Dopo giorni di indiscrezioni e voci, oggi la Tepco (Tokyo Electric Power Co), l’azienda energetica che gestisce la centrale nucleare di Fukushima 1, al centro della più grave crisi nucleare dopo Chernobyl, ha confermato la dispersione dalle macerie del reattore numero 3 di “qualcosa simile a vapore”. Una delle telecamere di vigilanza ha mostrato chiaramente questa mattina la fuoriuscita del vapore dal quinto piano dell’edificio proprio sopra il contenitore del reattore. Mentre prosegue il monitoraggio, sono in corso accertamenti da arte dell’azienda, caduta in disgrazia per avere cercato di coprire i danni provocati dall’onda di tsunami che ha investito la centrale, ma anche di avere per lungo tempo mentito sulla portata della contaminazione di una vasta area circostante.

L’allarme di oggi arriva dopo quello di ieri, che invece riguarda l’acqua contaminata da radioattività utilizzata per raffreddare i contenitori dei reattori a rischio di fusione. Tepco ha ammesso per la prima volta che il liquido sta riversandosi nel mare prospiciente l’impianto, con effetti al momento ancora indeterminati per l’ambiente.

All’inizio di luglio, l’azienda aveva comunicato che i livelli di cesio 134 riscontrato nei campioni di acqua prelevati nell’impianto erano saliti di 110 volte in pochi giorni. Tepco si era detta incapace di spiegare dati tanto elevati, ma aveva tranquillizzato l’opinione pubblica sostenendo che il pericolo era limitato dall’impossibilità del liquido di defluire altrove. Ieri i responsabili hanno confermato il nuovo problema, ma comunicato che faranno il possibile per contenere l’acqua contaminata all’interno della centrale con lavori di consolidamento. “Scioccante” è stata definita la nuova situazione dal presidente dell’Associazione delle cooperative di pesca della prefettura di Fukushima. Una conferma che la credibilità della Tepco è gravemente compromessa e resta incerta l’entità del rischio radioattivo. Dopo mesi di tentennamento, Tepco era stata costretta ad ammettere che i pesci catturati presso la centrale a mesi dall’emergenza avevano livelli di contaminazione 2500 volte superiori al normale. Ammesso a denti stretti e solo dopo la morte per tumore il 9 luglio di Masao Yoshida, direttore dell’impianto nella fase acuta della crisi, che 2000 addetti che hanno lottato per mettere sotto controllo i reattori impazziti rischiano di morire per cancro alla tiroide.