Fino al 1° gennaio il Mali ospita la Biennale africana della fotografia, nota anche come ‘Rencontres de Bamako’, una delle principali iniziative culturali del continente che mette in mostra il talento di artisti africani e della diaspora.

Quasi 300 scatti e decine di filmati sono esposti al Museo nazionale di Bamako, al Memoriale Modibo Keita, alla galleria dell’Istituto nazionale delle arti (Ina) e all’Istituto culturale francese. La biennale porta l’arte fotografica e visiva nel cuore dei principali quartieri della capitale del Mali per avvicinare la gente alle opere di “una nuova generazione emergente che inventa i suoi codici di espressione in un contesto di effervescenza e rinnovo costante del panorama fotografico africano” ha detto Samuel Sidibé, direttore generale della Biennale.

L’evento rappresenta, secondo gli organizzatori, un’occasione per “affermare a livello internazionale l’immagine di una fotografia africana creativa e dinamica”, riferisce il quotidiano ‘le Journal du Mali’, e, allo tempo stesso, per “promuovere una politica di conservazione del patrimonio fotografico del continente”. Ad organizzarlo è l’Istituto francese, il ministero della Cultura del Mali e la delegazione dell’Unione Europea nel paese del Sahel.

Autoritratti, bianco e nero, seppia, digitale: a Bamako i grandi nomi della fotografia africana – Nana Kofi Acquah del Ghana, la maliana Fatoumata Diabaté, l’ivoriano François Xavier Gbre e Ananias Leki del Sudafrica – espongono e si confrontano con i giovani artisti emergenti, come il senegalese Omar Victor Diop sopranominato ‘l’Afrofuturista’, in gara per i diversi premi da assegnare. Tecniche e strumenti variano ma il messaggio è comune: favorire una presa di coscienza sulle minacce che ipotecano il futuro del pianeta, in preda a uno sfruttamento sfrenato delle sue risorse naturali, e fare sentire la voce dell’Africa.