Mobbing, è un saggio chiaro e sintetico della psicologa Dina Guglielmi che prende in esame le situazioni lavorative molto critiche, in cui le persone provano delle grandi sofferenze psicologiche (il Mulino, 2015, 135 pagine, euro 11).

 

Il termine mobbing può essere usato “per denunciare condizioni terribili e disumane” o “per segnalare un comportamento improprio” ma non classificabile come mobbing. In altri casi alcune persone cercano di ottenere delle condizioni vantaggiose da una situazione negativa transitoria.

L’ambiente di lavoro può originare una forma di mobbing di natura organizzativa, oppure forme più psicologiche legate alle dinamiche di gruppo o a quelle individuali. A volte il mobbing può mescolarsi alle molestie sessuali. I fenomeni relazionali comprendono soprattutto l’isolamento fisico o sociale, la maldicenza e le aggressioni verbali. Si tratta di una gamma di comportamenti vecchi come il mondo, che hanno assunto una nuova denominazione più specifica, di carattere sociologico e legale. Oggi il progresso emotivo e sociale ha imposto dei nuovi standard di relazione professionale.

In genere “Quelli che negli animali sono comportamenti vessatori ben visibili e connotati come aggressione e attacco fisico, nel mobbing “umano” diventano meno percettibili; le azioni, tranne casi rari, non sono di natura fisica, e prese singolarmente, in assenza di un disegno complessivo volto a danneggiare la vittima, spesso possono caratterizzare la normale vita lavorativa (un trasferimento di stanza, compiti al di sotto o al di sopra delle capacità, isolamento da parte di altri gruppi). È quindi la combinazione, protratta nel tempo, di azioni vessatorie e intenzionalità a caratterizzare il mobbing nell’ambiente di lavoro” (p. 10).

In definitiva si può parlare “di mobbing quando una persona sul luogo di lavoro viene tormentata, vessata, offesa, deresponsabilizzata da colleghi, superiori o sottoposti. Non si parla di mobbing nei casi in cui l’episodio si verifichi occasionalmente, né quando le due parti in conflitto siano di eguale forza” (p. 12). Quindi il mobbing è una forma di aggressione psicologica nei confronti di una persona che non può difendersi, che viene protratta nel tempo e che di solito aumenta di intensità, con lo scopo finale di far allontanare la vittima dal suo posto di lavoro o dall’azienda.

Nel Regno Unito in molti casi si parla di bullying at work, cioè di bullismo nel mondo del lavoro, anche se il mobbing si può meglio definire come una forma di molestia psicologica o di tortura psicologica più o meno indiretta. Infatti le ricadute sulla salute psicofisica possono essere molto pesanti: attacchi di ansia incontrollati e ripetuti, crisi depressive profonde e prolungate, insonnia, fino ad arrivare a disturbi psicosomatici quasi permanenti che necessitano di una psicoterapia.

In Italia, rispetto a molti paesi europei, la diffusione del mobbing sembra limitata. Ma le nostre statistiche potrebbero essere influenzate dal fatto che molte persone hanno paura di denunciare molte azioni sgradevoli per paura di peggiorare la loro situazione lavorativa (solo l’otto per cento dichiara di essere stato mobbizzato). Comunque i fenomeni legati al mobbing risultano più diffusi a danno delle donne e in tre settori: nei trasporti e in ambito educativo e sanitario. Forse l’incidenza del fenomeno dipende dai livelli gerarchici coinvolti, dalla grandezza delle aziende coinvolte e dalla variabilità delle sottoculture locali e regionali.

I costi diretti del mobbing possono essere molto elevati: “riduzione della produttività, aumento dell’assenteismo e del turnover, oneri derivanti dalle assenze per malattia dei dipendenti, prepensionamenti, licenziamenti, coinvolgimento in contenziosi giuridici di lunga durata. Dall’altro lato anche i costi indiretti hanno un peso importante, oltre alla qualità delle relazioni e dei processi comunicativi, che sono comunque all’origine di prestazioni meno efficaci ed errori, ricordiamo le ripercussioni sull’immagine esterna o sul brand dell’azienda… è stato stimato che una persona colpita da mobbing costi il 180 per cento in più, rendendo il 40 per cento in meno rispetto a un lavoratore non mobbizzato” (p. 88).

A mio parere anche le relazioni tra Stato e cittadini dovrebbero seguire l’evoluzione che ha caratterizzato le relazioni professionali nei paesi più civili. Quindi attendo con molta pazienza la prima denuncia di un cittadino allo Stato per il mobbing legislativo e governativo, personale e familiare, con la probabile richiesta del rimborso del danno economico, esistenziale e biologico.

 

Dina Guglielmi insegna Psicologia del Lavoro e Psicologia dell’Orientamento presso la Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione dell’Università di Bologna.

Per un approfondimento video: https://www.youtube.com/watch?v=kKAkIT_XcfA (vengono descritte alcune forme di stress lavorativo nel mondo della scuola).