Continua l’accanimento del regime mauritano contro gli attivisti anti-schiavitù, che combattono un fenomeno ancora molto presente nel Paese, nonostante l’abolizione formale nel 1981 e l’introduzione come reato penale nel 2007.

Alcuni giorni fa era stato annunciato per oggi 5 febbraio, nella capitale Nouakchott, il processo a quattro militanti dell’IRA, l’Iniziativa per la Rinascita del Movimento Abolizionista, detenuti da 80 giorni in condizioni giudicate lesive dei diritti umani. Tra essi anche una donna di punta del movimento, la giovane Mariem Cheikh, sola attivista imprigionata nelle prigioni femminili della capitale. Per mancanza di un dossier sufficiente a carico degli imputati, il processo è stato rinviato a data da destinarsi, molto probabilmente il 12 febbraio, secondo fonti locali.

L’IRA e molte altre organizzazioni a difesa dei diritti umani sostengono si tratti di un processo-farsa, strumentale alla volontà di indebolimento del movimento antischiavista da parte della presidenza di Mohamed Ould Abdel Aziz. Particolare importante: le sedute dei processi tenutesi finora sono state a porte chiuse, con l’ingresso rigorosamente vietato a familiari, attivisti e organi d’informazione.

Altri tre militanti per i diritti umani, condannati a 2 anni di carcere lo scorso 15 gennaio sono stati trasferiti con un provvedimento contrario alla stessa legge mauritana dal carcere della città meridionale di Rosso, dove erano stati arrestati nel novembre 2014, a quello di Aleg, oltre 200 km più ad est. Si tratta del noto presidente dell’IRA, Biram Dah Abeid, del suo vice Brahim Ould Bilal Ramdane, e di Djiby Sow, a capo di un’organizzazione progressista dell’etnia peul, che secondo la sentenza sono stati colpevoli di appartenere “ad un’organizzazione non riconosciuta”.

In attesa del processo d’appello, una delegazione del partito di opposizione UFP (Union des Forces du Progrès) è riuscita ad entrare nell’istituto penale per far visita ai tre detenuti. A seguito dell’incontro, è stato diffuso un comunicato in cui si richiedono cure mediche urgenti per Biram Dah Ould Abeid, le cui condizioni di salute appaiono preoccupanti.

Nel frattempo, il clima nel Paese si fa sempre più effervescente. Già in occasione della sentenza di gennaio, manifestazioni a favore di Biram (arrivato secondo alle scorse elezioni presidenziali) e del suo movimento si sono tenute fuori al tribunale di Rosso e in tutto il Paese, in molti casi con la repressione violenta da parte delle forze dell’ordine. Numerose iniziative in tutta la Mauritania, nonché nella diaspora all’estero, chiedono la liberazione dei prigionieri d’opinione dell’IRA, mentre tuttora in corso è lo sciopero della fame proclamato da alcuni dei prigionieri stessi per chiedere giustizia e libertà.

 

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