“Ancora una volta la Casa Bianca ha pubblicato un rapporto di intelligence ovviamente falso, fuorviante e dilettantesco”…
E’ legittimo pensare che anche quello esibito dalla Francia cerchi di aiutare il presidente Donald Trump.

 

Il 26 aprile la stampa francese ha riferito su un rapporto dei servizi segreti francesi che conferma l’uso di armi chimiche in Siria il 4 aprile (vedere il testo completo su Huffingthon Post). Abbiamo letto su Le Monde che “Le prove raccolte dai servizi francesi completano quelle degli americani e gli deinglesi. Esse sono schiaccianti contro Assad, anche se non dimostrano un ordine diretto del dittatore siriano, unico vero padrone di un arsenale chimico che, quindi, non era stato totalmente distrutto nonostante i suoi impegni”. La reazione prevedibile della Siria è giunta 24 ore più tardi (vedi Express). Si noti che l’annuncio di “prove inconfutabili contro la Siria” da parte della Francia è stato fatto pochi giorni prima del primo turno delle elezioni (vedi le dichiarazioni del capo della diplomazia del 19 Aprile 2017 su Le Parisien).

Breve ricordo di un episodio analogo vissuto nel 2013-2014

Ricordiamo che nel libro “I sentieri di Damasco”, pubblicato in Francia nel 2014, si precisa come sono scritti alcuni rapporti sulla Siria da parte dei servizi di intelligence: “Gli informatori avevano sollevato molte questioni nelle loro relazioni circa eventi che non erano stati in grado di verificare, come l’uso di gas sarin. Una delle ipotesi fatte da informatori nelle loro relazioni era: “E’ possibile che bombardamenti convenzionali dell’esercito siriano su un laboratorio clandestio dei ribelli abbia causato una fuga di gas”. Ma questa conclusione è stata puramente e semplicemente tagliata nella redazione finale” (vedi comunicato stampa di Sabah Ayoub pubblicata su Le Grand Soir). In un commento a quella pubblicazione, l’autore inizia affermando che: “Il libro ‘Il percorso di Damasco’, pubblicato pochi giorni fa, ha causato uno scandalo, rivelando fatti segreti su come la Presidenza francese ha costretto il corpo diplomatico e i servizi segreti a sottomettersi alla decisione politica di rovesciare Assad, e a manipolare i rapporti sulle armi chimiche e sulla reale potenza del regime siriano“.

Si noti inoltre che, più recentemente, i servizi segreti israeliani e francesi hanno ostentato una cooperazione molto stretta in materia di armi chimiche in Siria, come l’operazione “Ratafià presentata da Le Monde a marzo 2017.

La ‘certezza’ degli Stati Uniti, fondamento per un attacco aereo illegale secondo il diritto internazionale

Come è noto, in rappresaglia per il bombrdamento con sostanze chimiche avvenuta a Khan Cheikhoun il 4 aprile, causando la morte di 87 persone, gli Stati Uniti hanno ordinato due giorni dopo il bombardamento della base di Al Chayrat da dove erano partiti, secondo il Dipartimento di Stato, l’aereo o gli aerei delle forze siriane. Questa operazione militare degli Stati Uniti costituisce una flagrante violazione della Carta delle Nazioni Unite. Per un’analisi strettamente giuridica, ci riferiamo a quella del professor Marko Milanovic (Università di Nottingham) dal titolo “Il chiaramente illegale attacco missilistico USA in Siria” pubblicato su EJIL-Talk. In una analisi più recente pubblicata in Belgio leggiamo che il diritto internazionale:

“… non riconosce alcun diritto unilaterale di intervento umanitario. Allo stesso modo, la “responsabilità di proteggere”, sancita dai membri delle Nazioni Unite nel 2005, non consente ad uno Stato di bombardare il territorio di un altro Stato senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, neppure se questi bombardamenti hanno lo scopo di proteggere popolazioni civili minacciate dal proprio governo. Gli attacchi del 6 aprile non hanno quindi alcun fondamento nel diritto internazionale. Essi devono essere considerate illegali” (si veda l’articolo Nabil Hajjami, docente presso l’Università Paris Nanterre (CEDIN) dal titolo “Gli attacchi militari USA in Siria del 6 Aprile 2017 – Quali implicazioni di diritto internazionale? “).

