Volevano condanne forti ed esemplari contro i lavoratori e sindacalisti per gli scioperi alla Bennet di Origgio (VA) del 2008, ma la sentenza di primo grado emessa ieri 7 luglio dal Tribunale di Busto Arsizio è una sostanziale vittoria per i lavoratori. Certo, ci sono anche le quattro condanne a 2 mesi, con sospensione della pena, per minacce e ingiurie, ma le 16 assoluzioni e, soprattutto, la bocciatura della tesi centrale dell’accusa, cioè che scioperi e picchetti fossero un reato da sanzionare, rappresentano indubbiamente una notizia positiva per quanti si battono per i diritti dei lavoratori nel settore della logistica.

La situazione di pesante sfruttamento e di sistematica elusione delle più elementari regole del diritto del lavoro che predomina nel settore della logistica, rende infatti estremamente difficile la stessa sindacalizzazione, figuriamoci l’organizzazione di vertenze e lotte. Nei poli logistici e nella movimentazione merci della grande distribuzione lo sciopero è de facto fuorilegge, sebbene sia una diritto costituzionalmente tutelato.

Beninteso, formalmente è tutto in regola, grazie a quel micidiale sistema di appalti e subappalti, per cui l’azienda (Granarolo, Ikea, Bennet o comunque si chiami) non assume direttamente i facchini, ma appalta invece alcune fasi di lavoro a delle cooperative. Così,  quando i facchini della cooperativa X scioperano e si blocca quindi la movimentazione delle merci nell’azienda Z, allora quest’ultima mobilita semplicemente un’altra cooperativa, che chiamiamo Y –magari controllata dagli stessi che controllano anche la cooperativa X-, per garantire il “servizio” che la cooperativa X non riesce più a garantire. Facendo così, i lavoratori in sciopero della cooperativa X diventano una sorta di paria, dei senza diritti, che sostano abusivamente all’ingresso dell’azienda Z, impedendo in maniera illegale l’ingresso delle merci ed ostacolando il diritto al lavoro dei facchini della cooperativa Y.

Questa dinamica, con le tante possibili varianti sul tema, la troviamo regolarmente in praticamente tutte le lotte nel settore della logistica di questi ultimi anni. E quindi, anche la risposta tende ad essere normalmente quella repressiva, dalle botte di polizia e carabinieri, come a Basiano, ai fogli di via per sindacalisti, passando per i licenziamenti politici e i pestaggi paramafiosi. È un mondo duro, esposto alle infiltrazioni malavitose e dove sembra di essere tornati indietro nel tempo, agli albori del movimento sindacale. Ma è un mondo al servizio dei modernissimi interessi dei padroni della logistica e della grande distribuzione.

Ecco, la vicenda Bennet (grande distribuzione) fa parte di quel mondo. Lavoratori, sindacalisti e persone solidali, secondo l’accusa, avrebbero dovuto pagare caro, anche in termini di risarcimento monetario, il fatto di aver lottato e scioperato. Il processo e il giudice hanno detto invece un’altra cosa, assolvendo tutti per le accuse relative alle lotte sindacali, picchetti compresi.

Dal 2008 ad oggi la sindacalizzazione nella logistica ha fatto grandi passi avanti, grazie all’impegno di alcuni sindacati di base (quelli confederali brillano invece per assenza o peggio) e alla determinazione dei lavoratori del settore, spesso in maggioranza migranti. Ma moltissima strada è ancora da fare, poiché continua a prevalere la risposta repressiva e l’assenza di diritti. E anche larghissima parte del mondo politico fa finta di non vedere, quando non si schiera apertamente contro le lotte dei facchini, rendendosi di fatto complice di questa allucinante situazione.

Anche per questo, la sentenza sul caso Bennet è un piccolo ma prezioso segnale.