di Francesca Piatti

 L’aeroporto di Comiso si chiamerà presto, e definitivamente,  “Pio La Torre” ed ospitiamo molto volentieri questo articolo di Francesca Piatti, storica pacifista protagonista delle lotte di Comiso, che ci racconta questa storia come in un meraviglioso affresco.

Ho incominciato le mie lotte per la pace a Comiso entrando dalla porta di servizio.

Nel 1982, ad un meeting pacifista a Ginevra ero stata invitata a fare un po’ l’interprete, aiutando nelle le comunicazioni tra i pacifisti stranieri ed italiani.

Da lì, l’esperienza “a schiaffo” nelle manifestazioni nei blocchi, l’incontro con attivisti straordinari, giunti da ogni parte d’Europa, la tangibile percezione di un pericolo imminente quando sono giunta in quella sonnacchiosa cittadina siciliana, ha cambiato radicalmente la mia esistenza.

Dopo le prime manifestazioni del ’82 a Comsio, terminate con la costruzione del Muro di Cartone che sbarrava l’ingresso al Magliocco (Oggi di cartone, domani di persone!), tornai a Milano insieme ad un altro ex-obiettore, Lorenzo Porta, e decidemmo subito di fondare un comitato di sostegno al Campo per la Pace di Comiso.

Abbiamo portato la causa di Comsio ovunque, nelle radio libere, abbiamo scritto articoli, raccolto fondi, parlando del pericolo che veniva dall’istallazione di missili nucleari in una cittadina del profondo sud. Una cittadina di pochi abitanti assolutamente inerme ed impreparata a comprendere come la presenza dei missili l’avrebbe trasformata in un bersaglio nucleare facile. Pericolo non solo per la zona ma per l’intera Sicilia, oramai veramente diventata portaerei della Nato, pericolo di una possibile contaminazione anche per l’Italia intera.

A Comiso ho lavorato spesso con i simboli, spesso con le donne, con la forza e a difesa delle pacifiste. Molte di queste erano venute sia da Greenham Common ed altri 4 paesi minacciati dall’istallazione dei Cruise in Europa. Erano state le prime a raccogliere fondi per comprare un campo con una casa dietro l’aeroporto Magliocco, poi chiamato La Ragnatela.

La Ragnatela era il simbolo della tessitura di rapporti tra donne allo scopo di imbrigliare i missili ed impedire la militarizzazione. E fu dopo pochi mesi che l’11 di Marzo 1983 un gruppo di 8 donne della Ragnatela furono arrestate vicino alla base, trattenute e messe nella prigione di Ragusa.

Le straniere furono espulse dall’Italia col foglio di via…. Tolte di mezzo brutalmente. Seguì una lunga fase in cui furono accusate e messo sotto processo, e in cui cui furono difese da una nota avvocatessa, Tina Lagostena Bassi. L’unica Italiana tra loro, e quindi non espulsa, fu Anna Luisa L’Abate, una pacifista nonviolenta straordinaria che l’anno dopo entrò con noi nella base di Comiso.

La meschina repressione attuata sulle 8 donne causò molto rumore in Italia ed all’estero. E fu proprio per aumentare questo movimento di opinione che decidemmo di compiere un’azione che suscitasse clamore, per richiamare l’opinione pubblica sulla loro sorte.

Il 21 Marzo del ’84 abbiamo deciso di entrare nell’Areoporto Magliocco, passando da uno dei cancelli dietro alle case dietro alla base, e questo nonostante il fatto che oramai la zona era severamente presidiata con vari tipi di vigilanza lungo tutto il suo perimetro.

Siamo partite da Milano in treno, tra noi vi era anche Carmen de Min, una delle Madri del Leoncavallo, In viaggio abbiamo parlato di come compiere questo gesto, e mentre stavamo in treno abbiamo cucito la bandiera che avevamo programmato per l’azione e che non avevamo ancora terminato.

Quando siamo giunte al traghetto che serviva per attraversare lo stretto di Messina, stavamo ancora cucendo, cucendo e cantando….

La manifestazione era stata preparata con cura da Milano. La settimana prima avevo passato delle ore a spedire un telex a ciascuna delle donne parlamentari Italiane:  spiegavo che sarebbe stata effettuata un’azione a Comiso allo scopo di parlare del processo delle pacifiste arrestate e per riaffermare il diritto di tutti i pacifisti stranieri e non di manifestare a Comiso: molti avevano subito cariche e gli atti intimidatori della polizia durante i blocchi.

Ricordo, oltre Anna Luisa L’Abate…. Antonella Giunta, pacifista Messinese, Paola Baglioni ed Anna Caporicci di Roma, Fire Carruba… Tante che pianificavano e creavano blocchi dei convogli da sole, davanti ai missili, talvolta con le capre, innalzando la loro forza ed il loro coraggio contro la macchina della guerra e della morte.

In quel pomeriggio del 21 Marzo 1984 noi eravamo appostate un po’ fuori campo all’ora stabilita, al terzo cancello, cercando di apparire invisibili o inoffensive. Non avevamo un’idea chiara di come entrare: avevamo pensato di chiamare uno dei soldati, e di approfittare di una sua disattenzione per entrare di sorpresa….

Dietro di noi era appostata una macchina con dentro il giornalista Gad Lerner insieme ai fotografi de l’Espresso. Erano venuti appositamente dal nord per documentare l’azione diretta che dovevamo intraprendere e che era, in verità, assai rischiosa…

Fummo baciate da una fortuna inaspettata. Mentre stavamo decidendo esattamente come procedere, spuntò dalla curva un grosso Tir che si mise manovrare per entrare dentro il cancello. Il Tir era cosi voluminoso da lasciare palesemente un varco a sinistra mentre manovrava verso destra. Senza dire una parola abbiamo afferrato la bandiera, e ci siamo infilate dietro l’automezzo, avvolgendo subito le guardie con la nostra sudata bandiera.

