“Pesca miracolosa”: così l’hanno definita i ricercatori inglesi che hanno raccolto circa 8.500 oggetti in plastica dal letto del fiume Tamigi. Gli scienziati stavano testando un tipo di reti finalizzate ad arrestare la proliferazione di una specie invasiva di granchi che mette a rischio l’ecosistema del Tamigi quando, loro malgrado, hanno passato la maggior parte del tempo a raccogliere oggetti in plastica, al posto di granchi.

A quel punto, i ricercatori hanno deciso di analizzare la plastica raccolta dalle reti e i risultati dello studio sono stati pubblicati di recente in un Rapporto dal titolo “Plastic in the Thames: A river runs through it” (“La plastica nel Tamigi: un fiume nel fiume”, t.d.a).

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0025326X13006565

 

La “pesca miracolosa” è durata 3 mesi ed ha interessato 7 diverse località – tra le quali anche stazioni di depurazione delle acque – ubicate sull’estuario del Tamigi. Dal Rapporto emerge che le reti hanno “catturato” 8.490 oggetti di ogni tipo: dai pacchetti di sigarette alle confezioni alimentari agli assorbenti e che il 20% di tutti i rifiuti – cioè un quinto – è costituito da prodotti igienico-sanitari che, senza alcun dubbio, sono stati gettati nel WC e sono arrivati nel Tamigi attraverso gli scarichi. La maggior parte dei rifiuti in plastica, infatti, è stata catturata dalle reti proprio in prossimità delle stazioni di depurazione.

 

Il dott. Paul Clark, co-autore del Rapporto e ricercatore presso il Natural History Museum (Museo di Storia Naturale) di Londra, ha ricordato che “la plastica rischia di danneggiare molto seriamente la fauna fluviale e marina. I rifiuti più grossi rischiano di intrappolare i pesci al loro interno, mentre i rifiuti più piccoli possono essere inavvertitamente ingeriti. E gli agenti chimici in essi contenuti minacciano seriamente la salute della fauna ittica e non”.

Ma il dato più importante messo in evidenza dallo studio scientifico è un altro: tutta questa plastica era sommersa ed ha potuto essere intercettata solo grazie alle reti ancorate sul fondo del Tamigi. Il Rapporto sottolinea il fatto che “nonostante la contaminazione degli ecosistemi marini causata dalla plastica sia sempre più riconosciuta come grave problema di inquinamento, ci sono ancora pochi studi scientifici che dimostrano come anche i corsi d’acqua dolce contribuiscono al problema”.
Non dobbiamo dimenticare che gli oggetti in plastica accumulati nei fiumi, finiscono inevitabilmente per inquinare i mari e gli oceani. Nei corsi d’acqua dolce, infatti, “mentre i rifiuti che galleggiano in superficie sono visibili, questo studio dimostra che esiste anche un invisibile ed ingente volume di plastica sommersa, che scorre fino a raggiungere l’ambiente marino. Perciò è importante che, nel momento in cui si valuta da dove arriva l’inquinamento da plastica presente negli oceani, anche questa componente sommersa venga tenuta in considerazione”.

Laura Pavesi