Una recente analisi del ricercatore Chris O’Meara, pubblicata su EJIL-Talk col titolo “Attacchi missilistici USA in Siria: la Legge Internazionale può permettere ad una forza unilaterale di proteggere i diritti umani?”, identifica il rischio di deriva di interventi unilaterali chiamati “umanitari”. Vi leggiamo, tra l’altro: “… L’articolo 2 (4) soffre di gravi strappi nel mondo post 11/9 e ulteriori eccezioni porebbero solo mettere in pericolo la pace e la stabilità internazionale. Basta considerare come il Presidente Putin ha citato l’azione della NATO in Kosovo come un precedente per interferire in Ucraina, affermando che era una ‘missione umanitaria’. Questo dimostra il pericolo di stabilire precedenti in fatto di azione umanitaria e il rischio che un simile ‘diritto’ venga usato come pretesto per comportamenti aggressivi e illegali. Pertanto non bisognerebbe invocarlo per colmare un difetto di responsabilità o di applicabilità. Rispondere alla violazione di una fondamentale regola internazionale con la violazione di un’altra sarebbe un passo indietro nello sviluppo del diritto internazionale”.

Va tenuto in debito conto il fatto che i partner degli USA non abbiano condannnato categoricamente questa decisione unilaterale del Presidente Donald Trump. Nel suo intervento al Consiglio di Sicurezza, il rappresentante della Francia ha perfino pensato bene affermare che: “Codesta operazione degli Stati Uniti è stata una risposta legittima a un omicidio di massa che non poteva restare impunito. Bashar Al-Assad, come abbiamo detto e ripetuto, ha la piena responsabilità di questa conseguenza” (vedi testo integrale del verbale della riunione del 12 aprile 2017, S7PV.7922, p. 4).

Come è noto, “punire” e evitare che crimini possano “restare impuniti” sono termini precisi del diritto penale internazionale, che fornisce una serie di meccanismi per queste fattispecie. Per quanto riguarda le violazioni, commesse in Siria, del diritto internazionale umanitario e delle norme in materia di diritti umani, un meccanismo speciale è stato creato tramite una risoluzione adottata dall’Assemblea generale il 21 dicembre 2016 (vedere la nostra nota in proposito). Questo nuovo meccanismo si aggiunge a quello creato dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite nel 2011 (vedere il sito ufficiale della Commissione Internazionale Indipendente sulla Siria).

In tutte le nostre belle facoltà di legge, si insegna che il diritto internazionale pubblico esclude l’uso unilaterale e “punitivo” della forza armata di uno Stato contro un altro Stato, fin dal 1945. Tuttavia, sembra che, per l’occasione, gli Stati Uniti e la Francia ritengano che le cose siano un po’ cambiate da quando fu firmata la Carta delle Nazioni Unite. A questo proposito, abbiamo avuto l’occasione di segnalare la strana convergenza di punti di vista tra gli Stati Uniti e la Francia quando fu adottata la risoluzione 2249 del Consiglio di Sicurezza nel novembre 2015 dopo gli attentati a Parigi, concludendo che: “la strategia nordamericana nella sua “guerra contro il terrorismo” sembra avere nuovi adepti in Francia, anche se i suoi fallimenti sono ampiamente conosciuti. Su questo punto, la riconciliazione non è solo frutto di concordanza pirituale: il primo diplomatico straniero che visitò personalmente il Palazzo dell’Eliseo dopo gli attentati di Parigi è il segretario di Stato Usa John Kerry, il 17 novembre; la prima visita all’estero del presidente François Hollande dopo quegli attacchi è stata fatta il 24 Novembre al suo omologo a Washington” (vedere la nostra nota “attacchi a Parigi: osservazioni critiche circa la risoluzione 2249 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, Sentinel-IRFS, Bulletin 454 del 29 novembre 2015).

La discussione in seno al Consiglio di Sicurezza: dalla certezza di alcuni all’incertezza collettiva

Nonostante le affermazioni categoriche fatte dal rappresentante della Francia per quanto riguarda il coinvolgimento diretto delle autorità siriane, si segnala che nel corso della medesima riunione del Consiglio di sicurezza del 12 aprile, la Francia (con gli Stati Uniti e il Regno Unito) aveva presentato un progetto di risoluzione che condannava l’uso “che sarebbe stato fatto” di armi chimiche in Siria (vedi il testo della proposta di risoluzione che ottenne solo dieci voti a favore, due contrari (tra cui quello di Russia) e tre astensioni (tra cui quello della Cina). Questa differenza merita di essere segnalata, e ci si può chiedere quanti voti favorevoli avrebbe riscosso se il testo fosse stato così categorico come erano stati i tre rappresentanti nei loro rispettivi discorsi. Il ​​disagio di alcuni rappresentanti, come quello dell’Uruguay, che approvarono pur senza troppa convinzione, si intravede quando spiega che:

