Un nuovo dossier dell’International Geosphere-Biosphere Programme, in collaborazione con lo Stockholm Resilience Centre, fissa l’inizio della Grande Accelerazione agli anni Cinquanta del Novecento. Nel video, tradotto dalla nostra redazione e reso disponibile al pubblico italiano, un viaggio di 3 minuti attraverso gli ultimi 250 anni della nostra storia.

di Massimo Nardi

Il titolo del dossier è “The trajectory of the Anthropocene: The Great Acceleration”, pubblicato pochi giorni fa sull’Antrophocene Review, e condotto dall’International Geosphere-Biosphere Programme (Igpb), in collaborazione con lo Stockholm Resilience Centre. Il nucleo del discorso è il seguente: a partire dagli anni ’50 del Novecento, la Terra è entrata in una nuova era, denominata Antropocene, a causa della “Grande Accelerazione” dell’attività umana, soprattutto quella economica, che rappresenta la causa principale del cambiamento del sistema Terra, inteso come somma dei processi fisici, chimici, biologici ed umani in interazione tra loro. «Nel giro di una generazione – afferma il Professor Will Steffen, che ha guidato il progetto – l’umanità è diventata una forza geologica su scala planetaria».

Lo studio confuta così la teoria secondo la quale si faceva risalire la Grande Accelerazione e l’inizio dell’Antropocene alla Rivoluzione Industriale inglese della seconda metà del Settecento. Il termine Antropocene fu coniato negli anni 2000 dai ricercatori Paul Crutzen ed Eugene Stoermer e sta ad indicare l’era geologica attuale nella quale all’uomo e alla sua attività sono attribuite le cause principali delle modifiche territoriali, strutturali e climatiche del pianeta. Da allora il termine venne più volte contestato da scienziati e geologi e mai formalizzato dalla Commissione Internazionale di Stratigrafia, dividendosi tra chi faceva risalire la sua origine al neolitico, e chi, come detto sopra, alla rivoluzione industriale. Il nuovo studio invece fissa la data di inizio dell’Antropocene addirittura al 16 luglio 1945, giorno in cui gli Usa testarono la bomba atomica nel deserto del New Mexico. «Gli isotopi attivi di questa detonazione – si legge nel documento – furono emessi nell’atmosfera e ricoprirono il mondo intero, lasciando segni indelebili e direttamente imputabili alle attività umane».

Il dossier si basa su una serie di 24 indicatori globali, denominata “planet dashboard”: dodici descrivono le attività umane, come per esempio la crescita economica (PIL), l’incremento demografico, le telecomunicazioni, il consumo di energia e dell’acqua, i trasporti; gli altri dodici mostrano variazioni nelle principali componenti ambientali del sistema Terra, per esempio, il ciclo del carbonio e dell’azoto, la biodiversità. Questa dashboard mette in evidenza come le traiettorie della Terra e dello sviluppo umano sono ora facilmente vincolati. I risultati dello studio sono presentati in questi giorni al World Economic Forum di Davos. «Quando abbiamo messo insieme tutti questi dati, ci aspettavamo di vedere grandi cambiamenti – continua Steffen – ma quello che in realtà ci ha sorpreso sono state le tempistiche. Quasi tutti i grafici mostrano lo stesso schema. I cambiamenti più drammatici si sono verificati a partire dal 1950. E’ questo l’inizio della Grande Accelerazione. Da allora si nota che i grandi cambiamenti del sistema Terra vennero direttamente collegati ai cambiamenti in gran parte legati al sistema economico globale. Si tratta di un fenomeno nuovo ed indica che l’umanità ha una forte responsabilità a livello globale per il pianeta».

Wendy Broadgate, co-autore e vice direttore Igbp ha inoltre aggiunto che «gli indicatori permettono di distinguere il segnale dal rumore. Oggi la Terra è in uno stato quantificabile rispetto al passato. Diversi e importanti processi del sistema Terra sono ora guidati dal consumo e dalla produzione umani». I risultati dello studio evidenziano come negli ultimi decenni i fattori-chiave del sistema Terra sono andati al di là della variabilità naturale avutasi negli ultimi 12 mila anni, periodo che gli scienziati chiamano Olocene, iniziato alla fine dell’era glaciale. Il documento sostiene che la maggior parte delle attività economiche e, di conseguenza, dei consumi, si ha nei Paesi dell’Osce, che nel 2010 rappresentavano circa il 74% del PIL mondiale, ma solo il 18% della popolazione terrestre. Ciò indica la profonda disuguaglianza su scala globale, che distorce la distribuzione dei benefici della Grande Accelerazione e confonde gli sforzi internazionali, come gli accordi sul clima per esempio, per affrontare il suo impatto sul sistema Terra.

Tuttavia lo studio mostra anche che di recente la produzione globale si sta spostando verso il gruppo BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, con una forte ascesa delle classi medie. Circa la metà della popolazione mondiale vive in aree urbane e circa un terzo ha completato il passaggio da società agraria ad industriale. La maggior parte della crescita dopo il 2000 si è avuta nel consumo dei fertilizzanti, nella produzione della carta e dei veicoli a motore, verificandosi nei Paesi al di fuori dell’Osce.

I 24 indicatori su cui si basa questo studio furono pubblicati per la prima volta nel 2004 dallo stesso Igpb, mentre il termine Grande Accelerazione fu utilizzato per la prima volta nel 2005, in occasione della conferenza di Dahlem sulla storia del rapporto uomo-ambiente, che riunì molti scienziati dell’Igbp. Questa nuova ricerca è dunque parte della sintesi finale del Global Change and the Earth System del 2004.

 

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