foto: MIT

Si e’ svolto la mattina di lunedi’ 30 settembre 2013 a Viterbo per iniziativa del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” un incontro di commemorazione di Barry Commoner, il grande scienziato ambientalista deceduto un anno fa.

Il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha ripercorso la riflessione e l’azione del grande scienziato pacifista e ambientalista, di cui sono stati letti e commentati alcuni testi. “L’opera e la testimonianza di Barry Commoner costituiscono un fondamentale contributo alla nonviolenza in cammino, ovvero all’azione consapevole dell’umanita’ per salvare la propria civilta’, la propria esistenza e la biosfera dalla distruzione che un modello di sviluppo dissennato e la violenza assassina minacciano; solo con la nonviolenza si potra’ garantire un futuro alle generazioni che verranno, solo con la nonviolenza e’ possibile costruire relazioni di pace e di giustizia, solo con la nonviolenza il rapporto tra umanita’ e natura potra’ essere armonico, di rispetto e accudimento. Barry Commoner ci lascia una grande eredita’ di conoscenza e di consapevolezza, di sapere e di saggezza. A due giorni dalla celebrazione della Giornata internazionale della nonviolenza il suo ricordo ci ammonisce e ci illumina, ci invita a perseverare in cio’ che e’ buono e giusto”.

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Barry Commoner (New York, 28 maggio 1917 – 30 settembre 2012), biologo, ecologo, e’ stato uno degli autori e degli attivisti piu’ significativi dell’impegno ecopacifista internazionale. Dal sito dell’Associazione Nazionale Insegnanti Scienze Naturali di Pisa (www.anisn.it/pisa) abbiamo ripreso alcuni anni fa e riproponiamo oggi la seguente scheda redatta da Brunella Danesi: “Barry Commoner (1917), di formazione fisiologo delle piante, negli anni Cinquanta comincio’ ad occuparsi delle fonti di inquinamento dovute ai test nucleari e divenne in breve tempo uno degli esponenti di maggiore spicco del movimento ecologista che fra i primi denuncio’ i problemi connessi con uno sviluppo economico irrispettoso delle esigenze ambientali; nel 1958, insieme ad altri scienziati, fondo’ infatti il notiziario “Nuclear information”, trasformatosi nel 1969 nella rivista “Environment”; fu anche grazie al diretto coinvolgimento dell’opinione pubblica che il movimento ecologista riusci’ a suscitare, che nel 1963 Stati Uniti, Urss ed Inghilterra stipularono il trattato che vietava le esplosioni di bombe nucleari nell’atmosfera. Per circa venti anni ha diretto il Centro per la Biologia dei Sistemi Naturali presso il Queens College di New York. Fra i suoi saggi ricordiamo: Science and Survival (1967), The Closing Circle (1971), Energy and Human Welfare (1975), The Poverty of Power (1976), The Politics of Energy (1979), Making Peace with the Planet (1990). In particolare il saggio The closing circle (Il cerchio da chiudere) del 1972, tradotto in italiano lo stesso anno, divenne subito un testo-base del movimento ecologista anche italiano; il libro era una serrata denuncia dei danni perpetrati nei confronti dell’ambiente da parte di tutta una serie di inquinanti; secondo l’autore il maggior responsabile dell’attuale situazione ambientale e’ da ricercarsi nei metodi industriali che utilizzano prevalentemente combustibili fossili che per formarsi hanno avuto bisogno di milioni e milioni di anni e che invece saranno consumati in un periodo di tempo brevissimo dal punto di vista geologico, con gravissime ripercussioni sui delicati equilibri ambientali. Soltanto la logica del profitto guida un tale comportamento, una logica che manca completamente di una dimensione etica. In quel libro venivano fra l’altro sinteticamente enunciate le “quattro leggi dell’ecologia”: 1. ogni cosa e’ connessa con qualsiasi altra, in cui si denunciano i limiti di un pensiero riduzionista, che pensa di poter isolare i singoli problemi dal loro contesto; 2. ogni cosa deve finire da qualche parte: la legge fisica della conservazione della materia e’ stata e continua ad essere troppo spesso dimenticata, anche nelle azioni di tutti i giorni, come quelle legate alla gestione dei rifiuti di casa; le cose utilizzate dall’uomo, come le pile, la plastica, gli oli, non scompaiono per magia una volta portati fuori dalla porta delle abitazioni o delle fabbriche, ma prima o poi ritornano nei suoli, nelle acque, nell’aria; 3. la natura e’ l’unica a sapere il fatto suo: non si puo’ intervenire a caso nei delicati equilibri ambientali; non e’ lecito, pertanto, immettere nell’ambiente sostanze nuove, create nei laboratori dall’uomo, come pesticidi, detersivi, erbicidi; 4. non si distribuiscono pasti gratuiti: l’affermazione, mediata dall’economia, sintetizza le tre leggi precedenti. Secondo l’autore, ci sono alternative possibili all’attuale situazione di degrado ambientale e vanno perseguite, ma cio’ e’ possibile solo a patto che vi sia una ferma volonta’ politica di cambiare le regole del gioco”. Tra le opere di Barry Commoner: Il cerchio da chiudere, Garzanti; La tecnologia del profitto, Editori Riuniti; La poverta’ del potere, Garzanti; (con Virginio Bettini), Ecologia e lotte sociali, Feltrinelli; La politica dell’energia, Garzanti; Se scoppia la bomba, Editori Riuniti; Far pace col pianeta, Garzanti.

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Ha scritto nel suo testo fondamentale, Il cerchio da chiudere (Garzanti, Milano 1972, 1977, p.

270): “La lezione della crisi ambientale e’, dunque, chiara. Se vogliamo sopravvivere, le considerazioni ecologiche devono guidare quelle economiche e politiche. E se vogliamo imboccare la via della saggezza ecologica, dobbiamo accettare infine la saggezza ancora maggiore di riporre la nostra fiducia non nelle armi che minacciano una catastrofe mondiale ma nel desiderio, ovunque condiviso nel mondo, di essere in armonia con l’ambiente e in pace con la gente che lo abita. Cosi’ come l’ecosfera, i popoli del mondo sono legati, attraverso le loro necessita’ diverse, ma interconnesse, a un destino comune. Il mondo sopravvivera’ alla crisi ambientale nella sua integrita’, oppure soccombera’ tutto intero”.

 

Il “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo