Lo stesso giorno, ma dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, in un freddo mattino parigino, 300 anime si sono riunite agli Champs de Mars. Proprio come in Argentina hanno aspettato l’ora X ma nessun portale. Con slogan ben più mondani si sono preparati a marciare verso La Defense, quartiere del business della capitale, per protestare contro il governo e il modo in cui gestisce la crisi. Rappresentano coloro che negli Stati Uniti sono conosciuti come movimento “Occupy Wall Street” o come “Indignados” in Spagna.

Tuttavia il francesi sono ben lontani dall’essere indignati. Perso tra la folla il settantatreenne Jaques marcia lentamente, gli occhi fissi a terra. “Siamo sempre poche centinaia” sospira Jaques, un sociologo in pensione e veterano attivista sindacale. “Non si va molto lontano con questi numeri” aggiunge prima di sospirare nuovamente.
In Francia, la protesta iniziata lo scorso Maggio non è mai decollata come in Spagna dove i dimostranti hanno raggiunto decide di migliaia in tutta la nazione. In un paese di 65 milioni di persone, queste poche centinaia mal rappresentano lo slogan “Siamo il 99%”.

Una delle ragioni potrebbe essere la mancanza di organizzazione anche perchè i francesi hanno l’abitudine di veicolare le loro preoccupazioni e le loro proteste attraverso i grandi sindacati o i partiti politici. “Sono vecchio abbastanza per sapere che solamente attraverso movimenti strutturati si può ottenere qualcosa” dice Jaques, accompagnato dalla figlia di 35 anni, Marie. “Per principio gli indignati non vogliono organizzarsi, quindi temo che questa possa essere solamente un’ altra fugace e passeggera eruzione sociale”.

Pochi metri più indietro, la ventiseienne Adele, laureata in paleontologia, aggiunge: “La gente non partecipa per mancanza di organizzazione e di messaggi veri. Il concetto del 99% non significa niente” urla per sovrastare il rumore dei tamburi. E immediatamente dopo confessa di essersi presentata per la prima volta perché oggi è un giorno festivo. “E’ da tanto che desidero partecipare alle manifestazioni ma i cortei precedenti sono sempre stati organizzati durante giorni lavorativi”.
Perchè Adele, come la maggior parte dei francesi, ha ancora un lavoro. Il tasso di disoccupazione a Ottobre era del 9%, relativamente basso quando si guarda al 22% della Spagna. Per la figlia di Jaques, questo è il fulcro dell’indifferenza sociale. “Siamo pochi perché la crisi deve ancora veramente colpirci. Da noi la gente arriva ancora a fine mese e sa cosa mettere in tavola. Sono demotivati” dice Marie, che negli ultimi cinque anni ha lavorato full time come militante sindacale.

Alla fine del corteo, emergono due coppie di circa trent’anni, Tengono in mano una cartina e la loro guida turistica, non sono di Parigi. Sono venuti da Valencia per un week-end e sono incappati nella manifestazione mentre scattavano foto alla Tour Eiffel. Così si sono uniti al corteo. “E’ diverso dalle nostre proteste, dove la gente si incoraggia e si trascina a vicenda. Da quello che abbiamo visto, la situazione qui non è grave come in Spagna, quindi la gente è meno spinta a manifestare”.

L’appoggio spagnolo arriva fino all’Arco di Trionfo dove i turisti abbandonano la marcia per proseguire il loro tour fotografico. Nonostante la diserzione, Jaques continua a camminare con gli occhi bassi. E’ d’accordo con gli spagnoli e confida: “Dobbiamo ancora sperimentare la crisi vera. Ma dobbiamo aspettare solo la fine delle elezioni [Aprile prossimo]; allora sapremo cosa significa. E’ lì che ci aspetta”. Un nuovo inizio… teme Jaques.

Tradotto da Eleonora Albini