Il Kenya ospita oltre mezzo milione di rifugiati, almeno 330.000 dei quali sono somali. Di questi, circa 260.000 si trovano nel campo di Dadaab, il più grande del mondo.

Doveva chiudere il 30 novembre, per ragioni di sicurezza (negli ultimi tre anni il paese è stato colpito da gravissimi attentati rivendicati dal gruppo armato somalo al-Shabaab), economiche e ambientali e per la mancanza di assistenza da parte della comunità internazionale.

Il 16 novembre il governo del Kenya ha annunciato un rinvio di sei mesi.

Sei mesi che danno un po’ di respiro a persone che, in due settimane, avrebbero dovuto decidere se andarsene “volontariamente”, con un piccolo incentivo economico e con un passaggio su un pullman fino alla frontiera della Somalia, o andarsene con la forza, a piedi e coi figli sulle spalle.

Andarsene, ossia tornare in un paese devastato da oltre 20 anni di conflitto. Gli scontri tra le forze governative, sostenute dalle truppe dell’Unione Africana e i combattenti di al-Shabaab hanno causato gravissime violazioni dei diritti umani ai danni della popolazione civile e la devastazione dei servizi e delle infrastrutture di base.

A questo va aggiunto che la Somalia, che attualmente deve fare i conti con oltre 1.100.000 profughi interni, non ha le risorse necessarie per affrontare un rientro su larga scala di rifugiati da Dadaab. Si registra un’acuta scarsità di rifugi, strutture mediche ed educative.

La mancanza del sostegno internazionale al Kenya, che si manifesta con l’insufficiente finanziamento dei programmi umanitari e le scarse opportunità di reinsediamento per i rifugiati più vulnerabili, ha contribuito alla tremenda situazione in cui si trovano gli abitanti di Dadaab. Il Kenya è uno dei 10 paesi che ospitano più della metà dei 21 milioni di rifugiati del mondo.

Qualche numero rende bene l’idea. Al 31 ottobre 2016, l’appello dell’Unhcr per un finanziamento di 272 milioni di dollari era stato coperto appena per il 38%.

In tutto, 5.001 rifugiati sono stati reinsediati dal Kenya, oltre 3.500 dei quali negli Usa. Solo 671 rifugiati vulnerabili sono stati reinsediati nei paesi dell’Unione Europea. Nel 2016 vi sono state finora 1.648 partenze verso gli Usa e 118 verso i paesi dell’Unione Europea.

Non è tutta colpa del Kenya, dunque. Ma il governo del paese africano, insieme alla comunità internazionale, ha il dovere di usare questi sei mesi per trovare una soluzione sostenibile e di lunga durata, rispettosa dei diritti e della dignità degli abitanti di Dadaab.