Le ultime notizie che riguardano Samer Al-‘Essawi, detenuto palestinese in sciopero della fame da otto mesi, svelano le prossime mosse di Israele. Il rischio è la deportazione del palestinese fuori dalla Palestina, questa volta non a Gaza come era stato deciso per molti detenuti rilasciati nel corso di due anni, bensì in Occidente.
Questo è quanto avrebbe proposto Israele a esponenti dell’Unione Europea e dell’ONU.

Jawwad Bulus, l’avvocato del palestinese, informa che il suo assistito si oppone alla deportazione, mentre in ambienti europei non confermano di aver ricevuto tale richiesta da parte israeliana.
Oltre a questi paesi, Israele starebbe prendendo in considerazione anche l’ipotesi di trasferire Al-‘Essawi in Egitto, Giordania, Turchia, Finlandia oppure in Svizzera.

Con l’ultimo arresto di Samer, Israele ha tentato di caricarlo delle accuse più pesanti che avevano investito il palestinese prima di essere rilasciato con l’accordo di scambio. Era stato condannato a 26 anni di prigione per attività connesse alla resistenza, o per “appartenenza a cellule terroristiche”, volendo usare la terminologia più cara a Israele.

Dall’ufficio di Netanyahu confermano di aver incontrato ufficiali occidentali: “Israele potrebbe deportare al-‘Essawi verso un Paese dell’Unione Europea o in uno degli Stati membri della Comunità internazionale (l’ONU)”, avrebbe detto il premier israeliano, insistendo sull’avvenuto incontro con europei.
Sebbene sia parzialmente applicabile al caso palestinese, la Convenzione di Ginevra relativa al Trattamento dei Prigionieri in tempi di Guerra resta il riferimento legale internazionale contro provvedimenti di questa natura.
E’ vietata la deportazione della popolazione occupata all’esterno del territorio occupato, e la responsabilità viene trasferita sul Paese che accetta di accogliere il soggetto, qualora sia uno Stato tra quelli che hanno ratificato la Convenzione.

Notoriamente Israele obietta l’applicabilità della Convenzione sui palestinesi, ragione per la quale non arresta la propria corsa per cambiare la realtà dei fatti sul campo: paesaggio e composizione demografica della popolazione originaria.