In vista delle politiche 2013, Altreconomia affronta in un’inchiesta uno dei nodi dell’agenda politica futura: la spesa per la salute e il welfare.

Di fronte ai tagli al posti letto e al Servizio sanitario nazionale, in Italia si stanno costruendo decine di nuovi ospedali. Quelli realizzati in project financing costano due miliardi e settecento milioni di euro, ma innescano un meccanismo che “lega” per decenni le Aziende sanitarie locali ai consorzi privati che costruiscono le strutture: il pubblico, infatti, riconosce a questi soggetti un canone, in cambio della disponibilità della struttura. Spese fisse e difficili, se non impossibili da contrarre, anche in tempi di spending review e di riduzione delle budget per il Servizio sanitario nazionale.

L’inchiesta di Ae guarda alla Toscana, con 4 ospedali realizzati da Astaldi, Techint e Pizzarotti, il cui budget è quasi raddoppiato, al Veneto e al Piemonte (a Verduno, tra Alba e Bra (Cn), l’investimento “privato” è coperto da risorse pubbliche per il 92%).
Per sostenere le spese, intanto, le Asl scelgono una vecchia ricetta: si chiama cartolarizzazione. E riguarda immobili pubblici. A Pisa, così, finisce sul mercato l’area del Santa Chiara, oggi ospedale con vista sulla Torre Pendente. Domani, hotel a cinque stelle.

S’investe sulle infrastrutture, ma non per garantire servizi. Nemmeno quelli previsti per legge. A 13 anni dall’avvio del piano di hospice regionali per garantire cure palliative, lo stesso ministro della Salute prende atto del fallimento dello stesso. Sono state realizzate poco più della metà delle strutture previste, 117 su 201. L’impossibilità di garantire le cure adeguate ai malati terminali comportano un aggravio di spesa per il Ssn (223 milioni di euro nel 2011), costi che potrebbe essere ridotti anche investendo su cure domiciliari, come dimostra l’esempio dell’Ulss 5 dell’Ovest vicentino.

L’inchiesta è accompagnata da un video reportage.

Nemmeno gli anziani, intanto, sono una priorità. Mancano 250mila posti nelle strutture residenziali assistite. E 350mila sono i soggetti che ne avrebbero necessità ma non possono fruire di un’assistenza domiciliare.

 

Fonte: http://www.altreconomia.it