglie Daize, due volte campionessa mondiale di longboarding, e ai figli Given e True.

Ma la loro vita non ha nulla a che fare con azioni violente e di guerra, anche se in qualche modo Aamion guida una piccola dolcissima ciurma di predoni, che fanno incetta di vita compiendo scorribande pacifiche in giro per il mondo. Perché sì, questo hanno scelto di fare, e la loro storia ha molto a che vedere con le decisioni di un uomo e di una donna che, come individui e come genitori, hanno intrapreso un percorso fuori dalle righe note, scombinando le tappe previste di un’esistenza che in molti definirebbero “normale”.

In effetti, quando la vita scorre regolare e sicura dentro gli argini delle abitudini, chi rompe gli schemi e si ritaglia alternative che non contemplano in prima battuta aspetti pratici come il denaro, il lavoro, la casa, viene spesso etichettato come uno spostato, fuori dai binari della convenzionalità accomodante e rassicurante del quotidiano predefinito. Ecco perché a volte, per raccontare certe storie, il punto di vista migliore è quello dei bambini, che sgusciano dai vincoli di una realtà imposta e con gli occhi incontaminati vedono cose che la maggior parte di noi non solo non scorge, ma nemmeno riesce più a immaginare.

Attraverso quegli stessi occhi il regista Jess Bianchi ha deciso di girare il film Given, che racconta la storia di questa famiglia speciale proprio con la voce narrante del figlio maggiore, Given. Una storia semplice che raccoglie l’eredità del nonno (il padre di Aamion) e fa quadrare il cerchio generazionale, narrata dagli occhi ingordi di esperienze viscerali di un bimbo di 6 anni, che segue i genitori in 15 diversi paesi del mondo mentre cavalcano le onde con i loro surf attraverso paesaggi che tolgono il fiato, non solo per il reverenziale rispetto con cui la telecamera spazia sulla magnificenza del Pianeta, ma anche per la piccola tenerezza dello sguardo che li osserva.

Follia? Forse, ma non necessariamente con una connotazione negativa: costruirsi una vita felice come un abito su misura è possibile, e probabilmente non è così difficile essere abbastanza ricchi da poterselo permettere. Loro sono una coppia delle Hawaii che ha scelto di vivere in viaggio, guadagnandosi da vivere con lavori saltuari e dando ai figli la possibilità di riempirsi gli occhi con tutta la bellezza che esiste al mondo. Profondamente convinti che less is more, che il poco è tanto quando sai riconoscerne il valore. E’ quell’educazione possibile resa realtà per i piccoli di casa, quella che con forza e costanza ti ricorda ogni giorno quanto contino nella vita le emozioni, le persone e un pizzico di avventura: un’educazione che si affaccia alla sua forma più pura, il viaggio di scoperta e di crescita al quale non servono riferimenti letterari ai grandi Bildungsroman della storia e della letteratura per acquisire credibilità.

Jess Bianchi ha seguito i Goodwin durante un intero anno, affascinato dalla sconcertante dolcezza di questa esperienza: “Given per me è stato un passaggio di conoscenza da padre a figlio tanto quanto lo è stato la ricerca di un nuovo modo per raccontare una storia. In tempi in cui il cinema è saturo di sesso non necessario, violenza e melodramma, Given ha rappresentato un’esplorazione, una ricerca dentro a un nuovo modo positivo di fare film. Ho scelto di proposito di evitare qualsiasi teatralità, con l’intento di coinvolgere e ispirare il pubblico a vedere film in modo diverso, con la speranza in questo caso di riuscire a trasmettere la saggezza che esiste negli occhi di un bambino quando ha vicino chi lo accompagna con amore.” Un progetto minimalista per un percorso di formazione che più ricco non si riesce a immaginare: con i propri cari vicino non si ha bisogno di molto e i protagonisti di questa esperienza alternativa di educazione al mondo ne sono convinti.

Fondamentale è dare ai propri figli lenti di milioni di colori per leggere la vita, regalare ai loro occhi una biodiversità mentale, culturale e sentimentale che possa contribuire a proteggerli dai limiti di una società chiusa e addormentata sulle proprie miserie esistenziali.

Non è da tutti né per tutti riuscire a superare i propri confini, liberarsi da impedimenti, paure e vincoli sociali e psicologici: ma capita a tutti di sentirsi inadatti alla vita ordinaria, di cercare qualcosa che dia senso ai giorni al di là dei limiti che contemporaneamente ci rassicurano e ci ostacolano. Se questa vogliamo leggerla come una storia di quelle che fanno sognare, possiamo farlo, ma non è certo una di quelle da rotocalco, anzi è di quelle che, come direbbe Aamion, meno parlano e più dicono, e più la gente ascolta. Una di quelle che racconti sottovoce, che fanno volare la mente e girare le ruote, che hanno il sapore della fantasia ma che, con un briciolo di incoscienza che motiva coraggio e determinazione, possono diventare in fretta realtà.

Anna Molinari