Un gruppo di contatto sulla Siria formato da Stati Uniti, Russia, Iran, Egitto e Turchia si riunirà ad ottobre: lo ha annunciato all’agenzia Ria Novosti il viceministro degli Esteri di Mosca Mikhaïl Bogdanov, a poche ore dal  vertice tra Vladimir Putin e Barack Obama a New York, a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu in corso al Palazzo di vetro.

“Washington, Mosca, Riad, Teheran, Ankara e Il Cairo dovranno inviare i loro rappresentanti”, ha detto Bogdanov senza fornire dettagli sulle date e il luogo, ma augurandosi che la riunione si tenga “il più rapidamente possibile”.

La ripresa delle attività diplomatiche, rimaste lettera morta ormai da mesi, segue l’annuncio della creazione da parte di Iraq, Siria, Russia e Iran, di un “centro di coordinamento” con sede a Baghdad per combattere in modo più efficace l’avanzata del sedicente Stato Islamico, armonizzando gli sforzi e condividendo analisi e informazioni sui combattenti jihadisti.

Un’iniziativa annunciata nei giorni scorsi, che ha colto di sorpresa il Pentagono, in un momento in cui la Russia sta già rafforzando la sua presenza militare in Siria, con dispiegamento di uomini e mezzi militari, proprio mentre la strategia americana contro l’Is, essenzialmente fondata sui raid aerei, è al centro delle critiche per non aver ottenuto i risultati previsti.

In una dichiarazione ufficiale, il Cremlino e le forze armate irachene hanno spiegato che l’intervento di Mosca risponde alla presenza di migliaia di terroristi che dalla Russia si sono uniti allo Stato Islamico. Secondo il ministro degli Interni di Mosca, Vladimir Kolokoltsev, allo stato attuale “sono circa 1800 i cittadini russi schierati tra le fila dell’Is”.

Precisazioni che non bastano a rassicurare Washington messa in allarme dalla crescente influenza russa nella regione. Il consolidarsi, dopo Damasco, di un asse russo-sciita anche a Baghdad, difatti, segna un ulteriore allontanamento del governo iracheno dall’alleato americano.

Per questo Washington, in accordo con Gran Bretagna e Germania, starebbe addirittura rivedendo gli obiettivi dell’intervento in Siria: mentre la Francia ha annunciato ieri i primi raid nel paese mediorientale, Berlino e Londra hanno mostrato nei giorni scorsi chiari segnali di apertura all’idea di un possibile ruolo di transizione di Bashar al Assad per riportare la pace nella regione.

A farsi portatore della proposta – confezionata dal Cremlino – presso l’amministrazione di Washington, era stato ieri il ministro degli Esteri di Teheran Javad Zarif nel corso di un incontro con il suo omologo John Kerry. L’intento – maturato a seguito dell’intesa di Losanna sul nucleare – è di discutere il progetto attorno a un tavolo negoziale, facendo leva su gli Stati Uniti per arrivare a un accordo con i governi di Ankara, Riad e Doha, che sostengono i gruppi armati in Siria e puntano alla caduta del governo di Damasco.