Di Mazin Qumsiyeh [1]

È davvero difficile vivere sapendo quanta sofferenza ci circonda. I nostri amici a Gaza non hanno elettricità (o al massimo per 4 ore al giorno), né riscaldamenti né gas per cucinare. Non hanno un reddito, né tanto meno un lavoro e il modo in cui sopravvivono è superiore alle nostre capacità.

E purtroppo, alcuni di loro non sopravvivono.

I bambini sono i più vulnerabili e nelle ultime tre settimane tanti di loro sono morti assiderati. Ma le condizioni di vita sono dure anche per i rifugiati della guerra civile in Siria, guerra che costò la vita a più di 100.000 persone e non mostra ancora segni di miglioramento.

Si potrebbe pensare anche alla guerra civile in Ucraina. Sono stato io stesso a mettere tutti in guardia su questa situazione, a causa dell’ipocrisia dei governi occidentali. Governi che dovevano vendere le loro politiche neo-colonialiste usando il linguaggio dei diritti umani e del diritto internazionale, mentre non fanno altro che manifestare quotidianamente la loro ipocrisia.

Ma vi è una manifestazione ancora più eclatante qui in Asia Occidentale. Vi sono dittatori che amano, partecipando anche ai loro funerali e dittatori che odiano. Vi è una pulizia etnica che condannano (ad esempio i Cristiani in Iraq) ed una pulizia etnica che sostengono al 100% (i Cristiani e i Musulmani in Palestina).

Da più di vent’anni ho capito che in questa ipocrisia non ci sono né vincitori né perdenti, solo perdenti e la conclusione è abbandonare il sentiero della razionalità per seguire quello dell’aiuto agli Stati di impostazione religiosa (prima uno stato ebraico e poi uno stato musulmano e poi chi sa quale).

Incoraggiare il fondamentalismo religioso è semplicemente un qualcosa di secondario. I veri difensori dei diritti umani ed io continuiamo a chiedere all’Occidente di mettere da parte la loro ipocrisia. Questo dovrebbe condurci ad uno scenario vantaggioso per tutti gli esseri umani. Ci vorranno decenni per rivendicare la razionalità degli anni ’60. È una strada in salita, ma dobbiamo provarci e lavorarci su!

[1] Sono nato e cresciuto a Beit Sahour, il biblico Campo dei Pastori appena fuori Betlemme.  Le mie esperienze dirette di palestinese cristiano e la mia formazione in università del Medio Oriente e degli Stati Uniti hanno contribuito a un’evoluzione delle mie vedute. Sono cresciuto sotto l’occupazione israeliana e la mia vasta famiglia vive ancora nella zona.

Traduzione dall’inglese di Francesca Ranieri