Ci son numeri che pesano. Come macigni, e molto più di altri. Qualche esempio? Eccolo: 1.036 negozi, 186 esercenti convenzionati alla card, 13.073 consumatori a sostegno, 36 marchi certificati, 184 scuole coinvolte nella formazione antiracket, 3.538 messaggi di solidarietà giunti da ogni parte del mondo. Sono questi i numeri di “Addiopizzo”. Una storia lunga tredici anni e nata dalla voglia di chi, a Palermo, desiderava semplicemente aprire un locale. Erano giovani, tutti amici. Insieme si sono fatti una domanda: «Quale può essere il prezzo da pagare se la mafia dovesse chiederci il pizzo?». Quella delle estorsioni, in città, non è solo un’ombra lunga. Ma un vero e proprio incubo. Così questi ragazzi decisero di passare dalle parole ai fatti. Lo facero con un’azione pubblica, diffondendo lungo le strade questo messaggio: «Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità».

Da quel momento è nato un movimento (prima) e un manifesto (poi). Così, a quattro anni da quella manifestazione di legittimo dissenso, in città nasce il primo punto “pizzo-free”. I primi imprenditori a metterci la faccia (prima ancora che il nome) sono stati Fabio Messina e la moglie Valeria di Leo. Una certificazione, quella attribuita al loro negozio, che non è stata assegnata solo per riconoscere l’impegno e il coraggio. No, quel “bollino” ci dice che nel negozio di Fabio e Valeria si vendono solo ed esclusivamente prodotti di artigiani e commercianti che si sono ribellati pubblicamente al racket delle estorsioni. È la certificazione di un circuito virtuoso. Tant’è che che altri, proprio come hanno fatto loro, hanno ricalcato le stesse impronte scegliendo di schierarsi dalla parte della legalità.

E così, dopo aver organizzato la dodicesima edizione della Festa del consumo critico nel maggio scorso e proseguendo nell’investimento collettivo per piazza Magione per la riqualificazione del territorio (qua è stato realizzata l’area giochi), l’associazione Addiopizzo ha da poco celebrato i suoi 13 anni di attività. E lo ha fatto con queste parole. «La strada era ed è il mezzo, l’unica via possibile, per continuare a essere quello che siamo. Se non ci fossimo spinti, nonostante la fatica, sulla strada, e per strada, non avremmo potuto continuare a costruire, attraverso l’incontro con gli altri, un percorso che cambia e trasforma, che rende possibile nuovi percorsi e disegna storie nuove. L’unico percorso che per noi possibile» si legge sul sito di Addiopizzo.

«E così gli incontri in strada hanno l’intelligenza, il desiderio e la speranza dei commercianti che con noi maturano il coraggio di denunciare, dei bambini e delle bambine e dei ragazzi e delle ragazze che hanno giocato e giocano sul prato di piazza Magione, condividendo con noi quel progetto. Hanno gli occhi e il cuore degli operatori, degli insegnanti, delle associazioni che hanno costruito il patto per far vivere spazi collettivi come la palestra e attorno a essa una comunità educante; hanno la testa e l’anima dei cittadini, degli artisti, dei commercianti che hanno reso viva e partecipata la festa di maggio in una strada, via Maqueda, soggetto di una straordinaria trasformazione. Sono tante le strade. Strade che continuano e cammini che ricominciano. E poi ci siamo noi. Noi che camminiamo con voi».

Gianluca Testa da Buonenotizie.corriere.it

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