L’appello

Scrive Amnesty International (www.amnesty.it/venezuela-proteste-rischio-diritti-umani): «Il Venezuela sembra sull’orlo di un abisso. Dall’inizio di febbraio 2014, il paese è scosso dalla violenza innescata da manifestazioni pro e contro-governative, in cui sono morte oltre 37 persone, compresi sei membri delle forze di sicurezza. I feriti sono più di 500 e oltre 2000 persone sono state arrestate. La maggior parte è stata rilasciata, ma rimangono a loro carico accuse che potrebbero comportare lunghe pene detentive. Sono stati registrati episodi di uso eccessivo della forza da parte delle forze di sicurezza, violenza da parte di gruppi armati filo-governativi e manifestanti. Alcuni detenuti hanno raccontato di essere stati torturati. Negli ultimi dieci anni, la società venezuelana si è sempre più polarizzata. L’attuale crisi politica rischia di minare i progressi negli ultimi anni in favore dei diritti delle persone più emarginate. La risposta a questa crisi è il rispetto incondizionato dei diritti umani e il rafforzamento delle istituzioni che sostengono lo stato di diritto».

Il rapporto

Nel suo rapporto alla 52a sessione della Commissione ONU contro la Tortura (tbinternet.ohchr.org/Treaties/CAT/Shared%20Documents/VEN/INT_CAT_ICO_VEN_16579_E.pdf), Amnesty si spinge a dare ad un capitolo, tra gli altri, il titolo “Impunità”: «L’impunità per i diritti umani rimane una preoccupazione in Venezuela. Il sistema giudiziario non sembra essere adeguatamente sostenuto ed è sottoposto a interferenze da parte del potere esecutivo, in particolare nei casi di coloro che sono apertamente critici delle autorità. Per esempio, nel dicembre 2010, il giudice María Lourdes Afiuni Mora è stata arrestata alcune ore dopo avere ordinato il rilascio del banchiere Eligio Cedeño, decisione in suo potere e coerente con la legge. Il suo arresto è avvenuto il giorno dopo la denuncia di quella decisione da parte di Hugo Chávez nel corso di un’intervista in cui ha chiesto per lei la pena di trenta anni. Il giudice Afiuni è oggi libera su cauzione.

«Nel febbraio 2014, un mandato di arresto è stato emesso contro Leopoldo López, leader del partito di opposizione Voluntad Popular, il giorno dopo che il Presidente dell’Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello, ed il Ministro degli Affari Esteri, Elías Jaua, lo hanno accusato di essere tra i responsabili delle violenze prima e dopo le manifestazioni anti-governative degli studenti. Il giorno dopo l’arresto di López, il presidente Maduro ha chiesto che fosse tenuto in prigione. Leopoldo López è attualmente in stato di arresto in attesa dell’esito delle indagini del pubblico ministero per quanto riguarda la sua responsabilità per i reati di danneggiamento, incendio doloso, istigazione a delinquere e cospirazione.

«Il giudice ha stabilito che non c’erano prove per accusarlo dei crimini più gravi elencati nel suo mandato d’arresto, comprese le accuse, ritenute infondate, di terrorismo, omicidio e danneggiamento aggravato. Oltre ai problemi con la magistratura, a seguito della denuncia del Venezuela della Convenzione Americana dei Diritti Umani, nel settembre 2013, la Corte Interamericana dei Diritti Umani non ha più giurisdizione sul Venezuela. Questo Tribunale, che rappresenta l’istituzione di ultima istanza [ma letteralmente andrebbe tradotto come: l’ultima risorsa e l’ultima speranza di giustizia] per le migliaia di vittime di violazioni dei diritti umani e le loro famiglie in tutta l’America, e costituisce un complemento necessario ai sistemi giudiziari nazionali, non sarà più a disposizione della popolazione del Venezuela.

«Amnesty International ha espresso preoccupazione a riguardo e ha esortato il governo a riconsiderare questa decisione, deleteria per le vittime di violazioni dei diritti umani. Nel contesto delle carceri, secondo i dati pubblicati dallo “Observatorio Venezolano de Prisiones”, dal luglio 2011 al dicembre 2013, 1.313 detenuti sono morti e 2.149 sono rimasti feriti nelle carceri venezuelane. Sono state avviate indagini su questi decessi, ma solo in poche occasioni sono stati individuati i responsabili, e raramente sono state adottate misure concrete per sanzionare la violenza tra i detenuti e per stabilire se l’uso della forza da parte delle autorità di pubblica sicurezza sia stato adeguato e proporzionato».

La realtà

E’ bene riferirsi, più che al controverso forum rappresentato dall’OAS, alle agenzie ONU per i diritti umani. Se nel 1999, all’alba della rivoluzione bolivariana, il 70% della popolazione viveva in condizioni di povertà, con ca. il 50% in povertà relativa e ca. il 20% in povertà assoluta, oggi i due indici sono scesi rispettivamente al 24% e al 6%, conseguendo il primo degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in anticipo sulla data prevista (2015). La disoccupazione si  mantiene sotto l’8% (in Italia il tasso ufficiale di disoccupazione è sopra al 12%), la percentuale di immatricolazioni universitarie è tra le più alte del mondo, il Paese è stato già dichiarato dall’UNESCO “Zona Libera dall’Analfabetismo”.

L’Indice di Incidenza della Malnutrizione è sceso dal 12% al 6% tra il biennio 1990-1992 ed il biennio 2005-2007, grazie alla politica nutrizionale e per la sovranità alimentare attuata dal governo anche attraverso l’azione della Mision “Alimentacion” (“Mercal”) che ha consentito di raggiungere e superare la media raccomandata FAO con 2700 kcal. al giorno messe a disposizione, in media, di ogni cittadino. La Mision “Vivienda” ha pianificato la costruzione di 2.650.000 nuove case e la ristrutturazione di altre 1.000.000 entro il 2020 per assicurare a tutti condizioni abitative soddisfacenti. Infine, i programmi sociali e culturali hanno consentito la distribuzione gratuita di milioni di libri a scuole, università, luoghi di aggregazione ed educazione e, nel 2012-2013, due “luoghi culturali” sono stati inseriti dall’UNESCO nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, i “Diavoli Danzanti” di Corpus Christi e la “Parranda” di S. Pietro.

L’Indice di Sviluppo Umano è uno dei più alti in America Latina (da 0,660 nel 1999 a 0,750 nel 2012), e il Paese si colloca al 70° posto – tra i Paesi ad alto sviluppo umano – anche perché le disuguaglianze sono state fortemente ridotte, come mostra il coefficiente di Gini, passato dal valore 0,49 nel 1999 a 0,39 nel 2012. A dispetto dunque, delle denunce politiche e della propaganda avversaria, il Venezuela, anche sotto il profilo dei diritti umani, è una “storia di successo”.