Aveva un’insaziabile sete e fame di giustizia. La mia esperienza con lui, dalla Lila al luglio 2001 a Genova.

“Beato chi ha fame e sete di giustizia ….”  tutta la vita di Andrea è stata una testimonianza di questo versetto delle Beatitudini;  con la convinzione che  praticare l’insegnamento evangelico  significa impegnarsi per realizzare già su questa terra  un mondo di giustizia e di uguaglianza.

Ci siamo conosciuti negli anni Ottanta; allora ero il presidente della LILA –Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS – ed  Andrea è stato per lungo tempo il responsabile della sede genovese della Lila: lui prete di fronte ad una Chiesa ufficiale che considerava l’AIDS un peccato e che in nome di una falsa morale condannava alla solitudine migliaia di persone sieropositive, parlava esplicitamente dell’uso del profilattico come strumento necessario per salvare delle vite umane, ospitava e trattava da pari con piena dignità chi viveva storie difficile di emarginazione, di tossicodipendenza o di prostituzione e rivendicava il diritto di ogni essere umano, eterosessuale, omosessuale, bisessuale, transessuale a ricercare con onestà i propri percorsi di felicità.

Quindici anni dopo ho ritrovato Andrea nelle drammatiche giornate del luglio 2001 al fianco del movimento; impegnato con noi nei  giorni del Forum a discutere le strategie alternative alla ferocia del liberismo, è stato tra i primi, già la sera del 20 luglio, a denunciare “la vergognosa trappola” costruita dalle forze dell’ordine e dal governo Berlusconi per reprimere violentemente e distruggere il movimento.

Molti in questi anni lo hanno chiamato estremista: lui aveva semplicemente scelto di stare sempre dalla parte degli ultimi, dei senza voce.