Guardando alle sole esportazioni definitive del 2011, sei istituti bancari hanno da soli movimentato l’80% dei flussi collegati al commercio di armi italiane, ovvero 1900 milioni di euro.
E’ questa l’analisi fatta oggi su Altreconomia da Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana disarmo.

Nella classifica delle banche più coinvolte nel commercio di armi italiane – che si ricava da una relazione fornita dalla Presidenza del Consglio – i primi posti sono occupati dalla Deutsche Bank, da Bnp Paribas Italia e dalla Banca nazionale del lavoro (le ultime due fanno parte in realtà dello stesso gruppo). Seguono altre due banche straniere, Barclays Bank e Credit Agricole, quindi ci sono le italiane Unicredit e Banco di Brescia.

Scrive Altreconomia: “Per numero di autorizzazioni è Deutsche Bank a fare la parte del leone (345 su 881) attestandosi come importi autorizzati su circa 665 milioni di euro (lo scorso anno erano 836). Se consideriamo le singole banche il colosso tedesco è saldamente in testa alla classifica, ma se invece sommiamo i valori di istituti appartenenti allo stesso gruppo è ancora l’alleanza Bnp Paribas e Bnl a prendersi l’onore del primo posto. La succursale italiana della banca francese ha avuto autorizzazioni per un importo di 491 milioni di euro (96 autorizzazioni rilasciate e un calo dagli 862 dello scorso anno) mentre la controllata BNL si porta in casa 223 milioni di euro (più del doppio del 2010) con 57 autorizzazioni”.

Tra le banche italiane, Unicredit ha potuto contare su 65 autorizzazioni per un controvalore di circa 180 milioni di euro, quindi seguono banche di territorio legate a industrie locali che producono armi: il Banco di Brescia (17 autorizzazioni per 120 milioni), la Banca Valsabbina (sempre del bresciano, con 20 autorizzazioni per 67 milioni) e la Cassa di Risparmio della Spezia (73 autorizzazioni e 52 milioni di euro).

“Ancora una volta – dice alla MISNA Vignarca – i dati forniti dalla Presidenza del Consiglio sono però opachi e di difficile lettura. Le informazioni sul commercio delle armi e sui flussi finanziari connessi vengono date separatamente e non esiste una fonte che fornisca un collegamento diretto tra l’autorizzazione di incasso ad una banca al paese/arma/azienda a cui esso si riferisce. Una mancanza di trasparenza che si supera soltanto parzialmente incrociando dati e che potrebbe essere aggirata inserendo semplicemente tutte le informazioni in un’unica tabella. Invece persino il file in pdf fornito in un secondo tempo viene messo a disposizione in un formato su cui non è possibile effettuare ricerche. Uno stratagemma per non far leggere i dati e per aumentare l’opacità di questi commerci”.