Il 2 ottobre dell’anno scorso a Milano (foto Movimento Umanista)

Quando l’Onu, pochi anni fa, ha istituito la Giornata internazionale della nonviolenza la cui celebrazione cade il 2 ottobre, anniversario della nascita di Gandhi, ha confermato una necessita’ di cui e’ consapevole ogni persona onesta: la necessita’ che la nonviolenza diventi il criterio fondamentale cui adeguare ogni relazione tra gli esseri umani (dalle relazioni interpersonali fino a quelle tra i popoli e tra gli ordinamenti giuridici), tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi (animali, vegetali) e tra gli esseri umani e la natura.
Affermare questa necessita’ costituisce una scelta impegnativa, eppure indispensabile.
Indispensabile perche’ lo sviluppo tecnologico cui la civilta’ umana e’ giunta ci espone al rischio di distruggere noi stessi, la nostra civilta’, la biosfera. E quindi occorre decidere di abolire la violenza come modalita’ relazionale tra gli esseri umani e tra gli esseri umani e il mondo vivente.
Impegnativa perche’ la scelta della nonviolenza ci costringe ad analizzare e modificare molte condotte che per uso inveterato sembrano quasi essere “naturali” ovvero coessenziali all’essere umano, mentre invece sono anch’esse “storiche” ed in quanto tali modificabili. Ma questa analisi e questa modifica sono tutt’altro che ovvie, tutt’altro che facili, richiedono un di piu’ di coscienza, di intelligenza e di volonta’. Richiedono una decisione e una fatica.
Ma questa decisione va presa, questa fatica va sostenuta.
*
Quando gli scienziati all’uopo incaricati dall’Onu ci avvertono che l’attuale modello di sviluppo sta portando il pianeta alla catastrofe, ogni persona si avvede che occorre cambiare modi di produzione e riproduzione sociale, stili di vita, consumi: ed abbracciare un modo di vivere piu’ responsabile, piu’ sobrio, piu’ sostenibile, piu’ generoso, piu’ accudente, piu’ sollecito del bene comune e della vita, della dignita’ e dei diritti dell’umanita’ presente e di coloro che verranno, le generazioni future.
Quando meditiamo sugli orrori della guerra, ogni persona sente e sa che la guerra e’ un crimine contro l’umanita’ e che essa va abolita.
Quando ci colpisce il dolore per la persecuzione o l’uccisione di qualcuno, o per la sofferenza o la morte di qualcuno che ci e’ caro, ogni persona sa che tutta l’umanita’ deve unirsi contro il male e la morte ed agire unanime per recare soccorso e salvare ogni essere umano.
La nonviolenza e’ questo: la lotta contro tutte le violenze, la solidarieta’ che tutti raggiunge, la responsabilita’ di ciascuna persona per l’intera umanita’, per l’intero mondo vivente.
*
Certo, non basta un giorno all’anno per ricordarci questa lezione. Certo, gli anniversari hanno in se’ qualcosa di ripetitivo e di rituale che non sempre ci attrae. Certo, se la Giornata internazionale della nonviolenza divenisse il trucco che consente di lasciare tutti gli altri giorni dell’anno negli artigli della violenza, sciacquandosi la coscienza a buon mercato semel in anno, ebbene, allora la celebrazione del 2 ottobre sarebbe una beffa e una frode. Ma e’ ben possibile che non sia cosi’, e dipende solo da noi.
Dipende da noi fare in modo che il 2 ottobre sia non solo il Giorno della nonviolenza, ma l’avvio dell’Anno della nonviolenza, l’avvio della Storia della nonviolenza.
Ad esempio nelle scuole: dal 2 ottobre cominci il lavoro educativo centrato sulla pace, la solidarieta’, la difesa dei diritti umani e dell’ambiente, la scelta teorica e pratica della nonviolenza: e prosegua per tutto l’anno scolastico, per tutti gli anni scolastici.
Ad esempio negli enti locali: dal 2 ottobre inizi un percorso di buone pratiche che rigorizzi le condotte amministrative, lumeggi la responsabilita’ morale, sproni alla politica – locale e complessiva – della nonviolenza: e prosegua per tutto il mandato amministrativo, per l’intera esperienza di pubblico servizio.
Ad esempio nell’associazionismo democratico, nei movimenti sociali, nelle esperienze collettive tutte.
Il 2 ottobre, Giornata internazionale della nonviolenza, sia non la celebrazione di un’ora ma l’inizio di un percorso di solidarieta’, di liberazione, di pace e di responsabilita’.

Peppe Sini