Internet nel XXI secolo vede effettivamente un aumento del suo potere di divulgazione; allo stesso tempo l’utente ha sempre più strumenti per informarsi e più possibilità di essere ascoltato da una grande quantità di persone, principalmente grazie ai social network.

Si parla molto oggi della forza che i Movimenti Sociali traggono dalla rete, come nel caso della Primavera Araba, che ha visto il coinvolgimento di persone di vari paesi del Medio Oriente e del Nord Africa nella protesta attiva nei confronti dei governi dittatoriali. Internet consente che un numero sempre più alto di manifestanti si concentri nella lotta per un ideale o come forma di protesta di uno scontento popolare. Nonostante l’esistenza di alcuni casi noti tuttavia, molti altri movimenti che sorgono in internet non hanno lo stesso successo né richiamano tanta attenzione, specialmente qui in Brasile dove tanto si denuncia la corruzione ma ben poco si fa per combatterla. Gli studiosi cercano di capire questo fenomeno delle proteste sociali nell’era digitale che riscuotono più favore e più partecipazione in rete che nella vita reale. Secondo lo storico Wolney Malafaia, che ha partecipato ai gruppi studenteschi ed è da sempre impegnato nella protesta sociale, quelle vengono ormai chiamate le proteste divano si spiegano con un “disinteresse politico per le azioni concrete”.

Ana Carla: se si confrontano le manifestazioni da 100 mila persone, la maggior parte delle proteste che hanno luogo in Brasile, con le proteste e le marce del XXI secolo si nota che oggi giorno nonostante la maggior facilità di divulgazione, il numero dei manifestanti non è di fatto così alto nella realtà. A cosa attribuisce questa diminuzione dei partecipanti alle proteste?

Wolney Malafaia: lo attribuisco ad un disinteresse per le azioni concrete. I social network hanno una funzione di valvola di sfogo per lamentele, informazioni, proposte ma non sostituiscono le organizzazioni politiche. Quando si riesce a concretizzare un movimento di cambiamento, come nel caso dell’Egitto, lo stesso ha difficoltà ad articolarsi poi in modo reale e far valere le proprie proposte con concretezza. I social network sono uno strumento di comunicazione semplice e democratico del nostro secolo ma le nicchie di potere sono ancora delineate come nel XX secolo (rappresentazione parlamentare, istituzioni, partiti ecc).

AC: a parte la differenza di pubblico, quali altre differenze si riscontrano tra le manifestazioni precedenti all’era digitale e quelle dei nostri giorni?

WF: le proteste sono più precise, si realizzano rispetto a questioni specifiche che mobilitano più rapidamente le persone ma hanno una data di scadenza : se ottengono ciò che vogliono nel breve periodo bene. Ma se trovano delle difficoltà maggiori si disarticolano facilmente. Alle proteste di oggi manca ciò che avevano le proteste del XX secolo: una articolazione dello specifico e del generico. Questo accade anche oggi ma per gruppi ristretti senza grande rappresentatività e piuttosto radicali nella loro analisi e forma di attuazione, ciò che li allontana dalla maggior parte di quelli che si trovano sui social network e comunicano attraverso di essi, dato che questa maggioranza è invece moderata, riformista e non comprende proposte di soluzioni rapide, semplici, tanto meno radicali.
Quindi, questa è la grande differenza. Nel XX secolo c’erano i partiti politici, le organizzazioni politiche e i movimenti sociali che gestivano molto bene lo specifico e il generico; ma il processo di globalizzazione e di mercificazione delle relazioni sociali,politiche e personali finiranno con indebolire e svuotare questi gruppi.

AC: I social network facilitano le grandi manifestazioni sociali ma di fatto non ci sono altrettante persone che scendono in piazza per protestare. Che cosa provoca tante proteste sofà quelle cioè per cui un individuo agisce on line ma non presenzia nella realtà?

WM: la maggior parte delle persone che usano internet e i social network lo fanno per comunicare, prendere posizione e costruire un profilo attraverso il quale la società ci individua e ci riconosce. Non sono necessariamente interessati nella partecipazione concreta dato che questo implica un dibattito, un confronto e di conseguenza un conflitto. E’ molto più facile cancellare il post di qualcuno con cui non sei d’accordo dalla tua pagina di orkut, twitter o facebook, piuttosto che confrontarti con quella persona, avere un dibattito concreto.

AC: lei è convinto che questo sia un male di questo secolo e che le persone saranno sempre più inclini a restarsene comodamente sedute sul divano piuttosto che a mobilitarsi per i propri ideali? Come può cambiare tutto questo?

WM: certo che sono convinto di questo. Come del resto del fatto che sia molto positivo che la gente prenda posizione, anche restando sul divano. Come ho detto questo atteggiamento passivo è qualcosa che appartiene alla maggioranza (come sempre è accaduto, la passività è infatti una caratteristica della moltitudine) ma c’è una minoranza che agisce, può essere ancora piccola ora, anche minuscola, ma tende a crescere così come la coscienza e la consapevolezza dei problemi e questo può rivelarsi importante in determinate circostanze come ad esempio per le elezioni, o per la presentazione di progetti di legge, dibattiti su temi di attualità ecc.

AC: come possono i social network coinvolgere più persone in modo più concreto e reale?

WM: questo compito non spetta ai social network. A mio avviso questi sono strumenti di comunicazione dove si ha una “battaglia di idee” (nel senso che Antonio Gramsci definì negli anni trenta); i gruppi che hanno interesse a mobilitarsi e che desiderano un cambiamento delle condizioni attuali, considerate insoddisfacenti o repressive, devono organizzarsi e fare della rete uno spazio di divulgazione, dibattito, mobilitazione. Il web deve continuare ad essere un mezzo di comunicazione democratico, libero, aperto a tutti i punti di vista. In questo senso credo che con il tempo ci sarà maggior organizzazione per mutare lo stato attuale delle cose. Dobbiamo approfittare di ciò che la rete offre per costruire una contro-egemonia dato che il potere dei grandi media oggi è gestito in modo irresponsabile e autoritario e non può continuare.

Tradotto da Eleonora Albini