Nel 2015 Roberto Perotti ha collaborato con il governo italiano. Nel 2016 ha deciso di pubblicare un libro per sintetizzare e raccontare le sue esperienze degli ultimi anni: “Status Quo. Perché in Italia è così difficile cambiare le cose” (Feltrinelli, 195 pagine, euro 16).

 

Perotti è un economista che ha lavorato con le grandi istituzioni internazionali e indubbiamente analizza in maniera molto approfondita molti fenomeni, come “l’effetto distorsivo” delle tasse: “più alta è l’aliquota, minore è l’inventivo a lavorare e a investire in nuove imprese, e minore il Pil. Questo effetto è sempre presente (anche se nessuno sa quanto forte sia effettivamente), ma un alto debito pubblico lo acuisce perché l’effetto distorsivo è tanto più forte quanto più alte sono le aliquote delle tasse” (necessarie per pagare gli interessi sul debito).

A questo fattore economico si somma l’invecchiamento della popolazione italiana: le persone anziane rallentano le comunicazioni e gli spostamenti. E una classe dirigente anziana rallenta lo sviluppo di una nazione. In Italia i dirigenti pubblici e privati hanno circa 15 anni in più rispetto alla media europea. Oltretutto siccome si reca alle urne quasi il 70 per cento delle persone anziane e solo la metà di quelle giovani (circa il 35 per cento), alla fine le politiche economiche vengono decise per favorire gli interessi delle persone che campano di rendita e delle persone anziane di tutte le categorie che sono quelle che portano più voti ai partiti tradizionali (Federico Fubini).

Però bisogna sottolineare che Perotti si è dimesso dalla carica di addetto alla revisione della spesa dopo poco più di un anno di collaborazione. Le dimissioni non sarebbero dovute alle problematiche nate dallo studio sulla riduzioni delle innumerevoli agevolazioni fiscali (una vera “bomba politica”). Perotti riteneva “che si dovesse mantenere l’impegno di tagliare la spesa di 10 miliardi, e possibilmente anche di più, e destinare il risparmio a un ulteriore taglio delle tasse”. Del resto l’economista della Bocconi era anche favorevole “all’aumento del disavanzo rispetto agli impegni iniziali con l’Unione Europea, dall’1,1 per cento al 2,5 per cento del Pil” (p. 182).

Comunque in ultima analisi il Presidente del Consiglio italiano negli ultimi anni è sempre stato il prestanome ideale per gli affari finanziari delle grandi banche americane, che dal mese di luglio del 1981 ci salassano con il pagamento degli interessi sul debito pubblico, dopo la separazione del Tesoro dalla Banca d’Italia (tutti gli italiani purtroppo pensavano alle vacanze e alla bella vita). L’Italia è la migliore colonia finanziaria degli Stati Uniti d’America. I dirigenti e i dipendenti delle banche americane dovrebbero venire più spesso in Italia in vacanza, almeno per riportare a casa almeno una minima parte dei soldi che hanno guadagnato con un lunga serie di affari troppo facili.

 

Roberto Perotti ha sviluppato una lunga carriere accademica negli Stati Uniti. Ora è professore di Economia politica all’Università Bocconi. È stato consulente della Banca Mondiale, della Inter-American Development Bank, del Fondo monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e della Banca d’Italia. Nel 2008 ha pubblicato L’università truccata (Einaudi). Per approfondimenti video: www.youtube.com/watch?v=ERYv37hQFH8 (intervista sul libro, settembre 2016); www.youtube.com/watch?v=Vu9Auww29l8 (le motivazioni delle dimissioni, novembre 2015).

 

Nota  – Potete girare a piedi, in bicicletta o in auto in Liguria o in Romagna per avere la possibilità di capire meglio la questione di come una grande percentuale di anziani può rallentare e bloccare le comunicazioni e i movimenti anche con una popolazione molto attiva. Inoltre se un ente è inutile, per limitare i danni “si possono tagliare i finanziamenti diversi dai salari e dagli stipendi, si può non sostituire chi va in pensione… Negli anni ottanta l’Irlanda risanò il settore pubblico usando i prepensionamenti, e quello fu l’inizio del loro miracolo economico” (p. 126).

Nota personale – Anche molti Comuni italiani hanno fatto molti debiti con i derivati, che per legge nei paesi anglosassoni non possono essere venduti a enti pubblici. Per questo motivo molti Comuni hanno abbassato i limiti di velocità, hanno aumentato il telecontrollo dei limiti di velocità e hanno sguinzagliato un esercito di ausiliari del traffico con la facoltà di fare le multe come la polizia municipale nei parcheggi. Il risultato finale è che molti cittadini sono rimasti senza soldi da spendere nei circuiti dell’economia normale. Qualche economista dovrebbe mettersi a studiare bene questa cosa. Magari a partire dalle città di Faenza e di Bologna dove sono quasi scomparsi i parcheggi liberi, che per legge non dovrebbero essere così scarsi come invece sono diventati. Ad esempio a Bologna le strisce blu hanno invaso anche le stradine più piccole dei quartieri più periferici.

Nota impressionante – “La spesa totale per cinema, ippica, editoria e bonus cultura è di quasi 1,3 miliardi, di cui circa 600 milioni sono stati aggiunti nel 2016; la spesa addizionale del 2016 contro la povertà è di 1,2 miliardi. Questo semplice confronto la dice lunga sul problema principale della spesa pubblica italiana: la mancanza di priorità e di un approccio globale. C’è qualcosa che non va se in un periodo di recessione e aumento della povertà per milioni di persone, soprattutto tra i giovani, si decide di raddoppiare i sussidi a un settore già enormemente sussidiato come il cinema o continuare a sovvenzionare un settore senza prospettive come l’ippica” (p. 101). Inoltre tra gli otto tipi di sussidi dell’Inps, ben 5 miliardi di euro vengono erogati ogni anno a persone appartenenti al 30 per cento delle famiglie più ricche d’Italia”, poiché le valutazioni prendono in esame solo il reddito individuale e non quello familiare (p. 120).

Nota finale – Naturalmente Perotti sottolinea le basi multifattoriali delle problematiche italiane: “pigrizia intellettuale, mancanza di informazione sui problemi, formalismo giuridico senza molta preoccupazione per i risultati, disorganizzazione, disinteresse dei vertici sui dettagli, e la colpevole illusione che a piccole misure possano corrispondere grandi effetti. E poi la regola aurea della politica: mai toccare i privilegi esistenti”. Ovviamente a tutte queste cose va aggiunta l’ipocrisia.