Si intitola “Non è un sogno” la trasmissione televisiva in onda tutti i giorni sull’emittente locale ‘Bayon’ che si occupa di rimettere in contatto e dare informazioni ai familiari delle vittime delle purghe del regime dei Khmer Rossi.

Creata sulla falsariga di una trasmissione ideata in Vietnam, la trasmissione – che tiene incollati agli schermi migliaia di telespettatori – ha già risolto diversi casi, riuscendo a mettere in contatto persone separate dall’affetto dei propri cari durante gli anni bui del terrore rosso (1975-1979), caratterizzati dalla deportazione di centinaia di migliaia di persone nelle cosiddette ‘fattorie comuni’.

Al di là della trasmissione “Non è un sogno” i cambogiani che hanno perduto tracce di familiari e amici durante quegli anni sono soliti lanciare appelli, soprattutto attraverso le radio, per cercare di ritrovarli.

Dall’aprile 1975 e fino all’invasione del Vietnam nel 1979, quasi due milioni di persone persero la vita in Cambogia a causa di deportazioni, omicidi di massa, lavori forzati e carestie. La società fu oggetto di una ‘riprogrammazione’ sistematica sotto il regime dei guerriglieri Khmer, guidati dal “fratello numero uno”, il leader comunista Saloth Sar che assunse il nome di Pol Pot.

A Phnom Penh dal 2009 è stato istituito un tribunale speciale, una corte mista prevista da un accordo firmato tra il Regno di Cambogia e le Nazioni Unite. Saloth Sar è morto impunito nel 1998, ma la ripresa del processo contro Nuon Chea, il “fratello numero due” e luogotenente del dittatore è attesa entro la fine del mese.