Ogni anno, da diversi anni a questa parte, il 2 Giugno rappresenta, al tempo stesso, un’occasione ed un contenitore: l’occasione per confermare e rivendicare, contro ogni deriva neo-militarista e revisionista, il carattere democratico e antifascista della nostra Costituzione, su cui si fonda (si dovrebbe, concretamente, fondare) la nostra Repubblica; e il contenitore di programmi e progetti, attivazioni ed iniziative che provino a mettere a fuoco le emergenze, vecchie e nuove, intorno alle quali riporre a tema l’elaborazione, cara ai movimenti per la pace e la nonviolenza, contro la guerra e l’imperialismo, per la democrazia ed il disarmo.

Ovviamente, l’esistenza dell’occasione e l’organizzazione del contenitore non risolvono da sé il problema: problema, che è oggi, anzitutto, quello della “messa a rete” e della “messa a sistema”, delle attivazioni e dei percorsi che, maturati all’interno e per iniziativa del movimento stesso, troppe volte faticano, pur perseguendo i medesimi obiettivi, a procedere insieme, a sviluppare le opportune sinergie ed a trovare le necessarie convergenze. A Napoli, città metropolitana, ponte tra le culture e porta del Mediterraneo, con le sue mille istanze e contraddizioni, la ricchezza del suo tessuto associativo e la varietà del suo panorama migratorio, tutto ciò assume connotati estremi, vivacissimi ed esplosivi. Per mille ragioni e – anche – in occasioni recenti.

Prendiamo il caso dell’Ucraina, tenendo a mente, sin da subito, che non di sola Ucraina si tratta, dal momento che, soprattutto all’indomani del recente discorso di Barack Obama a West Point (si può leggere qui: www.washingtonpost.com/politics/full-text-of-president-obamas-commencement-address-at-west-point/2014/05/28/cfbcdcaa-e670-11e3-afc6-a1dd9407abcf_story.html), dovrebbero essere chiari i connotati dell’imperialismo statunitense, incarnati nel nuovo multilateralismo aggressivo (o, meglio, multilateralismo minaccioso) di quella che finalmente si afferma compiutamente come la “nuova” dottrina Obama, destinata a superare ed aggiornare, al tempo stesso, la “vecchia” dottrina Bush (per la quale sia consentito di rimandare al ns. “Da Bush a Bush”, Città del Sole Ed., qui: www.resistenze.org/sito/se/li/seli5c29.htm): combinazione efficace di soft power ed hard power, introduzione di una diplomazia aggressiva, diversificazione ed ampliamento delle opzioni politiche e militari a disposizione, rivendicazione dell’impianto “messianico” alla esportazione della “democrazia” e conferma della guerra quale strumento di tutela ed affermazione degli interessi “americani”, ovunque minacciati, o semplicemente messi in discussione, ai quattro angoli del globo.

Senza disdegnare il ricorso a vecchi arnesi, che tuttavia, nella nuova configurazione del pianeta e alla luce della “ansia da leadership”, che anche il discorso obamiano minacciosamente ripropone, ri-assumono un aspetto sorprendentemente nuovo e finanche innovativo: destabilizzazioni e guerre per procura; sostegno alle istanze eversive, ovunque collocate e comunque ispirate (persino fasciste e naziste, all’occorrenza), per rovesciare il tiranno (alias: anti-americano o, semplicemente, non ultra-americano) di turno; appoggio diretto, in uomini e mezzi, consiglieri ed armati, media ed armi, a tutti quei soggetti (talvolta anche singoli) e organizzazioni (talvolta partiti, talvolta gruppi, talvolta fondazioni) che operano “dall’interno” delle singole compagini da rovesciare e sbaragliare in nome e per conto della democrazia liberale “a stelle e strisce”.

Non si sbaglia, dunque, a far correre la mente, non solo ad esempi che tendono a fare parte della storia, sebbene le loro propaggini si dipanino drammaticamente nella più imminente attualità, come mostrano i casi della Libia e della Siria, ma anche ai ben più imminenti casi del Venezuela, con i tentativi golpisti e le guarimbas delle destre ricche contro il governo bolivariano, e dell’Ucraina, dove la sollevazione golpista, ampiamente sostenuta e militarmente combattuta da settori fascisti e persino neo-nazisti, ha prima rovesciato un governo e poi dato corso ad una violenta repressione militare contro quella parte di popolo e di Paese meno incline a sopportare i diktat della junta. A Napoli, come si accennava, il 2 Giugno delle forze più conseguentemente democratiche e antifasciste, sarà dedicato alla mobilitazione per la pace e contro la guerra.

Dopo il presidio democratico al consolato ucraino (9 maggio), le iniziative di volantinaggio e l’assemblea aperta “Giù le Mani dall’Ucraina”, contro la guerra e il fascismo, per la pace e la democrazia, presso lo spazio ROSS@ nella Galleria Principe (23 maggio), la mostra-convegno promossa da cittadini e cittadine, provenienti dalle più varie repubbliche della ex Unione Sovietica, presso il Centro Culturale “La Città del Sole”, contro le aggressioni e le stragi della junta golpista (29 maggio), ha gettato i presupposti di un coordinamento delle mobilitazioni, che sarà lanciato proprio, simbolicamente, in occasione del 2 Giugno, per attivare un percorso di sensibilizzazione sociale, contro la minaccia fascista e le derive autoritarie, il precipizio della guerra e delle aggressioni che drammaticamente si affacciano, ancora, nel cuore dell’Europa.