Nel nostro paese il diritto alle cure è stabilito dall’art.32 della Costituzione, che riconosce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Eppure nella pratica sempre più persone – italiane e straniere – oggi incontrano barriere nell’accesso ai servizi sanitari.

Negli ultimi mesi, EMERGENCY, insieme ad ASGI, ha ottenuto un importante risultato al riguardo: recentemente, infatti, si è concluso positivamente il procedimento giudiziario sul rifiuto di accesso alle cure affrontato dal Tribunale di Ravenna.

Con l’ordinanza del 28 febbraio scorso, il Tribunale di Ravenna ha affrontato un caso che non risulta avere precedenti in Italia, in un contesto in cui il rifiuto di prestazioni sanitarie essenziali, espressamente garantite dalla legge, è un problema sempre più frequente su tutto il territorio nazionale.

L’articolo 35 del Decreto Legislativo 286/98, ricordano ASGI ed EMERGENCY, che hanno seguito la vicenda, garantisce ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno, le cure ambulatoriali e ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, con particolare riguardo alla profilassi, alla diagnosi e alla cura delle malattie infettive.

Il ricorso riguardava Tamara*, una donna ucraina che vive e lavora in Italia da tanti anni, affetta da una patologia degenerativa alle articolazioni delle gambe. A seguito di un peggioramento del suo stato di salute, Tamara si è rivolta a due strutture pubbliche, a Ravenna e a Lugo, per ricevere assistenza sanitaria. Entrambe le hanno negato la possibilità di essere operata a carico del servizio sanitario nazionale, ritenendo tale operazione, seppur urgente, una prestazione di tipo programmabile, che quindi non rientrava tra le cure “salvavita”.

Tamara si è rivolta all’unità mobile di EMERGENCY a Bologna, che fino allo scorso dicembre ha offerto servizi di orientamento socio-sanitario alle fasce vulnerabili della popolazione. Nonostante ripetute richieste di EMERGENCY e una formale diffida, la struttura sanitaria non ha riconosciuto un’evidenza che, invece, il giudice ha colto immediatamente: la legge garantisce espressamente le cure essenziali, urgenti e continuative– cioè volte ad evitare l’aggravamento o la cronicizzazione della malattia – a tutti, nessuno escluso.

Preoccupa molto che, a sostegno di questo come di molti altri rifiuti illegittimi e a dispetto della tutela della salute garantita a tutti dall’art.32 della Costituzione, vengano invocate esigenze di tutela del bilancio della spesa sanitaria e persino della salute dei cittadini, intendendo far credere che l’erogazione delle cure essenziali agli immigrati irregolari andrebbe a “impoverire” le cure prestate alla generalità della popolazione”, afferma l’avvocato Marco Paggi (ASGI), che ha seguito il caso: “Si sappia, invece, come sia ormai univocamente riconosciuto e puntualmente contabilizzato che gli stranieri residenti in Italia contribuiscono economicamente alla spesa sanitaria in proporzione superiore rispetto ai cittadini italiani, pure considerando le spese specificamente sostenute per gli irregolari; semmai, quindi, gli immigrati sono nel loro insieme e quali contribuenti non già un peso, bensì una risorsa per il nostro sistema sanitario”.

Peraltro, è pure noto che il rifiuto di prestazioni sanitarie essenziali non può che generare successivi ricoveri degli stessi pazienti in condizioni peggiori, quando diventano casi di pronto soccorso, producendo così maggiori costi assistenziali, oltre all’aggravamento della salute.

Il nostro sistema sanitario, la nostra civiltà e la nostra legislazione, a partire dall’art.32 della Costituzione, non lasciano alcuno spazio ad approcci ideologici al diritto alla salute; confidiamo pertanto che vengano impartite chiare disposizioni presso tutte le strutture sanitarie, per portare a conoscenza le disposizioni vigenti e fornire chiare istruzioni operative sull’accesso alle prestazioni essenziali per gli immigrati irregolarmente soggiornanti. Per evitare di dover ancora chiedere al giudice ciò che l’etica, prima ancora della legge e la legge stessa impongono a ogni sanitario.

*Per la privacy della paziente si è scelto di utilizzare un nome di fantasia