“I privilegi che distinguono alcuni membri del Consiglio richiamano una frase dal romanzo di George Orwell “La fattoria degli animali”, in cui si dice che alcuni animali sono più uguali degli altri. Questo squilibrio legale ma illegittimo fa sì che molti membri si trovano a dover scegliere il male minore tra le opzioni loro presentate” (vedere verbale S/PV.7922, pag. 11 ).

Rinviamo il lettore alla nostra nota pubblicata in spagnolo in ius360, sulla posizione di due Stati latinoamericani membri del Consiglio di Sicurezza: gli allegati del testo si riferiscono alla proposta di risoluzione russa e ai progetti “E-10” e “P-3” fatti circolare nel Consiglio di Sicurezza il 5 aprile 2017 nel corso della riunione urgente sulla Siria. Pochi commentatori si sono interessati al testo russo, ed era ben differente il tono della proposta “E-10” (presentata dagli Stati aggiunti) e “P-3” (presentata dai membri permanenti USA, Francia e Regno Unito). La principale differenza tra queste ultime due proposte sta nel Paragrafo 5 che pretendeva dalla Siria informazioni militari che uno Stato raramente condivide con altri Stati.

Per quanto riguarda, infine, il testo presentato e votato nella riunione del 12 aprile (una versione a malapena rielaborata della proposta “P-3”) ci si sente in diritto di chiedere se sia normale vedere il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condannare “con la più forte fermezza l’impiego che sarebbe stato fatto di armi chimiche” (paragrafo 1); e più in generale, condannare azioni “che sarebbero state fatte”. Su questo punto, una rapida ricerca sul web di simili espressioni da parte del Consiglio di Sicurezza reperisce solo la citata proposta del 12 aprile, ma resta il beneficio del dubbio. Ringraziamo in anticipo i nostri lettori e ricercatori se riferiranno una qualsiasi precedente risoluzione del Consiglio di sicurezza che abbia condannato “con la massima fermezza” cose che sarebbero state fatte.

La certezza degli Stati Uniti passata al setaccio

Un rapporto dei servizi di intelligence degli Stati Uniti per giustificare l’azione militare contro la Siria (vedere il testo completo) è stato analizzato da uno specialista, Theodore Postol, professore al MIT-Massachusetts Institute of Technology. Nella sua analisi (vedere testo pubblicato da GlobalResearch) si legge che:

“Abbiamo di nuovo una situazione in cui la Casa Bianca ha pubblicato un rapporto di intelligence ovviamente falso, fuorviante e dilettantesco”.

 In un addendum del 13 aprile (vedere testo), lo scienziato conclude la sua analisi in tal modo: “Concludo pertanto che è necessaria un’indagine completa su questi fatti che o hanno fuorviato le persone alla Casa Bianca o, peggio ancora, sono stati perpetrati da persone con l’intento di forzare decisioni che non erano giustificate dal citato rapporto. Questa è una questione seria e non dovrebbe essere lasciata irrisolta”.

Si noti che nel 2013 un rapporto “inquietante” del MIT aveva pure messo in dubbio le certezze degli Stati Uniti e della Francia, e Laurent Fabius aveva evitato di rispondere a una domanda altrettanto “inquietante” di uno studente apparentemente molto ben informato (vedi articolo su Le Point).

Pressioni sull’OPAC perché faccia dichiarazioni prima di qualsiasi indagine in situ

Il 19 aprile 2017 gli investigatori dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC), senza inviare una missione in loco (richiesta fin dal 5 aprile dalla Russia nella sua proposta di risoluzione), avevano concluso per l’impiego “inconfutabile” di gas sarin o di una sostanza simile. Su questa recente vicenda, insolita perché l’OPAC richiede diversi mesi per fare una indagine in Siria, vi rimandiamo alla nostra nota pubblicata su Pressenza: “Senza alcuna ispezione in situ, l’OPAC conferma l’esposizione a Sarin nell’esplosione avvenuta in Siria il 4 aprile”.

