Il nuovo documentario del regista inglese Ken Loach, “The Spirit of ‘45”, mostra attraverso documenti d’archivio e interviste la straordinaria rinascita dell’Inghilterra dopo la guerra. Dopo le prime, toccanti immagini, con la folla che festeggia la fine del conflitto e il ritorno a casa dei reduci, si entra subito nel vivo della questione, toccando il sentimento comune di quell’esaltante momento: il timore di tornare alla situazione disperata degli anni Trenta – miseria, malattie, case fatiscenti, disoccupazione, enormi disuguaglianze sociali – mostrata attraverso testimonianze strazianti e cupi filmati, unito però alla convinzione che, se si era riusciti a sconfiggere il fascismo, uniti si poteva anche dare avvio a una nuova fase della storia del paese.

Quel senso di comunità, solidarietà, forza, speranza e ottimismo porta alla schiacciante vittoria dei laburisti di Clement Attlee nelle prime elezioni del dopoguerra e alla sconfitta dei conservatori di Winston Churchill. Il leader che aveva guidato il paese in guerra torna ad essere un reazionario imperialista, contestato dai lavoratori in un inedito filmato e deve lasciare il posto ai disprezzati rivali. Le immagini dei leaders laburisti, da Attlee a Bevan, mostrano signori rispettabili e composti, dignitosi e consapevoli dell’enorme possibilità storica che si apre in quel momento e soprattutto dell’appoggio e della mobilitazione popolare. Certo, non possiamo nasconderci che almeno a livello politico uno dei motori di queste riforme era la volontà di contrapporre un modello socialdemocratico a quello “rivoluzionario” dell’Unione Sovietica, ma questo non toglie valore all’enorme miglioramento della qualità della vita che esse hanno rappresentato.

A un ritmo incalzante, vengono mostrate le tappe della rinascita di quegli anni: la creazione del Servizio Sanitario Nazionale, la nazionalizzazione dei trasporti, delle miniere e delle forniture di gas ed elettricità, il piano per la casa, eccetera. I materiali d’archivio sono intervallati da interviste toccanti ad anziani che raccontano la gioia dei primi occhiali ricevuti a settant’anni, lo stupore e la felicità di poter abitare in una casa con un piccolo giardino, non più infestata dai parassiti. Vediamo le lacrime commosse sui volti anneriti dei minatori e percepiamo l’orgoglio di medici e infermiere per un servizio sanitario che si occupa di prevenzione e non solo di cura e soprattutto non fa più dipendere dai soldi la qualità dell’assistenza.

Sembra tutto destinato a continuare così… e invece, a partire dal 1979, con l’avvento di Margaret Thatcher tornano a trionfare l’individualismo e il capitalismo selvaggio. Il discorso di insediamento della Thatcher, con i soavi riferimenti a San Francesco a alla volontà di “portare armonia dove c’era discordia” ha un sapore di agghiacciante ipocrisia, rafforzato dalle crude testimonianze dei lavoratori picchiati dalla polizia e sconfitti nelle loro rivendicazioni.

L’ottimismo della prima parte del documentario viene sostituito da una realtà sempre più cupa: le nazionalizzazioni vengono cancellate da un’ondata di privatizzazioni, i servizi sanitari sono esternalizzati, i sindacati vengono distrutti e i lavoratori perdono diritti conquistati a prezzo di dure lotte.  E i leaders laburisti appaiono come veri e propri traditori dello “spirito del ’45”.

Eppure Loach non si arrende: le ultime immagini mostrano le manifestazioni di Occupy, come segno di un nuovo risveglio, ripropongono – questa volta però a colori e non più in bianco e nero – le folle che festeggiano la fine della guerra e lanciano un messaggio di speranza, sintetizzato nelle parole di un’anziana intervistata: “La vecchia generazione ha il dovere di raccontare, di unirsi ai giovani e spiegare loro quella che era la visione del nostro popolo nel 1945.”