“Atene non è in grado di pagare le rate del prestito del FMI. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno Nikos Voutsis in un’intervista alla TV greca Mega. Si tratta di quattro rate in scadenza a giugno per un ammontare di 1,6 miliardi di euro. “Questo denaro non sarà versato, perché non c’è”, ha proseguito il ministro.

La Troika chiede al governo greco di accettare una nuova “cura” a base di austerità, privatizzazioni e cessione della propria sovranità e in cambio concederà ulteriori prestiti. Da Atene replicano: “L’austerità imposta all’infinito è la causa del problema e non la sua soluzione” aggiungendo:  “Tra pagare le rate del debito al FMI o pagare stipendi/pensioni la scelta è già fatta e curerà gli interessi di vasti strati popolari greci.”

La situazione economica e geopolitica si fa ancora più complicata, specie alla luce della proposta russa di coprodurre fucili mitragliatori AK-47 in Grecia, offerta di collaborazione che è stata avanzata dal Cremlino al Ministro della Difesa greco Panos Kammenos durante la sua ultima visita a Mosca.

Il governo russo aspetta una risposta dalla Grecia entro agosto. La Grecia ad oggi è membro della NATO e quindi formalmente paese alleato degli USA e delle sue politiche euro atlantiche e in questo momento si trova letteralmente schiacciata tra due fuochi, nel bel mezzo alle schermaglie di America ed Europa da una parte e Russia e Cina dall’altra. Inutile aggiungere che Washington non accetterà mai una collaborazione economico-militare tra lo Stato ellenico e la Russia di Putin.

Nel frattempo, altri pezzi si muovono sulla scacchiera internazionale… Ieri, come riportato dal Telegraph, ha parlato Huw Pill, alfiere e capo economico in Europa della Goldman Sachs, nota banca americana, famosa per essere stata fra quelle banche che nel 2008 hanno dato il via a questa lunga crisi economica mondiale.

Pill ha dichiarato:  “Per superare l’attuale fase di stallo tra Grecia e Troika è necessario che si vada a nuove elezioni in Grecia.” In pratica questo “signore” chiede a gran voce la sfiducia al governo Tsipras, oppure “l’avvio di un referendum sulla permanenza nell’euro, al fine di ammorbidire la piattaforma elettorale con cui Syriza ha vinto le elezioni.

Detto in altre parole, tramite un referendum, far digerire alla popolazione greca la ricetta della Troika a base di altro sudore, lacrime e sangue.

In mancanza di una di queste due condizioni sempre secondo Pill, “Ci sarà un default tecnico della Grecia”, anche se questo non comporterebbe necessariamente l’uscita immediata dall’Eurozona: “Il default di uno Stato sovrano”, continua, Pill nella sua dichiarazione, “è un processo politico, con regole e procedure che allungano i tempi e conferiscono un ampio grado di discrezionalità e flessibilità”.

Pill qui si riferisce ad una condizione ben precisa, ovvero tramite la dichiarazione di default (in altri termini fallimento dello Stato greco)  sbloccare l’impasse dei pagamenti al FMI con un blocco e un successivo prelievo forzoso dai depositi e dai conti correnti bancari dei privati cittadini. Si tratta di misure serrate di controllo dei capitali, come avvenne a Cipro nel 2013, quando i cittadini dall’oggi al domani si trovarono i conti correnti bloccati e tassati dalla BCE e dall’Europa per pagare il debito dello Stato contratto col Fondo Monetario Internazionale.

I timori che questa linea possa essere intrapresa dalla Troika si sono rafforzati nella popolazione greca; lo confermano i dati provenienti  dai depositi bancari, i cui prelievi di denaro hanno subito una brusca accelerazione in aprile, arrivando a complessivi 5,43 miliardi di euro ritirati, il doppio dei 2,76 miliardi del mese di marzo, quando si era registrata una riduzione delle tensioni finanziarie, dopo l’accordo del 20 febbraio tra il governo Tsipras e i  creditori pubblici (UE, BCE e FMI).

Le ultime affermazioni del capo della banca americana Goldman Sachs assomigliano molto alla richiesta di resa incondizionata alla Grecia da parte dell’asse nazifascista durante l’ultima guerra: “Arrendetevi senza condizioni, oppure….”

E’ raggelante il silenzio generale seguito a queste irresponsabili dichiarazioni, nemmeno uno Stato dell’Unione Europea si è schierato in difesa dello Stato greco, seppur sia membro anch’esso di questa “Unione”.

Di fatto tali dichiarazioni rappresentano una clamorosa ingerenza: una banca che apertamente dà un ultimatum politico e strategico ad uno Stato sovrano.

Sono parole, quelle del portavoce della Goldman Sachs, da tenere in seria considerazione ed è gravissimo che ad affermarle sia stato un esponente di un organismo economico “privato”, rappresentante d’interessi economici privati, emissario di banche che ormai agiscono e parlano a nome di interi paesi, senza neanche più usare l’apparente formalità di esprimere le loro idee politiche attraverso i governi degli Stati.  Tutto ciò è un inequivocabile segno che ormai queste banche si sentono così forti da non dover salvare nemmeno più l’apparenza.

Sono precisi indicatori che siamo entrati appieno nella fase centrale di un piano criminale che prevede l’asservimento economico, politico, sociale e se serve anche militare, di interi Stati e di centinaia di milioni di persone alle decisioni prese in ristrettissimi circoli economici. Gli stessi “circoli” portatori delle “politiche” di una ristretta classe dominante, che prima decide le guerre economiche, poi quelle politiche, fino ad arrivare ai colpi di stato e se serve alle occupazioni militari per piegare ai propri voleri i paesi ribelli e i popoli che non si allineano.

Qualcuno, un tempo disse in modo subdolo: “La lotta di classe è finita, non ha più senso di esistere”. Ingenuamente ci abbiamo creduto, pensando ad un superamento storico di certe condizioni generali. Adesso ci accorgiamo invece che la lotta di classe da parte della ristrettissima classe dominante non ha mai cessato di esistere.  In questi anni questa lotta è stata celata, mistificata e al tempo stesso affinata, rendendola più subdola e funzionale a certe finalità.  La ristrettissima “elite”, adesso padrona incontrastata di banche ed enormi capitali finanziari  ha continuato a praticare la lotta di classe su larga scala; si è specializzata e rafforzata, disposta a tutto pur di affermare la supremazia dei pochi sui molti, imponendo le proprie regole, i propri standard, il proprio paesaggio interno trasfigurato, proiettando nel mondo enormi sofferenze e contraddizioni ma soprattutto senza mai smettere di essere in guerra contro tutto e tutti.