Quinta puntata del reportage di Vittorio Agnoletto dal Festival di Locarno. Leggi la prima puntata, la seconda , la terza e la quarta.
La sezione “Settimana della critica” anche quest’anno ha ospitato alcuni interessanti documentari di estrema attualità; in particolare vale la pena di soffermarsi su due opere che affrontano i temi della globalizzazione: “Big Man” di Rachel Boynton (coproduzione USA/Gran Bretagna e Danimarca) e “Master Of The Universe” di Marc Bauder (Grmania/Austria).
In “Master Of the Universe” Rainer Voss uno dei più importanti dirigenti di una banca d’investimento della Germania, in grado di generare ogni giorno profitti milionari, racconta quel mondo in preda ad un vero e proprio delirio d’onnipotenza. Voss ne conosce tutti i segreti, ha cominciato la sua ascesa negli anni ’80 quando dagli USA giungevano nuove teorie economiche in grado di creare, con l’uso dei computer, prodotti finanziari sempre più complessi. Secondo il suo racconto non sempre sarebbe l’avidità a guidare le scelte dei grandi banchieri ma piuttosto l’istinto del gioco, la sfida a costruire prodotti sempre più sofisticati, scegliendo ovviamente d’ignorare le conseguenze che tutto ciò può comportare.
Voss non è un banchiere pentito, semplicemente ha terminato la sua corsa: per anni ha lavorato sette giorni su sette con una disponibilità di 24h/die come richiede un’attività fondata sulla velocità, sulla necessità di essere sempre aggiornati sulla notizia finanziaria dell’ultimo istante. Poi, raggiunti i cinquant’anni e realizzati guadagni enormi, lo hanno messo da parte, prepensionato; forse per questa ragione le osservazioni che svolge durante l’intervista, prive di rabbia e di pentimento, risultano nella loro supposta neutralità e freddezza ancora più pesanti; ma anche lui riesce a stupirsi quando dichiara: “Che si discuta anni per un paio di centinaia di milioni alla cultura, ma che in un week end si decida di dare 100 o 200 miliardi per il salvataggio di una banca è veramente scioccante”. Un filmato estremamente interessante e purtroppo altamente istruttivo.
“Big Men” narra dell’impresa statunitense Kosmos Energy che nel 2007 per la prima volta scopre la presenza del petrolio nel sottosuolo del Ghana; la vicenda è tutt’altro che banale e non si limita al cliché dello scontro tra i rapaci di Wall Street e un povero indifeso stato africano; infatti la scoperta del petrolio modifica fortemente i rapporti interni al Ghana dove s’intrecciano complessi interessi politici e regionali. L’esperienza della Nigeria, più volte analizzata nel documentario, suona come continuo monito utile a ricordare come le risorse naturali non producano automaticamente benessere per la popolazione, al contrario lo sfruttamento delle risorse scoperte nel proprio sottosuolo spesso ha portato con sé guerre, povertà e criminalità. Lo scontro politico in Ghana si concentra sulla destinazione dei proventi del petrolio mentre la Kosmos deve affrontare la crisi finanziaria globale e si confrontano al suo interno strategie industriali e finanziarie differenti. Un film non solo istruttivo ma che talvolta sembra quasi trasformarsi in un thriller,emozionante ma reale.