Pubblicato il rapporto “Arcipelago Cie” redatto dopo le visite in 11 Centri di identificazione ed espulsione

I Centri di identificazione ed espulsione attualmente operanti in Italia vanno chiusi perché sono tutti inadeguati, non tutelano la dignità delle persone trattenute e sono peraltro poco efficaci nel contrasto all’immigrazione irregolare. È la denuncia dell’organizzazione umanitaria Medici per i diritti umani, dopo un’indagine durata un anno nei Cie di tutta Italia e nella quale si evidenzia come queste strutture siano “congenitamente incapaci” di garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali della persona.

Dal febbraio 2012 al febbraio 2013 Medici per i diritti umani (Medu) ha visitato tutti gli 11 Cie attivi in quel periodo (Bari, Bologna, Caltanissetta, Crotone, Gorizia, Lamezia Terme, Milano, Modena, Roma, Torino e Trapani Milo). È la prima indagine realizzata da un’organizzazione indipendente attraverso visite sistematiche in tutti i centri dopo il prolungamento, nel 2011, dei tempi di trattenimento fino a 18 mesi. I risultati sono raccolti nel rapporto dal titolo Arcipelago Cie.

“Ci occupiamo dei centri per il trattenimento degli immigrati irregolari dal 2004 – ha spiegato il coordinatore dell’indagine, Alberto Barbieri – e queste strutture appaiono come un buco nero per i diritti umani e l’accesso alla salute”.

L’organizzazione ha riscontrato criticità in tutti i Cie, ma non in tutti i centri è stato possibile entrare nelle aree di trattenimento, cioè quelle dove vivono i migranti e questo, secondo Barbieri, “è indicativo della tensione esistente nei Cie, soprattutto dopo l’allungamento dei tempi di permanenza”.

Nel corso del 2012, ha spiegato Barbieri, “in queste strutture sono state trattenute 7.944 persone, di cui 932 donne e tra loro ci sono anche situazioni di grande vulnerabilità. come vittime di tratta, persone senza fissa dimora e disabili”. Anche se non sono ritenute strutture carcerarie, in realtà ne hanno tutte le caratteristiche: dalle sbarre, alla presenza delle forze dell’ordine, all’impossibilità dell’accesso per il personale del Servizio sanitario nazionale. Non è raro, ad esempio, che malattie gravi vengano diagnosticate in ritardo e quindi non ricevano le cure adeguate. “C’è inoltre un uso elevato di psicofarmaci, vi ricorre il 40-50% dei migranti, senza un’adeguata assistenza specialistica”.

Oltre, però, alla palese “inadeguatezza” nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, secondo l’organizzazione, il sistema dei Cie si dimostra fallimentare in quanto “scarsamente rilevante e poco efficace nel contrasto all’immigrazione irregolare”. Anche l’insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture (nel 2011 18,6 milioni di euro solo per la gestione) non appare commisurato ai “modesti risultati” conseguiti nel contrasto all’immigrazione irregolare: su quasi 8 mila persone trattenute nel 2012, solo 4.015 sono state rimpatriate (50,4%). Medu chiede pertanto la chiusura di tutti i Cie e la riduzione a misura eccezionale del trattenimento dello straniero ai fini del rimpatrio. Bisogna, dicono, adottare nuove misure di gestione dell’immigrazione irregolare, caratterizzate dal rispetto dei diritti umani e da una maggiore efficacia, facendo riferimento alle strategie di fondo già individuate dalla Commissione De Mistura.

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