“Ciò che sta colpendo la gente è il capitalismo”: questa frase, pronunciata da un indio guarani, apre il documentario Martírio, dedicato dal regista Vincent Carelli alla resistenza dei popoli indigeni brasiliani, costretti a far fronte ad uno sterminio ormai quotidiano. La considerazione dell’indio risale al 1988, quando Carelli, che ha dedicato gran parte del suo lavoro militante alla causa indigena, aveva ripreso un’assemblea dei guarani-kaiowá. Martírio, per il cineasta indigenista, rappresenta un grido di dolore contro il genocidio storico degli indios brasiliani, di cui racconta le battaglie per il diritto alla vita e alla difesa delle terre da loro ritenute sacre.

Il lungometraggio inizia mostrando quell’assemblea del 1988 in cui i guarani-kaiowá discutono sui pericoli che minacciano il loro popolo. Probabilmente nemmeno loro avrebbero immaginato che i livelli di persecuzione sarebbero cresciuti, nei decenni successivi, a causa delle violenze dei signori dell’agrobusiness e delle grandi transnazionali, che da sempre hanno utilizzato squadracce private al loro servizio nella più totale impunità, sfruttando l’assenza e i ritardi dello Stato in quei territori. Nelle quasi 3 ore di documentario, caratterizzate inizialmente dall’uso esclusivo del linguaggio dei guarani, ad eccezione dei termini capitalismo, oro e pochi altri, emerge il profondo legame degli indios con la loro terra e la volontà di difenderla a qualsiasi costo. Carelli, dal suo archivio, tira fuori le immagini che denunciano i tentativi di integrazione forzata degli indios al sistema di lavoro comune, sottolinea l’utilizzo di intere comunità nel lavoro schiavo, denuncia il problema, mai risolto, dell’invasione dei territori indigeni, che lo stato e le grandi imprese intendono sviluppare ad ogni costo per far progredire il paese. Per gli indios l’unico modo per vivere è resistere, resistir para viver, in un contesto in cui, ogni giorno che passa, giunge la notizia di un nuovo assassinio brutale o di uno sgombero violento di una comunità i cui mandanti, di solito, sono gli uomini che siedono in Parlamento e appartengono allabancada ruralista, trasversale agli schieramenti politici. Nei palazzi della politica, ma anche tra lelobbies dell’agrobusiness, c’è un’ignoranza totale di fronte alla storia delle comunità indigene e, volutamente, la loro resistenza viene equiparata al “terrorismo”, come del resto hanno sperimentato sulla loro pelle anche gli stessi mapuche in Cile.

L’impegno dell’autore del documentario con gli indios brasiliani è totale, morale, etico, politico e affettivo. Nel 1986 Carelli produsse il progetto Vídeo nas aldeias, dedicato a mantenere vivo il patrimonio culturale indigeno attraverso la documentazione audiovisuale. Martírio rappresenta il secondo documentario di una trilogia iniziata nel 1985, quando Carelli raccontò la storia di un massacro di indios avvenuto nello stato di Rondônia e sarà seguito dal terzo lavoro, in fase di produzione, denominato Adeus, Capitão.

Tuttavia, nonostante il documentario-denuncia Martírio ed il costante lavoro di associazioni e movimenti che si occupano di far rispettare i diritti dei popoli indigeni, il futuro degli indios brasiliani sembra sempre più nero. Nel libro Amazônias em tempos contemporâneos: entre diversidades e adversidades, coordinato dall’antropologa Jane Felipe Beltrão e dalla ricercatrice Paula Mendes Lacerda e dedicato al patrimonio, alla diversità socio-culturale, ai diritti umani e alle politiche pubbliche nell’Amazzonia contemporanea, emerge il dramma dell’etnocidio e del genocidio degli indios. In Brasile, spiega Jane Felipe Beltrão, docente di Antropologia sociale all’Università di Brasilia, si pratica sia l’etnocidio, che tenta di omogeneizzare i popoli indigeni, sia il genocidio, quando gli indios vengono deliberatamente uccisi in occasione di sgomberi violenti della terra o di azioni di resistenza contro la costruzione di miniere o di centrali idroelettriche. Di fronte ad una narrativa ufficiale escludente e razzista, per gli indios diventa molto difficile anche tramandare la loro storia, affinché non se ne perda traccia. Inoltre, il progetto di società che prefigurano e, nei loro territori, mettono in pratica le comunità indigene, è radicalmente alternativo quello adottato dallo Stato che, proprio per questo motivo, intravede nella società india una minaccia alla costruzione della società nazionale.

La sfida più grande, per gli indios, sta nel cacciare le elites dal potere e battersi per un nuovo modello di società, dove sia davvero riconosciuto il diritto alla consulta previa, ad esempio nei casi in cui delle grandi opere vengano ad impattare nei loro territori. Le grandi imprese non si fermano di fronte alla possibilità di sfruttare al meglio le risorse del territorio, ma , si chiede provocatoriamente Jane Felipe Beltrão, cosa succederebbe se venisse costruita una centrale idroelettrica di fronte a luoghi simbolo della cristianità o dell’Islam? In Brasile il contestato progetto della diga di Belo Monte avverrà sul fiume Xingu, ritenuto sacro dagli indios, ma lo Stato non si è fatto alcuno scrupolo.

 

Il trailer di Martírio, di Vincent Carelli:

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