La donna con la collana di perle, il tailleur, la gonna e la giacca sempre dello stesso colore. L’imitazione latinoamericana della Merkel. La donna presidente, che è stata Ministro della Salute e della Difesa; quella che è stata esiliata, che ha studiato medicina e conosciuto il mondo. Piena di sicurezze ed esperienze, piena, presumibilmente, di savoir-faire.

La bambina prodigio, la studentessa migliore, che ha fatto tutto bene e veloce, che ha seguito la sua strada sapendosi comportare. Quella che è passata dall’essere una promessa per sua madre da bambina e una promessa per il paese da donna.

Non ha depenalizzato l’aborto in Cile, ma si è accontentata di dare la pillola del giorno dopo. Non ha nazionalizzato l’istruzione privata, né fermato l’usura bancaria contro studenti e studentesse. Non ha dialogato con i Mapuche [nativi americani originari di Cile ed Argentina, N.d.T.], né chiesto i loro nomi. Non ha restituito il mare alla Bolivia. Non ha fatto un solo cambiamento che rimarrà nella storia. Non si è presa un solo rischio, né ha mai rappresentato una sola minaccia per le élite e le multinazionali del Cile. Non ha rappresentato neanche la memoria di Allende.

Michelle Bachelet è presidente, è stata presidente, è la prima donna presidente del Cile. Tuttavia questo fatto non è che un aneddoto biologico senza nessun significato né politico né ideologico.

Sembra che la sua ideologia sia rappresentata meglio dalla sua collana di perle che dal nome del suo partito: è la sinistra che sembra destra. È la donna che rappresenta gli interessi maschili. È la democrazia noiosa e stanca che scambia, in tono cordiale, una cosa per l’altra e l’altra cosa per un’altra ancora. È quella che racconta che le cose si cambiano poco a poco. È quella che racconta che la condizione delle donne sta migliorando poco a poco, che è cambiata.

Michelle Bachelet è il passo grigio delle donne attraverso la gestione del potere statale senza alterare una sola delle routine patriarcali. La sua presenza come donna al potere è l’adempimento della promessa che dopo essere passata per l’arido deserto del Parlamento e delle quote paritarie, non ha trovato che un altro deserto: quello di governare per compiacere i soliti.

Michelle Bachelet rappresenta le studentesse diligenti, le donne disciplinate che ricevono premi, quelle che ricevendo applausi per non aver disturbato nessuno. Rappresenta quelle che non sono né disperate né appassionate per il cambiamento. Rappresenta le donne che difendono e nascondono la doppia giornata lavorativa delle donne. Rappresenta le donne a cui non sembra né grave né intollerabile che muoiano centinaia di migliaia di donne per aborti clandestini e criminalizzati dalla legge. Lei rappresenta le donne alle quali non importa che una donna guadagni meno di un uomo che fa lo stesso lavoro. Rappresenta le donne a cui non importa che tutta la struttura sociale e culturale sia costruita per la schiavitù delle donne nel lavoro domestico non retribuito, non contabilizzato, né pensato come generatore di ricchezza .

Michelle Bachelet è la bambina premiata, il suo ultimo premio è stato la creazione di UN Women, un intero reparto presso le Nazioni Unite, dal quale lei non ha fatto altro che mettere la gonna al patriarcato.

Michelle Bachelet rappresenta una verità politica fondamentale: quando si tratta di governare, l’abito non fa il monaco; non importa se nero, indiano o donna, la trappola può essere la stessa.

Rappresenta in forma nitida ed inequivocabile che non si tratta di avere donne né in Parlamento, né ai ministeri e neanche alla presidenza. Rappresenta il fatto che le donne non devono applaudire un’altra donna solo per il fatto di esserlo.

Articolo di Maria Galindo: Attivista instancabile del femminismo boliviano e latinoamericano, psicologa, conduttrice radiofonica. Leader della lotta al patriarcato e al colonialismo dei corpi e del potere in Otramérica. info@otramerica.com

 Traduzione dallo spagnolo di Corrado Bagnariol