Ora, in un rapporto del 24 aprile 2017 -che non è stata oggetto di alcun comunicato stampa- si legge che l’OPAC ha dispiegato una Missione di Inchiesta Fattuale (MIF): “La MIF sta attuando interviste, gestione di prove, e acquisizione di campioni. Una prima relazione intermedia dovrebbe essere completata nelle prossime settimane, quando sarà presentata agli Stati interessati e condivisa con il JIMOPCW-United Nations Joint Investigative Mechanism” (rapporto, punto 19).

Indici, informazioni, dubbi, piste, ipotesi o certezze di qualcuno devono essere tradotti in seno a un meccanismo di verifica internazionale sul posto, dovendo stabilire con precisione il tipo di sostanze chimiche, la loro esatta origine e il meccanismo attivato​​al momento dell’esplosione. Si tratta di un processo lungo, e si può restare sorpresi dalla velocità con la quale il Direttore Generale dell’OPAC ha comunicato i risultati preliminari il 19 aprile scorso (in coincidenza con l’annuncio di “prove inconfutabili” da parte del capo della diplomazia francese sopracitato, riguardante il coinvolgimento delle autorità siriane).

Bisogna sapere che le indagini in Siria da parte dell’OPAC normalmente prendono un po’ di tempo: per esempio l’ultimo rapporto presentato al Consiglio di Sicurezza sul presunto impiego di armi chimiche in Siria è di gennaio 2017: vedere la lettera del dicembre 2016 di trasmissione del rapporto della missione di accertamento dei fatti condotta dall’OPAC in Siria su un incidente del 2 agosto 2016, disponibile qui. Al punto 18 delle conclusioni si afferma che:

Nessuna delle sostanze chimiche individuate è probabile che sia la causa della morte delle vittime nell’incidente. La Metildietanolamina è un precursore dell’Iprite, ma è anche presente in alcuni detergenti commerciali. Non erano visibili nelle vittime segni di esposizione al gas Iprite”.

 Durante la battaglia di Aleppo nel novembre scorso è stata ordinata un’inchiesta dell’OPAC sull’uso di gas Iprite, e si attendono ancora i risultati. Più in generale, rimandiamo al sito ufficiale dell’OPAC per il lavoro svolto in Siria, dove sono pubblicati vari rapporti, richieste, documenti ufficiali e comunicati stampa dal 2013 ad oggi.

Una volta identificata una o più sostanze chimiche e la loro origine, le prove che permettono di attribuire il loro uso sono un punto di maggiore difficoltà. Ci sono molte possibilità d’utilizzo di sostanze chimiche da parte dei vari soggetti coinvolti direttamente o indirettamente nel conflitto in Siria dal 2011. Vale la pena ricordare che l’OPAC è stata creata sotto la “Convenzione per il divieto di sviluppo, produzione, stoccaggio e uso di armi chimiche e per la loro distruzione“, firmata a Parigi nel 1993 ed entrata in vigore nel 1997. Questa convenzione multilaterale è stata ratificata da 192 Stati (tra cui Siria, che l’ha ratificata nel 2013). Nel 2014, le squadre dell’OPAC hanno concluso il loro lavoro in Siria e le scorte di armi chimiche possedute dall’esercito siriano erano state ufficialmente distrutte. Si noti che l’unico Stato membro delle Nazioni Unite che non ha ratificato questa convenzione è Israele (vedere l’elenco ufficiale sullo stato delle firme e delle ratifiche).

Conclusione

Il rapporto dei servizi segreti di Francia, pubblicato tre giorni dopo il primo turno delle elezioni generali, attribuisce direttamente alle autorità siriane l’uso di sostanze chimiche contro i gruppi ribelli a Idlib il 4 aprile scorso, e scarta qualsiasi altra ipotesi. Ammettere per un momento che le autorità siriane non fossero direttamente responsabili di quella esplosione sarebbe ovviamente stat una doccia fredda, vista l’insistenza con cui la Francia dal 4 aprile afferma il coinvolgimento diretto delle autorità siriane. Come è noto, i rapporti dei servizi segreti non sono documenti pubblici. Quando sono resi pubblici, è molto spesso per giustificare la posizione di uno Stato. Data la qualità relativa del rapporto prodotto dai Servizi segreti degli USA è legittimo pensare che anche quello esibito dalla Francia cerchi di aiutare il presidente Donald Trump.

L’articolo originale si trova sul sito del nostro partner

Traduzione dal Francese di Leopoldo Salmaso