Avevamo detto tante volte in passato: “Tra la morte e la vita,…. vincerà sicuramente la vita…. Quel giorno l’abbiamo fatta vincere… simbolicamente …contro la miltarizzazione, con la nostra bandiera della pace.

Presi in contropiede, i soldati si misero a gridare nella nostra direzione… ma oramai era tardi e non sapevano più cosa fare….. forse fu a causa del rumore che la nostra iniziativa aveva già causato in ambito politico…. forse per via della presenza della stampa a pochi metri di distanza.

Per molto meno a Comiso donne e uomini erano stati malmenati ed espulsi. Per molto meno molti pacifisti erano stati manganellati e respinti da enormi idranti. In quel giorno di Marzo, invece, noi donne non fummo né arrestate e nemmeno identificate.

Le lotte di Comiso sono state molto importanti nella mia vita. Da giovane avevo già partecipato alle marce per la pace da Londra ad Aldermaston, guidate da Bertrand Russel e il Comitato dei 100.

Ho passato molto tempo a viaggiare su e giù per l’Italia a sostenere i membri del Campo Internazionale, a raccogliere fondi con la vendita dei metri quadri della Verde Vigna, organizzando manifestazioni in piazza del Duomo a Milano facendo propaganda alla lotta pacifista.

Invece quando ero a Comiso la mia giornata era molto più semplice e basilare. Ho spesso costruito grandi colombe di carta sul rialzo di Fonte Diana di Comiso. Ho inventato il mestiere di “colombara”, tracciando grandi colombe coi gessetti in piazza con i bambini, spesso agendo sola e coinvolgendo  i passanti. Ho liberato quest’ultime nella piazza centrale, per introdurre dei simboli di pace in quel contesto. Ho fatto galleggiare candele nell’acqua di Fonte Diana in una veglia la sera di Hiroshima in commemorazione delle vittime morte in quel giorno. Azioni simboliche, forse naif, comunque piene di significato e di poesia.

Insieme ad altre donne, a Perugia, Firenze, Milano, ho tessuto grandi ragnatele di lana colorata, alle quale attaccavamo scarpette di bambini, ed altri piccoli simboli di vita.

Tutta questa spinta l’ho trovata dentro, in risposta al pericolo che io sentivo a Comiso.

La gente locale non era assolutamente in grado di lottare contro una minaccia così grande, di decifrare la falsità presente nelle promesse di lavoro, di ricchezza e di notorietà che erano state fatte dalle forze Nato e ribadite da molti dei giornali locali. Promesse che puntualmente sono state disattese.

Una grande gioia mi è stata regalata quando nel 1987 venne deciso che la base di Comiso sarebbe stata smantellata.

L’aeroporto fu svuotato lentamente e rimase inutilizzato; durante il periodo degli sbarchi dall’Albania fu usato per ospitarvi i profughi albanesi, poi in seguito rimase vuoto per un periodo. Fu dichiarato che sarebbe stato usato per voli turistici…… o come scalo per il trasporto delle primizie di Vittoria…. Altre promesse inattese, altre delusioni per la gente locale, poi finalmente L’aeroporto Magliocco fu destinato a diventare aeroporto civile.

Per noi…la terra di Comiso veniva restituita alla vita. La zona dell’aeroporto era stata liberata da un destino di morte.

Un’altra grande soddisfazione l’ho avuta l’anno scorso quando ho visto la vivacità del movimento Anti-Muos a Niscemi… piena zeppa di giovani e vecchi, di famiglie, di siciliani che hanno capito il pericolo e cercano di contrastare ed impedire la presenza dei Radar e l’arrivo dei Droni…

Il pericolo che causano per la salute delle persone limitrofe, la possibilità che i Radar interferiscano con i voli dell’intero sistema aereo siciliano.

Oggi una parte del movimento pacifista italiano ha visto affiorare un inaspettato successo. . Dopo aver visto la zona militarizzata ad essere trasformata ad un utilizzo non militare, all aeroporto Magliocco verrà restituito il nome che aveva avuto per circa un anno, quello di Pio la Torre. Da un sindaco di A.N si è passati ad un Sindaco di sinistra. All’aeroporto è stato dato il nome del piu famoso sindacalista siciliano, il nome di un uomo acuto e buono, e tra i primi a capire quanto fosse pericolosa l’istallazione dei missili Cruise a Comiso. Un uomo trucidato dalla Mafia, forse anche a causa di questa sua convinzione politica. Meglio, molto meglio quel nome quello del Generale fascista che sterminò innumerevoli popolazioni  in Africa,  primo a fare uso di gas letali.

Oggi all’aeroporto di Comiso si arriva con i voli charter dei turisti e si spediscono in continente i prodotti alimentari della Sicilia. Presto, dopo il 6 di giugno, il nome di Pio La Torre verrà diffuso dagli altoparlanti, e rieccheggerà dalle colline Iblee. Grazie sopratutto alla Associazione Pio la Torre, fondata dall’instancabile figlio Franco. Grazie a un po’ di aiuto dato dai democratici di sinistra. Grazie anche alla presenza a Comiso di tanti pacifisti, che sono venuti e hanno speso tempo ed energie in quella che sembrava una battaglia impossibile.

Oggi tutti questi hanno vinto, ed anche io. Si, qualche volta succede. Qualche volta, inspiegabilmente, tutti si vince.