La reazione israeliana “alla legittima richiesta del popolo palestinese – è stata l’immediata risposta del presidente Mahmoud Abbas – è un’azione disumana che accelererà il fallimento di qualsiasi tentativo di riaprire il processo di pace”. Delle duemila nuove case, 1650 saranno edificate a Gerusalemme est le altre a sud di Betlemme, primo sito per il quale i palestinesi intendono chiedere all’agenzia Onu il ‘titolo’ di Patrimonio dell’umanità.

Quanto al congelamento dei trasferimenti, si tratta delle rimesse dei diritti di dogana, prelevati ai prodotti destinati ai palestinesi al momento del transito nei porti e aeroporti israeliani, per un totale di circa 50 milioni di dollari al mese. Nel frattempo, l’Anp ha intenzione di chiedere l’adesione ad altre sedici agenzie internazionali, seguendo una strategia che il premier Benjamin Netanyahu ha definito “una chiara infrazione degli accordi di Oslo”, in quanto a carattere “unilaterale”.

Dal canto loro, i palestinesi ormai membri dell’Unesco a pieno titolo, potrebbero chiedere in futuro la custodia esclusiva di siti storici di rilevanza internazionale, tra cui Betlemme, la Tomba dei Patriarchi a Hebron, o la tomba di Giuseppe alle porte di Nablus, tutte località frequentate anche da fedeli ebrei che potrebbero opporsi ad una gestione esclusiva da parte palestinese.

Al voto dell’assemblea Unesco, accolto nei Territori occupati come un “primo passo” verso il riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente – e a cui è seguita la sospensione dei contributi all’agenzia da parte degli Stati Uniti – farà seguito nelle prossime settimane un pronunciamento del Consiglio di sicurezza.